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Le Storie di Almanacco: Da Hagy a Nagy.. Storie di Mercato estivo rossoblù – 19 lug

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Luglio 1989. Mancano poco meno di undici mesi all’inizio di Italia’90. La principale kermesse calcistica mondiale torna infatti a fare tappa nel Bel Paese dopo oltre cinquant’anni. L’attesa è già febbrile e i lavori di ristrutturazione degli stadi ospitanti le gare viaggiano spediti.
E’ l’estate di Oro, incenso e birra e di Liberi Liberi, dei Roxette e di Papa Winnie, del sesto governo Andreotti e dei Pink Floyd in concerto a Venezia.
The wind of change non ha ancora iniziato a soffiare da Est. Ma il Muro di Berlino e tutto il simbolismo ideologico e politico che si trascina dietro ormai da decenni inizia a mostrare ampie crepe.
E’ anche l’estate di un fenomeno inedito e indesiderato che porta alla conoscenza degli italiani di un nuovo vocabolo: la mucillagine. Una sorta di gelatina di colore beige che si presenta a chiazze nel mare e si estende su tutta la Riviera Adriatica. Fare il bagno diventa praticamente impossibile se non uscire dall’acqua cosparsi di alghe e la fuga dei turisti dalle località marittime non è solo fantasia.
A me di tutto ciò onestamente non importa un granché.
Sono un dodicenne a cui interessa solo una cosa.
Solo quella.
Non fraintendetemi. Non sono un ragazzino precoce, ma innamorato di un pallone che rotola e dintorni, molto attento alle vicissitudini del calciomercato che proprio in questo periodo entra nel vivo per regalare sogni anche solo balneari.
In estate tutti campioni, non si dice così??
Ricordo numerosi arrivi di giocatori stranieri. Spiccano il bomber teutonico Klinsmann all’Inter neocampione d’Italia del Trap a suon di record e una valanga di sudamericani. Dal trio uruguagio Aguilera, Perdomo e Ruben Paz del Genoa agli argentini Balbo e Sensini (Udinese) e Dertycia (Fiorentina), senza trascurare i brasiliani, il guizzante Joao Paulo al Bari ma soprattutto l’arrivo a Bologna del ventiquattrenne regista della Seleçao Silva Geovani.
Ho già gusti e orientamenti di tifoso ben definiti da qualche anno e siccome le sorti di una squadra colorata di rosso e blu a cuor mi stanno assai, il mio racconto riparte proprio da qui.
Reduce da una salvezza ottenuta quasi per il rotto della cuffia, l’effervescente presidente Gino Corioni ritiene opportuno dotare al tecnico Maifredi per la stagione 1989-90 di una rosa più esperta e al tempo stesso più competitiva, per navigare sereni prima possibile nel mare della tranquillità ovvero nella tanto agognata prima metà della classifica.
Acquistato con largo anticipo per beffare la concorrenza, il tarchiato centrocampista brasiliano (preso anche per far apprendistato al cospetto di un Pecci ormai prossimo al pensionamento) è il fiore all’occhiello di una campagna acquisti che vede sfilare in rossoblu il centravanti ex Lazio, Napoli e Ascoli Bruno Giordano e il Bell’Antonio Cabrini from Juventus, gente navigata che non ha bisogno di tante presentazioni se non voglia di rimettersi in discussione e di stupire ancora. Si registra anche l’acquisto del centrale bulgaro Iliev per puntellare una difesa che vede a guardia dei pali l’affidabile Nello Cusin e ancora a torreggiare nonostante la statura non eccelsa il Mitico Villa, coadiuvato dai giovani Luppi e De Marchi in cerca di conferme ai massimi livelli. Un vasto assortimento si delinea a centrocampo, dai podisti di lunghe corse Bonini e Bonetti al fosforo del genietto brasiliano e di Eraldone, dai colpi di classe cristallina di Poli al dinamismo di Stringara. Là davanti, il già citato Giordano o in alternativa Pinone Lorenzo, supportato dal mio idolo giovanile Lorenzo Marronaro.
