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Focus On – Mihajlović e la partita della vita, atto secondo
Di nuovo in campo, pronto alla battaglia. Questa volta, però, a mettere gli scarpini non sono Arnautovic e compagnia, ma Sinisa Mihajlovic che – lo scorso fine settimana – ha annunciato di doversi curare per far sì che la leucemia venga sconfitta, una volta per tutte. Già quando era stata annunciata una conferenza stampa straordinaria, qualcosa si era capito. Inconsciamente, si cerca però di trattenere le brutte notizie in un contenitore, fino a quando qualcuno non decide di aprirlo, per far diventare un brutto presentimento un orribile realtà. E così, Mihajlovic, dopo aver affrontato e sconfitto la malattia una prima volta, torna in quella stanza di ospedale, piena di demoni e fantasmi, a sfidare le proprie paure, le proprie insicurezze. Lo farà in un modo diverso, rispetto a quello dell’anno scorso. Ora è più sicuro, è più forte e sa come anticipare un avversario terribile, il più duro che abbia mai affrontato nel corso della propria carriera. Uno di quelli che mettono paura, che tolgono sicurezza e fiducia: una situazione inaspettata e complicata. D’altronde, il serbo è abituato a fronteggiare situazioni difficili e pesanti. Come la guerra nell’ex Jugoslavia, come quando si doveva prendere cura di suo fratello perché i suoi genitori non avevano un lavoro, ed inevitabilmente un semplice bambino è stato costretto a diventare uomo più in fretta del dovuto.
Dalla guerra è scappato, i suoi genitori stavano per essere uccisi. E’ lì che il suo carattere è stato forgiato, ed è da lì che parte la sua storia di speranza e conquista. Perché ha dovuto guadagnarsi tutto con il sudore sulla fronte, senza mai poter chiedere nulla: nessuno gli ha mai regalato qualcosa, e anche nella battaglia più importante, una volta non è bastata. Una malattia subdola, importante. Sinisa lo sa, e già l’anno scorso l’ha affrontata nel migliore dei modi, con il ricovero, il ritorno in campo in quel di Verona e quel trapianto finale, a scacciare via la paura e gli incubi più profondi. Già, proprio il ritorno al Bentegodi è stato un giorno cruciale, decisivo, e che una volta per tutte ci ha fatto capire la grandezza dell’uomo: visibilmente dimagrito, com’è normale che fosse, ma lì, in piedi, nel suo habitat naturale a sfidare un mostro più grande di lui.
Sinisa cercherà di restare il più vicino possibile alla propria squadra, in un momento delicato dove i propri uomini devono dimostrare – finalmente – di essere stati forgiati, almeno per un po’, da un uomo che nella vita ha affrontato battaglie più importanti. La vicinanza alla propria squadra potrebbe essere determinante per lui, per far sì che non stacchi la spina dalla realtà: perché combattere una malattia, isolato lì, in una fredda stanza d’ospedale, sarebbe molto complicato. Se però c’è una cosa che Mihajlovic ci ha dimostrato, ecco, è quella di andare sempre contro tutto e tutti, di lottare fino all’ultima battaglia. Sempre a gamba tesa, pensando alla voglia di vivere che non gli è mai mancata. Palla di nuovo al centro. Il primo atto lo ha vinto lui, ora in gioco c’è il secondo. Sinisa non si è mai arreso, non è nel suo DNA. Combattere, il verbo chiave. Per vincere, ancora una volta, la partita della vita.
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