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IL GRILLO PENSANTE – I rischi del gioco d’azzardo

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Ad inizio stagione, probabilmente, nemmeno l’allibratore più catastrofista avrebbe quotato un Bologna infognato ad annaspare sulla soglia della zona retrocessione nel bel mezzo del girone d’andata ma, sebbene le previsioni non fossero tanto pessimistiche, la vena spregiudicata che ha caratterizzato le strategie rossoblu degli ultimi anni può comportare inevitabilmente rischi ed incognite dall’effetto leva non trascurabile. La strada è tracciata: vendere realizzando corpose plusvalenze e scommettere quasi esclusivamente su potenziali diamanti grezzi dal costo contenuto, recitando un Padre Nostro ed un’Ave Maria al termine delle trattative affinchè il contratto depositato oggi possa trasformarsi nel tesoretto di domani.

 

La condotta tecnico-finanziaria bolognese avrebbe una logica condivisibile se al gioco d’azzardo venisse affiancata qualche manovra dall’esito positivo più probabile, il calcio non sarà mai una scienza esatta però i pedigree dei giocatori riflettono un valore già espresso sui campi di gioco. Quindi da considerare attentamente. Non è un caso che l’ultima volta che la squadra si è ritrovata a lottare per la salvezza correva la stagione 2018-2019 in cui l’allenatore Pippo Inzaghi aveva alle spalle una sola stagione in massima serie ed il calciomercato estivo aveva portato in dote un saldo positivo di 14 milioni di euro (soprattutto grazie alla cessione di Simone Verdi). Per poter mantenere la categoria fu necessario ingaggiare in inverno un tecnico molto più navigato (Sinisa Mihajlovic) e mettere pesantemente mano al portafoglio per irrobustire la rosa con pedine già affini ai campi di Serie A (Soriano, Sansone, Lyanco ed Edera). Risultato: il girone di ritorno più entusiasmante dall’era Saputo ed unica classifica finale terminata nella parte sinistra (decimo posto) dal ritorno nel calcio che conta.

Quest’anno, a parte l’equivoco della partenza con un allenatore già separato in casa, le analogie con la suddetta stagione sono parecchie; Thiago Motta vanta soltanto una manciata di presenze in più di Inzaghi in Serie A, peraltro tutte lottate nei bassifondi (con Genoa e Spezia) dove si contano 27 sconfitte su 47 gare disputate. Il merito dell’italo-brasiliano sta nell’aver salvato la società ligure nel campionato scorso ed il suo ingaggio denota realmente una fiducia cieca da parte dello staff tecnico felsineo (in particolare Di Vaio) visto che, analizzando i freddi numeri, il profilo non rispecchierebbe una grande ambizione.

La società ha chiuso il calciomercato estivo depositando nelle casse oltre 10 milioni di euro, senza considerare altri 7 milioni che potrebbero arrivare dai vari bonus derivanti dalle cessioni di Hickey e Theate. Sotto le Due Torri sono invece atterrati quasi tutti giocatori sconosciuti ai manti erbosi nostrani, tant’è che in queste prime 9 partite soltanto la coppia mancina Lykogiannis-Cambiaso ed il difensore Lucumì stanno trovando apprezzabile spazio nella formazione titolare; per i primi 2 era piuttosto prevedibile considerando che il binario sinistro di difesa è rimasto sguarnito per le dipartite di Hickey e Dijks, per il difensore ex-Genk c’era il rischio di un Denswil-bis ma essendo un titolare di una nazionale importante come quella colombiana e vantando già una ventina di presenze nelle coppe europee l’airbag che potesse attutire i rischi sembrava adeguato…ma al prezzo di una clausola rescissoria di 8 milioni di euro che Sartori è stato disposto a corrispondere ad una condizione: dilazionando il pagamento in 3 esercizi, concessione che il Genk ha barattato riservandosi un bel 20% sulla futura rivendita.

 

Quindi neppure l’ingaggio di un mostro sacro come Sartori ha migliorato gli esiti di una condotta sportiva incentrata quasi esclusivamente sullo scouting; in ogni caso il tempo è galantuomo e dirà se il sodalizio porterà dividendi, i mesi di lavoro trascorso dal nuovo direttore sportivo in terra emiliana sono troppo pochi per poter esprimere un giudizio obiettivo. Di certo anche lui non avrà stappato bottiglie di spumante dopo aver visionato le scelte singolari di Thiago Motta nelle sue prime apparizioni sulla panchina rossoblu; se nello scivolone con l’Empoli non può esserci il suo zampino per una questione di tempistiche tutt’altro si può dire per la temporanea resurrezione della derelitta Juventus e per il pari interno con la Sampdoria fanalino di coda. Anche in questo caso l’unico giudice attendibile potrà essere il tempo, ma nel frattempo è (finalmente) tornata a riecheggiare la voce di patron Saputo: il tecnico è l’uomo giusto per centrare gli obiettivi prefissati e non mollerà il Bologna fino a quando non lo avrà fatto sbarcare in Europa. Forse avrà sentito anche lui le chiacchiere che rimbalzano per i bar della città su un presunto interessamento di Percassi alle quote societarie rossoblu?

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