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Il Punto sul Bologna – I giorni della rabbia – 14 feb
In psicologia, con il termine “criticismo” si intende un atteggiamento di rimprovero ripetitivo e pervasivo, in cui chi rimprovera mostra il proprio disappunto o disapprovazione a qualcuno, in modo che questi possa correggere il suo errore o ravvedersi. Il rimprovero presuppone una valutazione negativa di un comportamento o atteggiamento, che viene ritenuto sbagliato e non dovrebbe esistere. La critica o rimprovero sembra quindi essere guidata dal rispetto di una “norma” che può essere vista come prestabilita e “universale” e non come una preferenza personale.
E più o meno è quanto sta accadendo ultimamente (ma non solo) nei confronti del nostro Bologna. Anzi, non nei confronti del Bologna (che rimane il traguardo funzionale del nostro amore e dei nostri desideri), bensì verso quei ragazzi e verso quegli uomini che, con divisa diversa, vestono gli stessi panni rossoblu.
Certo, è chiaro e palese a tutti che la squadra sia in difficoltà: undici gol subiti nelle ultime tre partite ne sono la conferma. Tre partite e tre sconfitte che pesano sulle spalle di tutti, le nostre non meno di quelle dei protagonisti. E monta la rabbia. Comprensibilmente. Ma mentre chiediamo freddezza ai nostri “più o meno” eroi, in realtà la stiamo perdendo noi. Perché la sequenza con cui queste tre sconfitte sono arrivate, hanno dinamiche differenti anche se con lo stesso zero come somma totale di quanto guadagnato.
In breve: dopo la bella vittoria con il Toro (sì, il Torino, quello che ci rifilò uno schiaffone a mano aperta nel girone di andata) il Bologna ha ospitato una delle squadre più in forma del campionato italiano. Quel Napoli che è arrivato al Dall’Ara e che ci ha trattato come uno sparring partner. L’urto è stato violentissimo e ha scosso con veemenza le fragili certezze che sin qui avevamo messo da parte. Per capirci, però: le prime vittime di quei sette gol sono stati i giocatori. Noi tifosi abbiamo la fortuna di non dover rimediare a debacle simili. Noi cantiamo, sosteniamo e, in parte, ci possiamo permettere di arrabbiarci e conservare quella stessa ira che, invece, quei giocatori non si possono permettere di avere. Loro (ed intendo tutti, Donadoni e staff compreso) hanno altresì il compito di risolvere le problematiche. Lucidamente. A differenza nostra, che nell’impeto della furia quella stessa lucidità la perdiamo.
È arrivato poi il Milan e l’intero popolo rossoblu ha chiamato i propri beniamini al riscatto. Come se davvero avessimo la capacità magica di chiedere ed ottenere, nell’immediato. Non accade così, soprattutto quando psiche e obbligo camminano insieme. Siamo stati come quei datori di lavoro che esigono senza comprendere appieno le possibilità di attuazione da parte del dipendente.
Comunque, il Bologna (piaccia o non piaccia) ha reagito. Ahinoi, in modo disordinato. Qualcuno ha provato a dire che, nella partita contro i diavoli rossoneri, non abbiamo fatto fase offensiva. Tuttavia, le statistiche ci dicono che il Bologna ha tirato verso la porta avversaria venti volte. Ma l’ha fatto, come detto, maldestramente e di quei venti tiri appena cinque hanno centrato lo specchio della porta mentre, almeno in un’occasione, il ragazzino ipersviluppato Donnarumma partoriva un bimbo con i baffi all’asburgica. E mentre il tempo passava e l’agitazione per la mancata segnatura si faceva più pesante, nella più classica delle ripartenze, ci è arrivato un coppino vibrante che avrebbe sdraiato a terra anche Ivan Drago. Ed il nostro supposto “Ti spiezzo in due” è diventato in un amen “ci hanno spezzato per la seconda volta”. In tre giorni.
Risultato morale? È aumentata la nostra rabbia cieca così come è cresciuta la sofferenza psicologica dei ragazzi che, seppur professionisti e ben pagati, sempre ragazzi rimangono.
Infine, la Sampdoria. Il Bologna lotta, con fatica, ma lotta. E va in vantaggio. Fino a quando qualcuno non decide di farsi bello ed egoisticamente segnala un rigore inesistente. Chi di noi, censori agguerriti, non avrebbe subito un crollo per quell’ingiustizia? E così è stato, lasciando a noi la rabbia e a loro la disperazione, anche se sempre di sport parliamo.
In psicologia si dice che il rimprovero è da considerare dannoso quando viene espresso in maniera ripetitiva e pervasiva. Questo perché può provocare “tendenza al senso di colpa” e “disorientamento personale” facendo derivare una mancanza di fiducia in sé stessi, e una continua messa in discussione delle proprie scelte.
È un’analisi esagerata per il tema pallonaro? Forse. Ma forse anche noi stiamo dimenticando che critichiamo delle persone. E non omarini da Subbuteo. Ad ognuno, le proprie responsabilità.
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