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Il Punto sul Bologna – L’antidoto

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Uno dei più famigerati generali dell’antica Roma fu Publio Quintilio Varo, conosciuto per l’impressionante disfatta contro i Germani nella foresta di Teutoburgo. Tanto che divenne celebre il seccato imperativo dell’imperatore Augusto: “Varo, ridammi le legioni!”.
Ed è la stessa seccatura di quella che proviamo noi nei confronti di qualcun altro, il “generale” VAR. Stessa saccenteria, stessa disfatta.
Anche contro l’Inter, va detto, noi ci abbiamo messo del nostro: parziale spaesamento ed inturgidimento dell’affanno hanno, di sicuro, creato nocumento alla truppa del buon Donadoni. Tanto che abbiamo raggiunto l’ennesima sconfitta contro una delle sedicenti “grandi”. Con la stessa squadra contro cui avremmo dovuto vincere all’andata ma, causa un inciampo del nostro ‘Mbaye ed il successivo rigore per i nerazzurri, nemmeno allora riuscimmo a mettere i tre punti nel carniere. Fu per una decisione arbitrale, dunque, sebbene giusta. Il Bologna non giocò male, Donadoni gestì ottimamente l’incontro. I giocatori si dimostrarono efficaci. Eppure non andò. Rigore e pareggio. E via a casa.
Oggi la gente (utilizzo un termine collettivo proprio perché un pensiero piccolo è più facile da portare, se si è in tanti) sbatte i pugni sul tavolo, inveisce contro Donadoni, contro i giocatori. Contro Fenucci (ma solo perché per qualcuno è diventato un rito, un’abitudine farlo). Qualche ardito, addirittura, contro Saputo che benefattore non è ma senza il quale, a quest’ora, saremmo a tenerci su le braghe con dita tremanti.
Tutto questo bailamme, tuttavia, tutto questo rumore non serve ad altro se non ad occultare (ma, in questo caso, i tifosi sono vittime inconsapevoli) ciò che nel calcio non cambierà mai: chi vince, continuerà a vincere. Chi perde, continuerà a perdere. Tra di loro, quelli che hanno un orgasmo una tantum. Ma ne passano di sigarette, prima del prossimo!
Anche chi, come avviene ora, pensa di essere diventato l’homo novus del calcio italiano se ne dovrà ricredere e tornare a far passare filmetti natalizi nelle sale cinematografiche. È già accaduto, no? “Maradona s’i megli ‘e Pelè” si è poi fermato lì. Alle nacchere e a qualche festa. E così è stato per il Giubileo e le romane. Una tantum. Uno scudetto e una festa con la porchetta. E poi? Praticamente niente di altro.
Con questo voglio dire che il Var (che io per primo ho sostenuto) si è dimostrato il campanellino, l’ombra sul muro, la ninna-nanna che fa addormentare i bimbi. Non è un “equiparatore”. È fiction. Se il calcio è sempre più un’attività finanziaria, diventa palese che chi ha più soldi primeggia. “Ma così si sconfessa il principio di uguaglianza, determinante per il concetto di Sport?!”, potrebbe dubitare qualcuno. “E ‘sticazzi!” potrebbe rispondere un altro. Ed è proprio lo “sticazzismo” di chi ha il potere che rende e renderà vittime tutti gli altri. Anche noi. Anche noi che ne sappiamo una più del diavolo e che discettiamo di pallone come se fosse diverso dalla vita reale. Ma non è più così. Mai come oggi, il calcio è adeso alla vita reale e quotidiana. Le nostre sconfitte personali, spesso assomigliano a quelle del nostro benamato Bologna. E le nostre incazzature ugualmente. Chi vive tra i profumi dell’aria pulita, non si interessa del nostro piccolo vivere. Esattamente come avviene nel calcio.
Ma forse un antidoto c’è; alla prossima sconfitta, prima di inveire contro noi stessi e tutto ciò che fa parte della nostra vita (Fenucci compreso), perché non proviamo a stringerci le mani l’un l’altro e, con lo sguardo rivolto verso le altitudini, non proviamo ad intonare un corposo e rumoroso “‘STICAZZI!”. Il Bologna perderà comunque: ma almeno potremo dire a chi comanda che non siamo così tonti da morderci tra di noi.

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