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Le Due Metà: Julio Ricardo Cruz – 9 feb

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Le Due Metà prova a raccontare, da un punto di vista diverso, quella che è stata la carriera di calciatori che hanno vestito la casacca del Bologna  e della squadra che i felsinei affronteranno durante il weekend. Un racconto, una storia magari già sentita ma affrontata con occhi differenti: questo è l’obiettivo che questa rubrica si prefigge.

Mancano solo due giorni a Inter – Bologna, partita che rappresentava (e che forse ancora rappresenta? Chissà …) uno scontro tra due fazioni che incarnavano il Calcio, vero e puro. Quello ricercato, quello difficile da trovare. Quello portato in campo da grandi campioni, quello trasmesso ai tifosi e ai figli di tifosi. Quello nostalgico, a tratti malinconico. Già, il Calcio.

Il Calcio alle volte è pura causalità. È anche discreta fortuna. Ma pure costanza, determinazione e voglia di sfondare il mondo. Siamo in Argentina, stadio del Banfield. Tifosi che soffrono, gioiscono, piangono e godono. Quello che succede praticamente in tutto il globo. Spostiamo l’obiettivo dal campo e andiamo nelle retrovie. Si spengono le luci, finito lo spettacolo. Il Nostro personaggio entra in gioco qui, dopo i 90 minuti di gioco: è un ragazzino, con la faccia scavata, che dimostra decisamente più dei suoi 15 anni. Si chiama Julio Ricardo e fa il giardiniere. Il caso, il Destino. Che forse nemmeno esiste. Che però si mette in mezzo, e influisce sulla tua vita.

Julio è sul campo d’allenamento, sta svolgendo il suo solito lavoro quando i giocatori del Banfiel, dispari in quel momento, lo chiamano per una partitella, se non altro per raggiungere un numero pari.

Cambia tutto, perché il Calcio, certe persone, lo hanno nel sangue. Cambia il Destino di Julio che dal quel momento lascia la falciatrice nel capanno degli attrezzi e inizia a giocare col Banfield. A casa si aveva bisogno di soldi, e uno stravolgimento del genere non può che aiutare.

Ma facciamo un salto in avanti, i flash-forward ci piacciono e non poco. Il ragazzino magro, piccolo di statura e apparentemente denutrito si è fatto forte ed è diventato uno degli attaccanti più interessanti del vecchio continente. Il Bologna, che aveva dovuto salutare Andersson, decide, con un colpo di mercato pazzesco, di assicurarsi le prestazioni dell’attaccante argentino dal Feyenoord, nell’estate del 2000.

Estate del 2000, burrasca economica, si avvertiva la potenza (e la paura) dell’euro che già si stava avvicinando.  El Jardinero si trasferisce a Bologna, come abbiamo già detto.

L’Argentina, calcisticamente, non ti lascia spazio. Se sei argentino stai pur certo che riceverai un soprannome. Stanne certo. Come è certo che tu, argentino, se non sfonderai, volerai al Metalist, o quantomeno avrai un 50% di possibilità di trasferirti nella squadra ucraina (è un dato provato).

El Jardinero. Suona bene. Ricorda il passato, dal quale non si sfugge. È un aspetto romantico, l’Argentina ricorda i propri figli, così come tu, figlio della tua Patria, sei costretto ogni giorno, alzato dal letto, dopo esserti guardato allo specchio, a fare in modo che le tradizioni non si dimentichino. Uno stigma, tatuato addosso. Non sulla pelle, sia chiaro. Nel cuore e nell’anima, questo sì.

Come avrete capito dalla scorsa puntata su Roberto Baggio, chi Vi racconta queste storie è un ragazzo di 20 anni che, per ovvi motivi, non può aver provato determinate emozioni (tipo l’aver visto giocare Cruz). Ciò che può fare è però immedesimarsi, calarsi in un passato che non gli appartiene più e fare in modo che si senta a suo agio il più possibile.

Ciò che faceva Cruz, ragazzo umile e intelligente, era proprio calarsi nella realtà nella quale si trovava. Cruz apriva spazi per Beppe-Gol, Cruz era Calcio in una giocata, Cruz era trovarsi al posto giusto nel momento giusto, Cruz era semplicemente il saper essere utile alla causa, a ciò che il momento richiedeva. Dico poco. Aveva addosso la voglia di riscattarsi, nonostante desse sempre il massimo riscattarsi da un passato umile, ma non per questo imbarazzante.

Umiltà. Una delle forze che fanno muovere il mondo. Assieme a pochi altri sentimenti, così veri quanto sinceri.

Cruz era umile. E all’Inter se ne accorsero. Umile e poco appariscente. Al Banfield lavorava quando lo Stadio dormiva, quando il palcoscenico riposava e le luci si spegnevano.

Le luci della ribalta non gli appartenevano. Non gli appartenevano perché non era il suo mondo, non lo era mai stato e, si accorse ben presto, che mai lo sarà.

Lavoro, sacrificio e passione. Ecco gli ingredienti perfetti per comprendere appieno quella che è stata la vota di Cruz. Le Due Metà di questa settimana si riferisce quindi a Julio, diviso tra Bologna e Inter. In Italia si affacciò grazie ai rossoblù, ma è con i nerazzurri che esplose, poco alla volta, passo dopo passo.

Una carriera sempre un passo indietro rispetto ai colleghi di reparto: non in termini di prestazioni (risultava spesso decisivo anche quando entrava dalla panchina), piuttosto quanto in termini di visibilità, anche se tutti gli allenatori sapevano che su di Lui si poteva contare.

Le Due Metà: Julio Ricardo Cruz, El Jardinero.

Passione, amore, sacrificio. Per il Calcio.

 

 

 

Leggi qui la puntata su Roberto Baggio.

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