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IL GRILLO PENSANTE – Il Donadoni che non ti aspetti

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Lo squadrone che tremare il mondo fa è ancora un lontano e flebile ricordo nella mente dei più ricchi d’esperienza, ma è innegabile che nelle ultime settimane siano emersi sprazzi di uno scintillante arcobaleno tra la monotona nebbia che abbraccia Bologna. Mister Donadoni, uno dei capri espiatori più gettonati da inizio stagione, dalla partita col Napoli ha indossato i panni del prestigiatore, incominciando a mischiare le carte con numeri sorprendentemente capaci di (ri)catturare l’attenzione di un pubblico che aveva seppellito ogni velleità di divertimento. Contro i partenopei il primo fuori programma: si materializza un improvviso 4-2-3-1 che fa gelare il sangue nelle vene ai tifosi rossoblu sui quali aleggia minaccioso lo spauracchio della disfatta della scorsa annata, prontamente cancellato da una prova oltremodo coraggiosa e gagliarda. La tanto decantata creatura di Sarri viene azzannata frontalmente e per oltre un’ora deve arrabattarsi per non buscarle, riuscendo però a resistere e poi a sfruttare implacabilmente coi suoi campioni gli errori individuali di un Bologna che esce comunque dal campo con addosso sguardi più benevoli di 90 minuti prima.

Nella successiva gara di Firenze si ritorna al 4-3-3 con la riproposizione di Rodrigo Palacio al centro dell’attacco, forte di una prova talmente convincente contro il Napoli da strappare in mille pezzi qualsiasi carta d’identità e inducendo i più maliziosi a collocarlo già titolare nelle gerarchie di squadra ai danni dell’incompiuto Mattia Destro. Nella formazione iniziale trova posto anche l’anonima coppia centrale Helander-Gonzalez e inaspettatamente anche Pulgar, proveniente da una prova discreta ma straziata da un finale censurabile con strascichi social anche peggiori. Il Bologna tiene testa ad una Fiorentina in costruzione ma con valori sottovalutati, un diamante grezzo che se lavorato a dovere da Stefano Pioli potrebbe rivelarsi di molti più carati del previsto; i rossoblu hanno forse l’unica colpa di portare in campo un atteggiamento eccessivamente conservativo all’interno di un equilibrio prima spezzato da una perla di Chiesa e poi ristabilito in un battito di ciglia da Palacio, imbeccato da un tocco sopraffino di Taider. La viola riagguanta il vantaggio per un episodio fortuito e, sui titoli di coda, l’esultanza bolognese sul colpo di testa di uno scatenato El Trenza viene strozzata quando la sfera si stampa sul palo a portiere battuto, impedendo ai felsinei di strappare punti al Franchi dopo ben 8 anni di un digiuno destinato a prolungarsi.

Il terribile trittico si chiude nell’anticipo del turno infrasettimanale, in un Dall’Ara popolatissimo che ospita un’Inter a punteggio pieno e confidente di poter mantenere la testa della classifica. Donadoni cambia ancora i pezzi sulla scacchiera e recupera dalla naftalina Mbaye (con Krafth e Torosidis bloccati in infermeria) e rilancia un Donsah misteriosamente scomparso dopo la prestazione vincente di Benevento; oltre ai figli d’Africa (sospinti in formazione a furor di popolo) giganteggia, al centro dell’attacco, quel Bruno Petkovic di cui si erano smarrite le tracce dopo qualche apparizione fugace. Da Casteldebole filtrano indiscrezioni su una smisurata aspettativa nei confronti del colosso croato dai piedi educati, apparso concentrato e focalizzato sugli allenamenti fin dai nastri di partenza della preparazione estiva. Brunone vuole prendersi il Bologna. Miranda e Skriniar si rendono conto di dover passare una serata scomoda fin dal primo scontro con la sua mole imponente, un ingranaggio perfetto all’interno di un Bologna che annichilisce da subito gli uomini di Spalletti con un vortice di giocate mai banali coronate dal gioiello di Verdi che spacca a metà un primo tempo a senso unico. Tutti i giocatori rossoblu contribuiscono a riaccendere gli entusiasmi: Helander imbavaglia Icardi col supporto di un Gonzalez sempre presente, Mbaye e Donsah strappano applausi confondendo i pareri (rendono così tanto perché utilizzati al momento giusto o è delittuoso impiegarli con tanta parsimonia?), Pulgar riemerge lindo dalle sabbie mobili in cui si era impantanato nelle puntate precedenti, Poli è il solito armigero e la coppia Verdi-Di Francesco è uno stiletto che affonda nell’Inter con micidiale precisione.

 

La ripresa, come prevedibile, vede gli ospiti mangiare metri di campo ai rossoblu ma Mirante non deve praticamente mai affannarsi; pochi minuti dopo che il colpo di mortaio di Donsah fischia vicino alla traversa, il destino si abbatte infame sull’esito della gara regalando un rigore beffardo ai nerazzurri, i quali ringraziano portando a Milano un punto ritenuto poco meritato persino dal proprio allenatore. Ciò che però rimane negli occhi dei tifosi non è la delusione per i 2 punti sfortunatamente svaniti ma una ritrovata luce di ammirazione per i propri ragazzi, finalmente votati a gettare sul campo la propria voglia e determinazione anche stravolgendo i valori in gioco. Persino Donadoni abbandona il solito aplomb francescano per manifestare il suo disappunto nei confronti della sorte e del metro di giudizio della VAR, in modo quasi irriverente come l’atteggiamento in campo del suo Bologna…che qualcosa stia mutando? Dopo aver ammirato istrioniche risorse nascoste adesso tutti attendono al varco le prossime scelte del mister, ansiosi di poter continuare ad assaporare tale inversione di tendenza che sta facendo spirare un vento più caldo sul capoluogo emiliano. Il calendario prevede scogli impegnativi ma non insormontabili; se si riuscisse a dare continuità al nuovo accattivante look rossoblu anche la classifica potrebbe rispecchiare tale crescita, creando un volano di entusiasmo propedeutico ad imboccare una via preferenziale in un campionato ancora privo di una direzione precisa.

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