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Il Punto sul Bologna – Presi per il cuore

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Il mondo del calcio è una falsa democrazia. Tutte le categorie sono rappresentate, tranne una: quella dei clienti. Pardon, quella dei tifosi. E c’è un motivo, una scelta precipua: i tifosi sono quelli presi per il cuore. Conviene prenderli per il cuore.
Ad esempio: ragionando sui fatti accaduti sul manto erboso del San Paolo, appare chiaro che tutto il nostro vociare e strepitare sia solo musica di sottofondo. A cominciare dalla tecnologia Var. Quest’ultima è arrivata per ristabilire un equilibrio sportivo, così almeno era stata intesa. Domenica, nell’intero stivale italico, tutti han capito però che l’equilibrio non è stato riposizionato. Non sto entrando nel dettaglio specifico (perché anche il Bfc ne è risultato avvantaggiato dall’uso della Var) ma, come vista d’insieme, si capisce che il problema, al momento, si è solo duplicato. Gli errori sul campo si sono riversati nelle cabine di regia: quindi non solo quelli dell’arbitro sul rettangolo di gioco, ma anche quelli dell’Assistente al video (anch’egli arbitro). E i tifosi? Alla televisione o sugli spalti a berciare e smadonnare. Senza ricavarne vantaggi, se non quello di soffrire dell’amore per la propria squadra. Praticamente una presa per il cuore. Perché, spesso, chi comanda ci sceglie proprio per le nostre passioni: ci prende per il cuore. E fa bene a prenderci per il cuore, perché sembra essere quello che vogliamo.
Eppure, la tecnologia Var diventa pulviscolo atmosferico al confronto del governo del calcio. Ieri, la pantomima del potere ha mostrato la sua migliore coreografia. L’afflato popolare soffiava sulle spalle dell’ex calciatore Damiano Tommasi, per un’intenzione di novità. Ma non è stato eletto. Ci ha provato Cosimo Sibilia (che si dovrà accontentare di un posto in parlamento). Ma non è stato eletto. Ci ha provato il presidente della LegaPro, Gabriele Gravina. Ma non è stato eletto. Ci hanno provato anche a coppie alterne, come le targhe in tempo di smog: Gravina-Sibilia, Sibilia-Tommasi, Tommasi-Gravina. Ma niente. Eppure tutti e tre avevano ricette innovative per uscire dalla penosa situazione che ha il suo punto apicale nella mancata presenza azzurra ai prossimi Mondiali. Ma tutti e tre guardavano al futuro, partendo dalla categoria che essi stessi rappresentano: professionisti, semiprofessionisti e dilettanti. Come se fosse una condizione squisitamente sindacale e di rappresentanza, appunto. Non è così. Il governo del mondo calcistico non può essere la gestione privatistica di un condominio. Ci deve essere un senso comune che non riguarda solo i gestori, i tecnici o gli organizzatori.
Nel frattempo, ieri è scaduto anche il commisariamento della Lega di serie A (altra situazione paradossale). E dunque anche la Lega non ha un presidente. E noi? A guardare inebetiti questa danza macabra che finirà con un commissariamento generalizzato da parte del Coni.
Insomma, un’altra presa per il cuore. Tutto si muove per non muovere nulla. Il Calciopardo, dunque.
Eppure, la più grande presa per il cuore è quella che vede i tifosi (non metto la categoria dell’informazione, perché noi siamo obbligati, quanto meno, a chiedere per conoscere) costretti ad avere 3 o 4 lauree per capire di diritto sportivo, diritto amministrativo, diritto societario, statistica, medicina, diritto commerciale, psicologia…et cetera. Tutto per amore. E da tifosi ce ne convinciamo talmente tanto che è come se l’avessimo per davvero tutte queste conoscenze. E litighiamo tra di noi, scontrando le nostre opinioni e sfanculandoci ad ogni virgola diversa. Ma è una roba inutile e che vale solo per autoalimentare e fomentare la clientela che compra e percula. Ma fa girare denaro. E così, siamo noi i primi a prenderci per il cuore. Così innamorati da vivere nell’incanto illusorio di un pallone che rotola.

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