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Lucumí: «Sogno una Big, ma il mio presente è il Bologna»

Il centrale rossoblù si è espresso in una lunga intervista a Relevo sulla sua carriera e sul suo futuro sotto le Due Torri.

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Calciomercato Lucumí Bologna
Jhon Lucumí (©Damiano Fiorentini)

Il difensore centrale del Bologna Jhon Lucumí ha rilasciato alcune dichiarazioni dal ritiro della Nazionale Colombiana. Il giocatore si è espresso con i giornalisti di Relevo su tematiche personali, affrontando anche domande sul suo futuro con la maglia rossoblù.

L’intervista a Jhon Lucumí

Gli esordi e la passione per il calcio

L’intervista comincia con una breve introduzione del giocatore e delle sue caratteristiche in campo, come la sua ottima capacità nel gioco aereo ed il suo soprannome “The Wall“, metafora della città. Nel tentativo di proseguire il suo percorso vincente anche questa estate con la maglia della Colombia in Copa America, il difensore si è espresso sulla sua carriera sportiva oltre che sulla straordinaria stagione vissuta.

Quando è iniziata la tua passione per il calcio? – «Sempre avuta. La mia famiglia è sempre stata molto appassionata di calcio, sia mio padre che mia madre. A causa della famiglia di mio padre, che si riuniva molto, ci riunivamo sempre per guardare il calcio».

Sulla sua carriera sportiva e sugli esordi come attaccante – «Come ogni ragazzo, volevo fare gol. Ero sempre in panchina, ma quando sono arrivato al Deportivo Cali hanno iniziato a farmi retrocedere di posizione. Prima come ala, terzino, poi come centrale di difesa. Mi piace fare il centrale, anche se quando ero più giovane non era il mio ruolo preferito. Lo trovavo noioso. Poi ha cominciato a piacermi».

Il ruolo da centrale e le esperienze

Nel ruolo di difensore centrale, a quali giocatori ti ispiravi quando eri piccolo? «All’epoca ce n’erano diversi. Ad esempio, Córdoba, Yepes e Perea. Quei tre erano quelli che idolatravo di più quando ho iniziato a guardare il calcio. Oltre a loro c’erano Thiago Silva e Puyol. Loro erano i miei riferimenti. La combinazione di Thiago Silva e Puyol rappresentava il difensore centrale perfetto per me».

Lucumí sulla sua esperienza al Genk

Hai avuto l’opportunità di giocare in Belgio, a Genk. È stato difficile adattarti all’inizio? Ricordi qualche momento che ti ha segnato in quella fase? – «L’adattamento è stato molto complicato, soprattutto a causa della lingua. Per me è stata molto dura i primi mesi. Dopo è migliorata molto e ovviamente ho avuto compagni di classe che parlavano spagnolo e mi hanno aiutato molto di più. I primi mesi sono stati molto difficili, ma poi tutto è andato benissimo. Ricordo sempre quando giocavamo la Champions League. Eravamo nel girone con il Salisburgo, e Haaland era molto giovane. Eravamo, tra virgolette, superiori e pensavamo di essere stati fortunati ad essere stati inclusi in quel gruppo. Il primo giorno in cui abbiamo giocato contro di loro, loro hanno segnato sei gol contro di noi. Haaland ne ha fatti quattro».

Quali sono le maggiori differenze tra il calcio europeo e quello sudamericano? – «La differenza principale che ho trovato è stata nel ritmo del gioco. Quando giocavo in Colombia avevo più tempo in tante azioni che in Europa non mi capita. Inoltre, nel calcio europeo c’è anche più intensità perché devi essere sempre in movimento».

Lucumí sull’arrivo al Bologna

Le belle stagioni in Belgio ti hanno aiutato a fare il salto in un campionato competitivo come quello italiano. Perché hai deciso di andare al Bologna? «È stata un’occasione molto bella perché avevo tanti riferimenti che avevano giocato in Italia. All’inizio non ne ero molto sicuro perché in Belgio ero tranquillo e arrivando a Bologna, dove non sapevo cosa sarebbe successo, c’era una squadra che non sapeva quale fosse la loro proposta per me. Sono una persona molto competitiva: non mi piaceva l’idea di partire tanto per partire e ritrovarmi all’improvviso in Italia e basta. Non volevo stare in un club che pensasse solo a salvarsi. Bisognava andare partita dopo partita e sognare cose impossibili. Non ne ero molto sicuro. Poi ho incontrato Marco Di Baggio (probabile errore di traduzione di Relevo, Marco Di Vaio ndr), mi ha parlato del progetto e mi ha convinto. L’obiettivo era essere tra i primi 10 e provare ad entrare nei tornei internazionali, e questa è sempre stata la mia mentalità».

Sulla qualificazione in Champions League

Quest’anno hai fatto una stagione storica, la qualificazione alla Champions League. Quando hai iniziato a credere che fosse possibile? – «È stata una stagione incredibile. Verrà ricordato molto perché sono quasi 60 anni che questa squadra non gioca in Champions League. Aver raggiunto questo obiettivo è stato impressionante. Ho provato a non pensarci, ma era impossibile. Ogni volta che eravamo tra i primi quattro ci pensavi. Ci hanno detto che non dovevamo farlo. Bisognava andare partita per partita, ma è chiaro che pensi di entrare in Champions League. Si è visto nella squadra che lo voleva. Il nostro pensiero era la Champions e non potevamo perdere per non restare indietro in classifica».

Lucumí su Thiago Motta

La figura chiave del progetto è stato Thiago Motta. C’è stato un momento con lui che ti ha segnato?«C’era un ottimo legame con il gruppo. Lo aveva preparato l’anno precedente quando avevamo avuto una buona stagione. La squadra era molto competitiva. Vi dico solo che ci sono stati momenti in cui gli allenamenti sono stati più duri delle partite stesse. Motta è una persona molto esigente. Non si accontenta di poco. Dopo che una partita era finita, pensava a quella successiva. Cerca di spingersi al limite in ogni allenamento in modo che la partita possa andare come previsto».

Sul suo futuro a Bologna

La tua bella prestazione ha attirato l’attenzione delle grandi squadre d’Europa. Il tuo futuro è a Bologna o ti piacerebbe provare qualcosa di nuovo?«Sono tranquillo e grato al Bologna perché mi ha dato la possibilità di credere in me stesso e di far parte di questo progetto, ma ovviamente non mentirò che lavoriamo per raggiungere grandi squadre. La cosa più importante per me adesso è la Copa América e continuare a crescere».

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