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Il Punto sul Bologna – La via orizzontale

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È meglio Palacio o Destro? Pulgar o Nagy? Mirante o Da Costa? E via dicendo. Tutte domande lecite. Tutte domande che lo scetticismo atavico del bolognese mantiene vive, riproponendole in continuazione; come se potesse far da sprone alla squadra a migliorarsi nel proprio percorso.
Un atteggiamento dualistico (questo o quello?) che, tuttavia, non porta alcun profitto se non nutrimento ad un’insoddisfazione, di questi tempi, anacronistica. È come se un sultano poligamo, tutti i giorni pensasse a quali siano le mogli peggiori e quelle migliori dell’harem. Perché stiamo ragionando in verticale, attraverso una scala gerarchica che vede, al momento, Palacio al vertice e Destro tra i Paria.
Eppure, questo “pensare verticale” ci obbliga sempre a dover scegliere tra l’uno o l’altro, come se avessero maglie differenti. Come se il rossoblu di Palacio fosse più vivace di quello dell’attaccante marchigiano. Non è così. La maglia è la stessa, il brand pure.
A me piace pensarla così. Mi piace pensare che sia Palacio che Destro fanno parte del Bfc e che quel gol al Genoa è figlio di un concerto perfettamente eseguito durante tutto il tragitto della palla: dal passaggio, al velo, al gol. Non facciamoci prendere dalla smania giudicante: in quel gol (come nella maggior parte dei gol fatti dal Bologna) il protagonista non è chi la butta dentro ma tutti quelli che partecipano all’azione. Ragionando per assurdo, se fosse mancato anche un solo elemento di quell’azione, non avremmo visto il pallone infilarsi in rete.
Anche perché la vittoria con i Grifoni è stata una vittoria morale: la squadra di Juric si è disinteressata del pallone per quasi tutta la partita, interessata solamente a distruggere il gioco avversario più che proporre il proprio. E finché viene permesso ad una squadra di essere così (cartellini e sanzioni dati con estrema avarizia), vincere sul quel campo diventa un fattore di giustizia: ha vinto la squadra che gioca con il pallone non con le gambe avversarie.
Ed in questo, fattore determinante è la compattezza di una squadra. Quell’elemento in più che mister Donadoni ha inoculato con pazienza e cura nei suoi giocatori. Donadoni non si pone il dubbio se sia meglio Destro o Palacio; il mister ragiona per utilità. Perché è utile pensare a ciò che rende il team funzionale ai propri propositi, ragionare in orizzontale. È come se ogni giocatore fosse uno strumento imprescindibile per l’attività e l’operatività dell’insieme. Tutto funziona se tutti gli elementi sono attivi. E per essere tutti attivi devono essere considerati tutti allo stesso livello. Perché arriverà anche il momento in cui Destro ci sembrerà più utile di Palacio. Ma questa non è una profezia, non sarebbe il mio mestiere: ogni giocatore vive di alti e bassi e ci saranno momenti in cui scopriremo che sono molto utili alla causa (alla nostra causa di tifosi) anche i vari Nagy e Kreicj, insomma chi al momento sembra più in basso nella scala gerarchica supposta.
In conclusione, non serve pensare a chi è più bravo. La gara non è interna al Bologna ma è contro le altre “colleghe” di campionato. Sono loro che dobbiamo battere per arrivare dove vogliamo. Tutti i giocatori del Bologna meritano di essere amati. Non per la loro faccia o per i piedi; ma perché vestono quella casacca. La nostra. Orizzontalmente parlando.

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