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Il Punto sul Bologna – Voglia d’estro

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Io non so come sarà il prossimo campionato. E forse non sono nemmeno del tutto sicuro che le tre ormai condannate da tempo alla retrocessione saranno poi quelle che davvero retrocederanno; anche perché l’Empoli sembra più fragile di quello sospettabile ed il Crotone appare invece in buona forma e con interessanti capacità di risalita. Dunque, c’è ancora tempo per poter vedere delle sorprese.
Sorprese invece che, nemmeno in tempo di uova di Pasqua, il Bologna sembra poter regalare ai propri tifosi. La sconfitta con la Roma, forse un po’ troppo generosa per i giallorossi nel risultato finale, ha più o meno sancito, a mio parere, la classifica finale del Bologna. Una classifica che difficilmente sarà considerata memorabile per le generazioni future. Non per questo, però, bisogna aprire il cuore alla disperazione: non è questo né il tempo né ci sono le condizioni. Al contrario, ci sono altresì le condizioni per valutare ciò che di buono c’è stato e ciò che, quanto meno, è giusto mettere sotto la lente d’ingrandimento per poter crescere nel prossimo campionato.
Andiamo per reparti. La difesa rossoblu, fatte salve le presenze di Mirante e Da Costa che ci hanno garantito sicurezza nel ruolo di ultimo difensore, ha vissuto vicende alterne. Non sempre i terzini hanno confermato le aspettative, negando così quella continuità che il reparto avrebbe auspicato. L’evoluzione di Krafth e Masina sembra essere un po’ più lenta del previsto e ‘Mbaye e Torosidis non hanno fatto meglio dei colleghi. Il greco, quasi a paradosso, è sembrato più sicuro a fare uno dei tre centrali, quando Donadoni ha adottato il modulo con cinque centrocampisti. A proposito di centrali, al momento, Gastaldello e Maietta, sembrano essere stati i migliori di questo settore ma l’età, purtroppo, è da considerare. Infine, Oikonomou è rimasto un po’ al palo e l’impressione è che Donadoni la pensi allo stesso modo.
Di qualità generale migliore è apparso il centrocampo che ha evidenziato giocatori sì con prospettive ma dove il partente Dzemaili ha fatto, spesso, da docente. Sostituire lo svizzero sarà, probabilmente, uno dei compiti più ardui per Bigon. Ma, quello che a me pare chiaro, è che sulla linea mediana abbiamo un po’ difettato nella costruzione della manovra d’attacco mentre siamo stati spesso più efficaci nella fase di contenimento. Non sempre, ma più concreti. E la squadra, di conseguenza, ne ha risentito, soprattutto contro le “grandi”. L’eccessiva ripetitività dei movimenti e la mancanza di inventiva ha, in quei casi, esaltato invero le qualità dei giocatori più tecnici che abbiamo affrontato.
Infine, l’attacco. Il reparto, come accade nel calcio, è figlio di ciò che avviene alle sue spalle. E la mancanza d’inventiva di cui si diceva prima ha partorito le falle in quel settore. Non me la sento di attaccare Destro. Ma non per una difesa preordinata, ma proprio per quanto detto. Anche un attacco stellare, se diventa prevedibile, non segna. Certo, avere Dzeko o Mertens sarebbe un’altra cosa ma è con i Nainggolan e gli Hamisk che si dà la svolta. Così come fece Pirlo con la Juventus d’allora.
A riprova di ciò, il fatto che i giocatori migliori che il reparto ha evidenziato, sono stati Verdi e Di Francesco: attaccanti rapidi e soprattutto imprevedibili, sia nel saltare l’uomo sia negli assist. A proposito di quest’ultimo aspetto, temo che ci sia un fraintendimento su Krejci, giocatore abile sì nell’assistere i compagni ma, al momento, con scarsa propensione nel vedere la porta. Difficile, dunque, considerarlo un attaccante.
In conclusione, tutto ciò, ci ha fatto cadere nell’anonimato; tuttavia starei attento a non buttare il bambino insieme ai panni sporchi. C’è da lavorare sì, ma non c’è bisogno di stravolgere. Domani, per il salto di qualità, servirà più fantasia. Perché già da ora c’è bisogno d’estro. Con o senza apostrofo.

 

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