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Il Resto del Carlino – intervista a Carlo Nervo: “Vi racconto i miei ritiri e quelle fughe nelle trattorie”
In un’intervista di Carlo Nervo per il Resto del Carlino, il tornante, anche ex nazionale italiana, ci racconta i suoi ricordi tra le fughe notturne nelle trattorie, le invasioni dei tifosi all’arrivo di Baggio e i fioretti in bici di Guidolin.
Ricorda la sua prima volta?
“Pievepelago, estate del 1994. Io e Marsan raggiungemmo i compagni con una settimana di ritardo, perché per approdare al Bologna dovemmo aspettare il fallimento del Mantova. E’ proprio a Pievepelago che Ulivieri dopo il primo allenamento mi disse: “Dimmi la verità tu prima di venire qui facevi davvero il calciatore?”. Ci rimasi malissimo”.
Poi ebbe inizio il lungo romanzo di Sestola.
“Soprattutto dei suoi boschi: penso di conoscere i boschi di Sestola meglio di una guardia forestale. Porto ancora le cicatrici dei tagli alle gambe, perché mica è facile correre in un bosco”.
Già, il martello Ulivieri.
“Il giorno prima di andare in ritiro vivevamo un dramma collettivo: tutti sapevamo che ci attendevano giorni di fatiche terribili”.
Ma anche di impareggiabili manovre elusive.
“Ulivieri in ritiro andava a dormire relativamente presto. A tavola la dieta era rigidissima, ma con gli sforzi che facevamo in allenamento avevamo bisogno di nutrirci con piatti più sostanziosi. Allora qualche volta di notte un gruppetto usciva di nascosto dall’hotel. Avevamo trovato una trattoria che serviva tigelle e salumi fantastici”.
Altra musica in hotel, dove i controlli erano severissimi.
“Però noi ci eravamo organizzati. Niente vino? Di nascosto svuotavamo la bottiglia dell’aceto e la riempivamo col vino”.
Guidolin in ritiro era un sergente altrettanto severo?
“Guidolin non ci massacrava come Ulivieri. Con lui cominciarono gli allenamenti personalizzati: fatiche mirate, in rapporto alle caratteristiche di ognuno. Di Guidolin ricordo quella specie di ex voto per propiziare un buon campionato a cui sottopose tutto il suo staff nel 2003 a Dimaro: scalata del Mortirolo in bici. Il mister arrivò in cima in scioltezza, qualcuno a piedi tra conati di vomito”.
Nel frattempo lei aveva conosciuto il burbero buono Mazzone.
“Personaggio di un’umanità straordinaria. In campo ci torchiava, ma nei momenti liberi sapeva cogliere i momenti di difficoltà dei suoi giocatori e non si negava mai una battuta o parola d’affetto. I suoi erano ritiri lunghissimi, che a volte duravano tre settimane. Ma il sabato sera ci dava la libertà di dormire fuori dall’hotel, che era un modo per portare le nostre famiglie in ritiro e staccare per qualche ora la spina”.
Un bel giorno dell’estate 1997 sbarcò a Sestola Roberto Baggio.
“E fu lì che Sestola s’inventò i pullmini per portare i calciatori agli allenamenti. Fino a quel momento facevamo a piedi il tragitto dall’hotel Miramonti al campo, ma dal giorno in cui è arrivato Baggio questo non è stato più possibile. Davanti all’hotel c’era sempre un muro di tifosi ad aspettarlo, era impensabile camminare per le vie del centro”.
Il calcio da allora è cambiato, ma forse non il senso dei ritiri.
“E’ un momento fondamentale della stagione, perché è in ritiro che si cementa il gruppo. E agli Europei l’Italia di Mancini ha dimostrato quanto sia importante, per vincere, avere un gruppo affiatato”.
Oggi il Bologna sale a Pinzolo, ma i volti nuovi sono solo due e manca ancora quello di Arnautovic.
“Arnautovic, se arrivasse, darebbe un senso diverso alla stagione. Ma il mercato è lungo e tutte le squadre sono ancora in fase di costruzione. Qui è rimasto Mihajlovic, che è una bella garanzia. E l’altra garanzia si chiama Saputo, con la sua solidità finanziaria”.
Fonte: Massimo Vitali con Carlo Nervo
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