A grandi linee è questa la rosa consegnata al tecnico bresciano dalla società. Senza dubbio alcuno migliorata rispetto a quella dell’anno passato, di fatto epurata dai “bidoni” Rubio, Demol e Aaltonen.
Manca però la ciliegina sulla torta.
Manca il nome in grado di far accendere definitivamente la fantasia dei tifosi.
E Corioni ce l’ha, certo che ce l’ha, come un asso nella manica del miglior baro, quasi da presentare alla platea rossoblu come regalo anticipato per i novant’anni del glorioso BFC.
Mentre la squadra è già in ritiro e ha disputato le prime insapori amichevoli montane, ogni mattina che il Signore manda in terra, mio nonno mi incarica di andare in edicola a comprare una copia de “il Resto del Carlino”. La mia curiosità in tema di calciomercato rossoblu è talmente grande che non faccio in tempo a tornare a casa che ho già divorato durante il breve tragitto il consueto articolo quotidiano a firma di Oddone Nordio. Tiene banco in questo periodo l’interesse ormai non più velato del numero uno felsineo di far vestire dei sacri colori uno dei più forti giocatori di tutto il panorama europeo, ovvero la stella rumena Gheorghe Hagi, ventiquattrenne talentuoso centrocampista offensivo mancino della Steaua Bucarest, non a caso dunque soprannominato il Maradona dei Carpazi e considerato nella sua terra natia quasi una divinità calcistica. Anche grazie alle sue reti, assist e formidabili prestazioni, la squadra più vicina alle simpatie del dittatore Ceausescu fa già da alcuni anni il pieno di scudetti e Coppe nazionali. Una realtà anche di livello europeo, che solo un paio di mesi prima si è dovuta arrendere in finale di Coppa dei Campioni allo strapotere del Milan di Sacchi e delle sue furie olandesi.
Grazie alle sue attività di imprenditore nel ramo dei sanitari – il marchio Saniplast è stato sponsor della Dinamo Bucarest – e dei giusti agganci anche a livello politico nel mercato dell’Est, Corioni a più riprese tenta il colpaccio memorabile, tipo quello alcuni anni prima portato a termine dalla coppia Del Cin-Mazza, rispettivamente amministratore delegato e presidente dell’Udinese, con un certo Zico.
Ma la cortina di ferro nonostante qualche segnale di apertura pare ancora resistere e poi bisogna precisare in Romania ogni attività sportiva è fortemente controllata dallo Stato. Di conseguenza, i trasferimenti di giocatori avvengono tramite accordi politici prima che economici.
Portare Hagi in Italia e soprattutto a Bologna è una pista che il patron bresciano cerca di percorrere sino all’ultimo giorno utile. Vuole riuscire nell’impresa laddove altre prestigiose società europee anche di rango hanno fallito. Le tenta davvero tutte, si dice anche andando persino a scomodare il famigerato Ceausescu in persona.
Sui giornali diventa una sorta di telenovela di mezza estate e io ne sono testimone. Le parole di carta che ritrovo ogni mattina sui quotidiani per me hanno un valore biblico. Sono l’unico mezzo per carpire le novità calcistiche rossoblu con frequenza e una buona notizia può contribuire a migliorare il mio umore mattutino. Spesso non vedo l’ora che arrivi il momento di correre in edicola per tuffarmi in quel mare di illusioni e speranze travestite da inchiostro nero. E talvolta ci credo pure. Beata giovinezza. A volte è proprio meglio non capire come stanno effettivamente le cose.
Alla fine ovviamente Hagi non arriverà e noi tifosi lo possiamo solo ammirare da avversario e da vicino alcune settimane più tardi in occasione della Pescara Cup, mini torneo estivo che ha il valore di una scamorza e di tre caciotte ma che con grande sorpresa i ragazzi di Maifredi riescono a portare a casa, sconfiggendo proprio la titolata formazione del geniale numero dieci rumeno.
