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Il Resto del Carlino – Bologna piange il capitano dello scudetto

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Mirko, il capitano di quel Bologna che “così si gioca solo in Paradiso” che conquistò il settimo, e forse più importante scudetto all’alba della scomparsa dello storico Presidente Renato Dall’Ara, si è spento ieri mattina in una stanza del Sant’Orsola a causa di un problema renale aggravato dal Covid.

Quel Bologna del 1964 posava le sue fondamenta proprio su una difesa impenetrabile, composta da giocatori che non regalavano niente, marcatori insuperabili che oggi guarderebbero con più che qualche sospetto la “costruzione dal basso”. Giocatori come Janich, Tumburus e Furlanis, oltre lo stesso Pavinato, che avevano un comun denominatore nella terra di origine, il Nord-Est. Pavinato era il più vecchio della nidiata, classe 1934, veniva chiamato in campo dal conterraneo Janich “vecio”, i due in campo erano una cosa sola.

Nato a Vicenza, Pavinato conquistò la Serie A con il suo Lanerossi prima di passare, ventiduenne nel 1956, a Bologna. Allora Dall’Ara per portarlo in rossoblù versò 30 milioni di Lire ai biancorossi, più il cartellino di Dell’Innocenti. E poco importa se da lì a qualche anno l’Inter di Angelo Moratti arrivasse a bussare la porta di Dall’Ara offrendo 10 volte tanto, “Pavinato rimane a Bologna” e tanti saluti.

Terzino sinistro, Mirko faceva passare giornate da dimenticare all’ala destra avversaria, il duello più epico che si ricordi era quello con l’interista Jair. Il numero 3 rossoblù collezionò 297 presenze ufficiali, tra campionato, Coppa Italia e coppe europee, con la maglia del Bologna. Una carriera ricca di una Mitropa Cup (1961), uno Scudetto nello storico spareggio con l’Inter (1964), due quarti e due quinti posti in campionato. La nazionale non gli aprì mai le porte ma il capitano rossoblù non se ne fece mai un cruccio.

Cercava di scherzare durante i tanti, troppi, funerali dei compagni di quel Bologna che alzò nel cielo di Roma lo Scudetto del 1964: “Se di quel Bologna è destino che se ne vadano i più bravi, io sarò l’ultimo a togliere il disturbo“. Si sbagliò di poco, come sbagliò pochi palloni in campo e poche scelte nella vita. Sposò Luisa, compagna di una vita, e si costruì un futuro prima ancora di appendere gli scarpini al chiodo.

Pavinato aprì a Calderino un’azienda che coltivava funghi, poi si diede alla meccanica e nel frattempo anche all’avventura da allenatore: Castelmaggiore, San Marino e Compagnia Atleti di Bologna. Ogni estate soggiornava per un mese a Riccione, bagno 110, Massimo Vitali ci racconta come l’ex campione rossoblù non mancasse mai quell’appuntamento, a cui non rinunciò nemmeno l’anno scorso.

Le figli Monica e Sofia nel ricordare il padre ci tengono a ringraziare i medici e infermieri del Reparto 6 di Malattie Infettive del Sant’Orsola per come hanno assistito fino all’ultimo Mirko.

 

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