Bologna FC
Il ricordo di Giuliano Fiorini, intervista esclusiva a Remo Gandolfi: “Fiorini, un uomo e un calciatore con un cuore grande così…”
Domani è in programma Lazio-Bologna, una partita fondamentale per entrambe le squadre. E’ però una gara che rievoca parecchi ricordi, sia per le tante sfide del passato sia per chi, quelle sfide, le ha vissute pienamente. Ci sono giocatori che restano nel cuore e nella mente dei tifosi in eterno, per le gesta atletiche ma anche per il cuore dimostrato per una maglia. Uno di questi giocatori è Giuliano Fiorini, doppio ex di biancocelesti e rossoblù. Abbiamo parlato di lui con uno che lo ha sicuramente vissuto più di noi ed è in grado di trasportarci in periodi che non abbiamo vissuto: lui è Remo Gandolfi, giornalista e scrittore.
Ciao Remo. Allora: sabato c’è Lazio-Bologna, squadre che vantano tanti doppi ex. Uno di questi è Fiorini: qual è il primo pensiero su di lui?
“E’ un pensiero che racconta di affetto e di nostalgia per un calciatore che ovunque sia stato ha lasciato un ricordo indelebile sopratutto a livello umano, per la sua generosità, il suo coraggio e il suo spirito indomito. Credo di poter dire senza timore di smentita che il suo nome dovrebbe essere accostato a quello dei grandi “mavericks” ovvero gli “irregolari”, i “ribelli” e gli “anticonformisti” della storia del calcio italiano come Gigi Meroni, Ezio Vendrame o Gianfranco Zigoni mentre purtroppo non è ricordato come meriterebbe dal grande pubblico. Lo è però da tutti i tifosi delle squadre in cui ha giocato e non è una cosa banale”.
Esordisce in A con il Bologna, forse lo ricordano più a Roma però: secondo lei dove è stato più importante e perché?
“Beh quello che Giuliano Fiorini ha fatto a Roma va oltre l’immortalità! Ha segnato il gol probabilmente più importante della storia di questo glorioso club. Non un gol che ha regalato un campionato o una coppa, ma molto di più: ha regalato forse la stessa esistenza di questo club che a 7 minuti dalla fine di quella sfida con il Lanerossi Vicenza era sull’orlo della Serie C con la concreta possibilità di sparire dal panorama calcistico. E la metà biancoazzurra di Roma non lo ha mai dimenticato. A Bologna Fiorini è nato e cresciuto calcisticamente ma aldilà dell’equivoco tattico degli inizi (veniva impiegato come ala tornante) non ha mai trovato quella continuità e quella fiducia che invece ha trovato in altre realtà”.
Che carattere aveva e quali erano i suoi maggior pregi?
“Un caro amico scrittore genovese e genoano, Renato Villa, lo descrive in questo modo: “un uomo e un calciatore con un cuore grande così”. Direi che in queste parole c’è tutto. C’è il suo coraggio indomito, c’è il suo spirito di guerriero sempre ultimo ad arrendersi e c’è quella capacità di arrivare sempre al limite delle sue risorse fisiche. Sono in molti ad affermare che tanti dei suoi infortuni erano dovuti proprio a questa caratteristica: non mollava mai, non voleva mai uscire dal campo anche se menomato e la domenica era pronto a giocare anche quando altri nelle sue stesse condizioni sarebbero andati in tribuna o rimasti a casa sul divano”.
Lui era un anarchico, un discontinuo.
“Giuliano Fiorini non te le mandava a dire. Chiunque tu fossi. Compagno di squadra, avversario, allenatore, dirigente o arbitro. Se gli dicevi “devi fare questo” potevi stare certo che non avrebbe ubbidito neanche morto. Ma se il “devi” si trasformava in “Giuliano abbiamo bisogno di te” sarebbe andato nel fuoco per dare una mano. Ora resta da capire se questi sono in realtà dei difetti. Diciamo che l’amore per il cibo, il buon vino e per le sue adorate sigarette hanno forse tolto qualcosa al suo gioco negli ultimi anni di carriera, ma senza questi piccoli vizi non sarebbe stato lui!”
Quanto è stato importante per lui avere un allenatore come Gigi Simoni?
“Quando Giuliano Fiorini arrivò a Genova nella stagione successiva alla retrocessione dei rossoblù in Serie B, dove il modenese aveva fatto coppia con il giovanissimo Roberto Mancini (che nella stessa estate finì alla Sampdoria) non era esattamente nelle grazie di Gigi Simoni che prediligeva un gioco essenzialmente di rimessa costruito sulla velocità del centravanti Massimo Briaschi, gli inserimenti dell’olandese Jan Peters e sulle geometrie del regista belga René Vandereycken. Dopo alcune partite però si accorse che la potenza e la bravura in acrobazia di Fiorini diventavano spesso fondamentali soprattutto quando c’era da recuperare un risultato. E così Gigi Simoni, allenatore intelligente e pragmatico, tornò sui suoi passi iniziando ad utilizzare con continuità il bomber modenese che lo ripagò con tre reti, la prima delle quali in un derby contro la Samp dove grazie ad un suo gol a dieci minuti dalla fine il Genoa riuscì a riacciuffare il pareggio, dopo che proprio Roberto Mancini aveva portato in vantaggio la Sampdoria”.