Corioni alcuni anni più tardi rivelerà: “Per il mio lavoro viaggio da sempre nei Paesi dell’ Est. Ho avuto così l’opportunità di conoscere Hagi a diciotto anni. Era già un fenomeno. Ricordo che feci di tutto per portarlo a Bologna. Me lo promettevano ma poi cambiavano idea. Questa storia andò avanti per cinque anni finché cadde il regime di Ceausescu e il Real Madrid fu il più lesto ad approfittare della situazione”. Sì, Hagi va a rafforzare le merengues ma quando Corioni leva definitivamente le tende da Bologna rilevando il Brescia, non molla e tiene d’occhio il suo pallino fino a quando riesce finalmente nel suo intento di portarlo nella città della Leonessa e fondare una sorta di colonia rumena insieme ai vari Raduciou, Sabau, Mateut con il tecnico Lucescu a far da capobranco. Altra storia. Altri colori. Altre speranze, più o meno vane.
Dall’estate di Hagi fino ad oggi io di illusioni calcistiche ne ho registrate un bel po’.
Potrei fare un elenco dettagliato.
Dalle voci quasi veritiere di Gullit in rossoblu.. ma dai…
O lo sbarco a Bologna di un Maradona in rotta di collisione con Ferlaino… affare complicato ma ormai in via di definizione secondo una nota testata giornalistica con un titolo a nove colonne in prima pagina.
La trattativa in dirittura d’arrivo di giocatori attempati ma ancora fisicamente al top come Weah o Nedved. E il sogno Lavezzi, primo acquisto del presidente per un pomeriggio, ovvero l’albanese Taçi. O la bufala radiofonica Margheritoni.
Sarebbero tutte storie da raccontare.
Da chimere a tragiche realtà non saprei poi cosa scegliere. Anche viste dal vivo, purtroppo.
Tanti sono i giocatori stranieri transitati sotto le Due Torri diciamo non adeguati per non denigrare nessuno o che non hanno soddisfatto le aspettative o solo in parte. Mi salta in mente uno degli ultimi tedeschi con i baffi, Waas, vacua risposta bolognese al Voeller ma al contrario, piuttosto allergico a gonfiare la rete rispetto al suo connazionale romanista.
Un talentissimo abulico ungherese, capace di inventare lanci millimetrici e gol d’autore, ma litigioso persino con i massaggiatori e amante viscerale delle sigarette e concessionarie di auto di lusso.
Un ragazzo di colore molto più bravo a battere le rimesse laterali che a mettere in mezzo palloni decenti.
Un altro più propenso alle risse.
Il nuovo Zidane.
Uno arrivato con il gommone (mica vero).
Il Baggio dell’Egeo o Mister Europa.
Un altro dedito alle sparizioni, talvolta in circostanze misteriose.
Giocatori dal ruolo indefinito, considerati attaccanti in patria e riscoperti difensori qua, peraltro scarsi. Non solo ciofeche, ovviamente. Ma anche arrivi di giocatori enorme caratura e affidabilità. Campioni veri.
Kolyvanov, K. Andersson, Ingesson, Cruz e Nakata.
Poi Perez e Mudingayi, lasciate ogni rotula voi che c’incrociate.
E nel suo piccolo, Adailton. O anche Turkylmaz.
Il talento puro di Ramirez e avvicinandoci ai giorni nostri, la naturalezza del diciottenne Diawara nel giostrare sulla linea mediana con l’esperienza del veterano.
E ora un grosso in bocca al lupo va ai due nuovi arrivati nella famiglia rossoblu, l’ala ceco Krejci e il centrocampista centrale ungherese Nagy, entrambi giovanissimi e dicono di bellissime speranze. Che sono poi le mie insieme a tutti i tifosi rossoblu.
Luca Carboni, nella sua ultima canzone di successo, canta “Bologna è una regola”. Non solo aggiungo io, è anche una maglia da indossare e da onorare con rispetto. Sempre.
Anche chi giunge da un Paese straniero lo deve sapere fin da subito. Illusione o no.

(Foto Statopotenza.eu)

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