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EX DI TURNO – Intervista a Pietro Mariani: “Benevento-Bologna è il mio derby del cuore. In Coppa Uefa eliminati per una zolla; su Siniša e Inzaghi…”

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Domenica è in programma Benevento-Bologna, la sfida del cuore per Pietro Mariani. A Bologna era soprannominato “Il guerriero”, a Benevento “Il capitano”; abbiamo avuto l’onore di intervistarlo per ripercorrere insieme le sue stagioni in Emilia e in Campania, con uno sguardo agli attuali allenatori delle due squadre.

Benevento-Bologna, un po’ il suo derby del cuore.

“Sì, è una partita che mi rappresenta molto. Bologna e Benevento sono state due società con le quali sono rimasto molto legato; in Campania sono stato di più perché ho ricoperto altri ruoli, ma entrambe le squadre sono speciali per me. Mi hanno dato tanto, ci siamo dati molto a vicenda. E’ bello vedere queste due squadre che si affrontano: qualche anno fa per molti era impensabile, ora è realtà. E’ bello, una grande emozione”.

E’ arrivato al Bologna dopo un importante esperienza al Brescia. Come si è concretizzato il trasferimento in Emilia?

“Gigi Corioni era diventato presidente di entrambe le squadre: ufficialmente aveva acquisito il Bologna, poi aveva gettato le basi per comprare il Brescia come poi accadde. L’ultimo anno con le rondinelle fu significativo, mi ero appena trasformato in difensore: in quella stagione feci grandi prestazioni che convinsero il direttore Riccardo Soriano, che operava come Corioni, a portarmi a Bologna. Potevo andare all’Inter, non l’ho fatto per due motivi: a Bologna avrei giocato titolare e avrei disputato la Coppa Uefa. Fu una scelta professionale, la rifarei di nuovo”.

Quindi poteva andare all’Inter, come nacque l’interesse dei nerazzurri?

“Alessandro Altobelli arrivò a Brescia dalla Juventus, giocando insieme creammo un bel rapporto. Quell’anno lì io risultai il miglior difensore del torneo insieme a Baresi e Montero, ecco il motivo dell’interesse dell’Inter. Altobelli era in ottimi rapporti con il presidente di allora, Ernesto Pellegrini, e gli consigliò di acquistarmi. Nacque così la vicenda e, quando scelsi Bologna, Altobelli se ne risentì parecchio. Non ci parlammo per un anno, poi ci siamo chiariti”.

In rossoblù ha vissuto i quarti di Coppa Uefa e la retrocessione, come ricorda quella stagione e cosa non funzionò?

“Fu un’annata strana, particolare. In quella stagione siamo stati sfortunati, tanti infortuni ci hanno condizionato: ci sono stati periodi in cui avevamo una decina di calciatori indisponibili tant’è che esordirono subito giovani come Campione, Traversa, Plerio e tanti altri. Si fecero male Cusin, Cabrini, Waas, Poli, Bonini. Tutti. Lottammo fino alla fine ma non ci riuscimmo. Ci siamo tolti comunque diverse soddisfazioni: in Coppa Italia siamo andati bene, in Coppa Uefa siamo stati eliminati per una zolla. Türkyılmaz sbagliò per colpa di questa zolla: il manto del Dall’Ara era perfetto tranne questa maledetta zolla che si mise sulla nostra strada e cambiò il corso del destino. Giocammo alla pari contro tutti ma la salvezza non arrivò”.

Il trasferimento al Benevento come si concretizzò invece?

“Di Benevento ho dei ricordi meravigliosi, lì arrivai a fine carriera. Vincemmo il campionato di C2, riportammo la società nei professionisti dopo 16 anni; ci furono poi due salvezze meravigliose. Sicuramente è stata la società con cui sono rimasto più legato: sono stato in Campania per 13 anni, sono stato allenatore del settore giovanile e il secondo a Corrado Benedetti e a Nello Di Costanzo, ho fatto il dirigente, team manager. Benevento è un pezzo fondamentale della mia vita. Ti racconto un aneddoto pazzesco: l’ultimo anno annunciai l’addio al calcio. L’ultima giornata di campionato giocavamo contro l’Andria, che era l’unica squadra, insieme al Benevento, in cui avevo vinto un campionato. Una delle due formazioni doveva retrocedere. A tre minuti dalla fine, condizionati anche dai risultati sugli altri campi, eravamo noi a dover salutare la categoria, fino a quando successe l’incredibile: mi sganciai dalla difesa, ricevetti una palla da 30 metri, dribblai un avversario e misi la palla all’incrocio. Salutai il pubblico così, salvando la squadra: da un possibile fallimento a una magnifica salvezza. Uscii dal campo verso le sette di sera dopo una grande festa: questo è sicuramente l’aneddoto più bello, strano e particolare”.

Si dice che lei abbia vissuto due vite, una da attaccante e un’altra da difensore. Ne esiste una terza?

“Siamo stati in pochi a cambiare ruolo in maniera così radicale, per certi versi è stata anche la mia fortuna perché questa trasformazione mi ha allungato la carriera. Sono state due vite importanti, sono fiero e orgoglioso di averle vissute. La terza vita è più pacata, più tranquilla, ho cercato di pensare alla mia famiglia che per diverso tempo ho trascurato. Ora mi occupo di consulenza sportiva e di metodologia di allenamento, lavoro per molte squadre: questa vita, sempre nel mondo del calcio ma molto più calma, è adatta a me. Le vie del Signore restano infinite, quindi mai dire mai. A me piace sorprendere e sorprendermi, ogni giorno penso che qualcosa di bello possa accadere. In questa terza vita non mi piace programmare le cose, aspetto qualche sorpresa”.

Cosa pensa di Siniša Mihajlović e Filippo Inzaghi?

“Ho una profonda stima di Siniša, ci ho giocato anche contro. Era un calciatore pazzesco, aveva una grinta infinita e una tecnica invidiabile; come allenatore credo sia pari alla bravura che aveva da calciatore. E’ molto preparato, trasmette un’energia pazzesca ai suoi calciatori. Anche Inzaghi è molto bravo, ha avuto il merito di indovinare e modellare la squadra nel miglior modo possibile. Lui veniva da un paio di anni a Venezia dove fece bene, a Bologna invece andò male: per lui era un crocevia importante. E’ stato coraggioso, poteva scegliere società più tranquille invece ha accettato una sfida importante. Ha avuto la meglio, l’anno scorso ha vinto in modo incredibile il campionato. A Benevento ha sempre lavorato tranquillo, Vigorito non gli ha mai messo pressioni e i risultati sono arrivati. Inzaghi ora è più maturo, sta vivendo un momento di grazia: c’è molto di suo in questa squadra”.

 

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