Nella Lazio lo si ricorda per quel gol che salvò i biancocelesti, nel Bologna invece che ricordo hanno di lui?
“Credo che a Bologna siano due i ricordi principali. Il primo riguarda il suo cross per Savoldi al suo esordio assoluto in campionato e che permise al Bologna di sconfiggere la Fiorentina nel sentitissimo “derby dell’Appennino”. Il secondo invece è legato ai suoi inizi nelle giovanili del Bologna. Quella stagione, 1974-1975, la prima di Fiorini in rossoblu, coincise con l’ultima della carriera dell’immenso Giacomo Bulgarelli, capitano e icona assoluta del Bologna. Si racconta infatti che nelle partitelle classiche del giovedì tra titolari e riserve questo giovane e irriverente ragazzino modenese si divertisse ad andare a “cercare” Bulgarelli per dribblarlo ripetutamente, scatenando le ire del grande regista rossoblu che però fu uno dei primi a riconoscere le doti di questo guascone con i capelli lunghi e il sorriso da “presa per il culo”.
Torna a Bologna dopo l’esplosione a Piacenza: secondo lei perché i felsinei ripuntarono tutto su di lui?
“La stagione di Fiorini a Piacenza fu sensazionale. Giocando al centro dell’attacco dimostrò tutte le sue doti. Un tiro potente e preciso, capacità di smarcamento e la sua grande bravura in acrobazia. 21 reti nel calcio difensivo di allora erano un bottino importante anche per la Serie C. Fu la scelta più naturale del mondo riportarlo “all’ovile”.
Un modenese a Bologna: che significato ha?
“Aldilà del simpatico campanilismo assolutamente nessuno. Anzi, da ammiratore quale sono della filosofia autarchica di club come l’Athletic Bilbao auspico un ritorno ai settori giovanili come bacino di riferimento principale per qualsiasi squadra. Prima di guardare (e spendere) fior di quattrini altrove credo sia fondamentale ricominciare a valorizzare i ragazzi dei nostri vivai”.
È uno di quei giocatori ricordati da tutti: che effetto ha uno come lui sui tifosi?
“Domanda bellissima. Ci sono culture calcistiche, quella inglese in particolare, dove calciatori come Giuliano Fiorini sono icone assolute, figure di “culto”. Sono quei calciatori che pur non essendo stati dei fuoriclasse finiscono per essere amati e ricordati molto di più di loro colleghi più talentuosi e dotati. Sono quelli che “sudano” la maglia in ogni partita,, che danno tutto quello che hanno senza riserve o calcoli, quelli che magari non amano troppo le regole o i diktat di dirigenti e allenatori. Quelli che, proprio perché con difetti e vizi li sentiamo più “umani”, più simili a noi appassionati e che per questo motivo finiamo per amare ancora di più”.
Quanto è stato importante per Bologna e Lazio?
“Tanto per il Bologna e credo anche con qualche rimpianto per non essere stato forse apprezzato o “aspettato” come avrebbe dovuto. Alla Lazio è un’icona, un idolo senza tempo. Un nome che viene raccontato di generazione in generazione. Giuliano Fiorini alla Lazio è immortale”.
Qual è il maggior ricordo che ha di Fiorini?
“Ce ne sarebbero tanti. Ricordo il dolore dei miei amici genoani quando venne annunciata la sua cessione alla Lazio. Ricordo il suo gesto meraviglioso quando nell’estate del 1986 arrivò la notizia della retrocessione (con penalizzazione di 9 punti) alla Lazio. La squadra era in ritiro a Gubbio quando arrivò questa doccia fredda. Eugenio Fascetti, il mister di quella Lazio, riunì i calciatori nello spogliatoi annunciando “ragazzi, chi vuole può andarsene, lo capirei”. Il primo ad alzarsi in piedi fu lui, Giuliano Fiorini. “Io resto qua. Qualunque cosa accada io rimango”. Nel giro di un minuto si alzarono le mani di tutti i suoi compagni di squadra. Non se ne andò nessuno. Ma probabilmente il più toccante è del 28 agosto del 2005. E’ la prima partita del campionato e la Lazio all’Olimpico affronta il Messina. E’ un giorno di festa ma poco prima dell’inizio del match Paolo Di Canio entra in campo e si reca sotto la curva della tifoseria laziale. In mano ha la maglia di Giuliano Fiorini, morto poche settimane prima a soli 47 anni. L’intero stadio Olimpico è in lacrime e gli tributa un lungo e toccante applauso. Nel ricordo di un uomo e di un calciatore, con un cuore grande così…”
Grazie mille Remo.
Grazie a te Federico”.
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