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La nuova base è… l’altezza: come si è evoluto il Bologna?

In un’analisi sulle altezze nel calcio va analizzato anche il Bologna, che attualmente è la terza squadra più alta in A

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Vincenzo Italiano (© Bologna FC 1909)
Vincenzo Italiano (© Bologna FC 1909)

Abbiamo visto come è cresciuta la Serie A a livello fisico, ma ora l’analisi si avvicina a casa. Andremo infatti a studiare le fisicità dei calciatori del Bologna in varie epoche, prendendo tre stagioni emblematiche di riferimento per capire in che modo, e con quale rapidità, il cambio fisico ha colpito i rossoblu.

Il Bologna dello scudetto (1964)

Gli ultimi scudettati rossoblu, che poi sono arrivati alla storica Champions League dell’anno successivo, erano una squadra molto diversa da quella attuale. Ovviamente, perché anche il mondo degli anni sessanta era decisamente diverso, proprio come gli archetipi fisici degli sportivi.

La porta, difesa da Negri, aveva un’altezza media di 177.7 cm. E bisogna anche pensare che il protettore delle reti rossoblu è stato parallelamente titolare in maglia azzurra. Dunque, un dato perfettamente normale per l’epoca, che ora è decisamente invecchiato male.

In difesa, invece, capeggiava il metro e ottantuno di Janich, e la statura era di 1.76 m di media. Per fare un paragone con l’attualità, il Como, che ha la rosa più bassa dell’intero campionato 2024/25, in difesa giganteggia con ben 187.75 centimetri.

In mezzo al campo, si seguivano i dettami della difesa, con la stessa media influenzata però dal metro e ottantacinque del gigantesco Tentorio. L’attacco invece li superava di appena 10 mm: l’altezza media di squadra era dunque appena superiore al metro e settantasette. Appena cinque centimetri in più di Benjamin Dominguez, che spesso quando gioca è il più basso dei ventidue in campo.

I finalisti della Mitropa (1989)

La differenza di altezza coi Campioni d’Italia si fa già sentire in ruoli diversi. In porta c’era infatti già un “gigante” rispetto a Negri, Cusin, col il suo metro e novantatre. La difesa “superava”, almeno in centimetri, quella degli ultimi titolati d’Italia, con appena più di 1.81 metri. Però la sorpresa resta a centrocampo, dove la media non supera il metro e settantanove. Sorprendente quanto il fatto che, in attacco, gli interpreti non avevano alterato, se non di pochi centimetri, i risultati di venti anni prima. Da ciò si intuisce che l’irrobustimento delle difese non aveva ancora portato a un rinvigorimento fisico degli altri ruoli. Da cui deriva, d’altronde, la nomea del catenaccio all’italiana.

Il Bologna di Gilardino (2013)

Alberto Gilardino in allenamento

Alberto Gilardino in allenamento (© genoacfc.it)

Nel 2013, anno in cui Gilardino ha giocato sotto le Due Torri, il calcio era già cambiato. Con i portieri tutti sopra ai 190 cm e i difensori, agevolmente, sui 180, si notava già il rimpolparsi della linea mediana, in mano a Khrin. Anche le punte avevano superato il metro e ottanta con grande agilità, ma le ali e, soprattutto, i centrali di centrocampo, stazionavano tra i 175 e i 180 cm. Il calcio doveva ancora cambiare molto, dato che negli ultimi tempi questo fenomeno di rivoluzione fisica è stato amplificato. Tant’è che ora il Bologna ha una statura media di un metro e ottantasei. Con Pobega mezzala (1,88), i tempi di Pulzetti (1.75) sembrano lontani. Era che vai, emozioni che provi.

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