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Il Punto sul Bologna – Scommettiamo?

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Prima era una peculiarità inglese: scommettere su qualunque cosa, in particolare sugli eventi sportivi. Poi il mondo è cambiato e “scommettere”, oggi, è diventato sinonimo di partecipazione globale. Una partecipazione ancora più attiva del tifoso che, oltre ai naturali spasmi passionali, ci mette anche due eurini.
E cos’è la scommessa se non un tentativo di conferma alle proprie opinioni, alle proprie visioni e preveggenze, alle proprie interpretazioni dei fatti? Un tentativo, appunto. Con una corposa percentuale di rischio: sia economico che morale (se, in questo caso, la propria verità non trova compimento).
Ma se tutto questo è abitudinario per un tifoso, mi piacerebbe pensare che non sia più così in casa Bologna. O, meglio: che la parte dedicata al rischio sia sempre più esigua, proporzionata ovviamente all’agone sportivo.
Ecco, forse è proprio questo il punto di misunderstanding, di difficoltà di comprensione reciproca tra società e tifoseria.
Va detto che il rischio, se ti occupi di sport, è inevitabile. Non potendo conoscere il futuro, la parte gestionale essenziale diventa quella di organizzare un’ambizione con lungimiranza. Avvicinare il più possibile il lavoro che si svolge oggi agli obiettivi del domani, stringere al massimo consentito la forbice tra il presente e il futuro.
In questo caso, contano sicuramente i dindi messi sul banco da mister Saputo. E il nostro chairman quei dindi li mette e ne metterà ancora. Allora tutto passa attraverso il lavoro del direttore sportivo e dell’allenatore che devono fare in modo che quelle intenzioni e quei dindi diventino una scommessa da riscuotere. Saranno Bigon e Donadoni a dover assolvere il compito. Un compito difficile, certo; proprio per l’impossibilità della preveggenza. Ma si tratta di un percorso obbligato.
Già. Allora mi viene in mente che, trattandosi di scommessa, è auspicabile che si abbassi la quota di guadagno. Perché più si abbassa e più, di conseguenza, si alza la probabilità che ciò su cui scommettiamo si avveri.
Non mi interessa il fatto che Bigon o Donadoni facciano i simpatici (come molti vorrebbero): la sera, esco con gli amici se voglio ridere. No, abbiamo bisogno che il loro lavoro sia sinergico: che le decisioni dell’uno e dell’altro camminino insieme. E laddove questo non avvenga, che si trovi la convergenza ed una mediazione tra le idee differenti.
Perché alla fine, se si vince la scommessa vincono tutti. Anche quelli che, al momento, non ci metterebbero neanche un centesimo.

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