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L’inaDieguato – ControVento – 5 Settembre

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Il titolo di un film di tanti anni fa: certo certissimo, anzi probabile. Che il Bologna di Stefano Pioli partisse sconfitto al San Paolo davanti al Nuovo Napoli Paradiso era certo, anzi certissimo. Che contro la Sampdoria, regolata in casa dalla Juve al debutto, si potesse dividere la posta era altrettanto probabile. Ma non sono stati i risultati, la nota più scontata di questo stentato avvio. Facilmente pronosticabile, tanto da meritare quote bassissime al totalizzatore, la risposta di una città che non sa aspettare. Non biasimo i tifosi, che fanno i tifosi. Critico però gli opinionisti che raccolgono consensi come una certa parte di politicanti, salendo e scendendo dal carro dei vincitori a seconda degli umori della gente. Non ci sto. Non ci sto perché è matematicamente impossibile, dopo tanti anni di lavoro, che si possa pensare alla buonafede! Il calcio insegna – a chi non sventola bandiere ma DEVE far pensare – che la prudenza non è mai troppa.

Forse sto invecchiando io. Io per scelta non boccio a priori nessuno. Cerco spiegazioni a problemi. Per esempio: Khrin non ha di sicuro brillato in questo avvio. E già ha trovato stroncatori professionisti che, scusate, di calcio ne capiscono poco. Perché lo dico? Ma perché il buon Renè di sicuro è il giocatore che ha risentito più di tutti gli altri della partenza del compagno di reparto Zaffiro Taider. Di cui Della Rocca ha raccolto l’eredità non possedendone le medesime caratteristiche. Khrin è bravo in geometria e non in poesia. Ha forse il difetto di abbassarsi più di quanto gli chieda il tecnico. Ha l’attenuante non generica di dover trovare l’equilibrio di reparto con due compagni atipici. Kone non è una mezzala classica e Della Rocca dà il meglio di sé se può giocare un po’ più avanti della linea mediana, avendo il dono della verticalità. Perciò, per favore, non sparate su Khrin. Non è né giusto né obiettivo. Il Bologna è certamente nuovo, nella costruzione della manovra. E Pioli sta cercando la migliore alchimia tattica possibile, a seconda delle caratteristiche di quelli di cui dispone. I giudizi dopo 180 minuti sono campati in aria, anche quelli degli illustrissimi esperti, che hanno scritto a chiare lettere che questa squadra farà peggio ddi quelle che l’hanno preceduta. Un azzardo bell’e buono! Al massimo si potrebbe provare a parlare di un periodo più breve, da qui a gennaio. Ed è difficile fare peggio della squadra dell’anno passato, nello stesso arco di tempo. Una squadra che non ebbe la fortuna che sul piano del gioco avrebbe meritato. Qui a Bologna però siamo specialisti nell’arte dell’autolesionismo. Ne azzecchiamo una su dieci, e passiamo per apprendisti stregoni! Ci sono fior di esempi, basterebbe citare i molti giocatori che non si è avuto la pazienza e la voglia di aspettare, come i Poli ceduti per due lenticchie e riacquistati a peso d’oro. O i cinni pianti, come Giuliano Fiorini, goleador celebrato più altrove che sotto le due torri. Io ho scelto di aspettare questo Bologna. Ho scelto di dare fiducia a un tecnico – che ha a sua volta a che fare con le piccole personalità altrui – che mi ha dato l’emozione più grande della passata stagione. Poteva andare altrove e prendere più soldi e puntare più in alto. Ha scelto Bologna. Un gesto di alto profilo. Passerà la nottata, se non si ascolteranno le sibille. Il campionato non è mutato. Il Bologna è nel gruppone, né meglio né peggio di un’altra decina di squadre, forse qualcuna di più. Il nostro destino è scritto negli astri, nella capacità del gruppo di rimanere compatto e forte, quando il mare sarà impetuoso; nella capacità, e nella fortuna, di costruirsi le occasioni da sfruttare. Gli episodi saranno determinanti. Godiamoci Alino Diamanti, bandiera per scelta; puntiamo sul panino imbottito arrivato dall’argentina, terra di giocatori di temperamento; aspettiamo la buona condizione di forma di Perez; il rientro ddi Cherubin; la crescita di Cech; le giocate di Kone; gli esami di coscienza di chi ha fallito alla prima prova e ha, nel dna, la voglia e la forza di riprovare. Ma soprattutto godiamoci il nostro cuor di Bologna, inalterato alla presenza o meno di un giocatore di classe. La fierezza di tifare per amore e solo per quello, senza che l’interesse sia preponderante, certo per vincere, ma con la capacità di dimenticare presto le sconfitte e i torti. Secondo cioè i caratteri del sangue: rosso e blu.

Concludo con il solo rammarico di non vedere più all’opera Gilardino con una maglia che si era cucita addosso. E con l’auspicio, del tutto personale (non sembri una precoce bocciatura di Bianchi) di rivedere il Gila da queste parti

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