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Marco Macina: «Ero l’unico a correre più forte con il pallone che senza»

Marco Macina ripercorre la sua carriera in una lunga intervista: «Scelte sbagliate. Il sì al Bologna? Non ero pronto. Oggi faccio l’impiegato e aspetto la pensione»

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Marco Macina e Roberto Mancini vincono lo Scudetto Allievi nell'anno 1981/82 con il Bologna (©Bologna FC 1909)
Marco Macina e Roberto Mancini vincono lo Scudetto Allievi nell'anno 1981/82 con il Bologna (©Bologna FC 1909)

Correva l’anno 1977 quando le strade di due ragazzi destinati a percorsi diametralmente opposti si incrociano a Bologna: Roberto Mancini, tredicenne di Jesi, e Marco Macina, giovane talento di San Marino, vengono convocati per un provino. Entrambi classe 1964, attaccanti, vengono subito presi nelle giovanili rossoblù. Il primo diventerà campione e allenatore, mentre il secondo scomparirà dai radar del calcio a 23 anni.

Macina: «una carriera alla James Dean, breve e fulminea»

Ala sinistra, tecnica e padronanza del pallone, persino «meglio di Cristiano Ronaldo». Sempre in coppia con Roberto Mancini, nelle giovanili del Bologna i due facevano «il finimondo». Nato a San Marino nel 1964, Macina debutta in serie A con il Bologna quando aveva appena 17 anni: Juventus-Bologna, fine novembre 1981, la squadra rossoblù perse 2-0. Poi Arezzo e Parma in Serie B, l’occasionissima con il Milan ancora in A, per chiudere con la Reggiana e Ancora.

Poi l’infortunio e il ritiro dal calcio a soli 24 anni: dopo cinque domeniche di Serie C con l’Ancona si rompe il crociato, stop di un anno. Macina era pronto a ripartire, ma poi ha rifiutato alcune proposte in quanto «non all’altezza, né per prestigio né dal punto di vista economico».

Oggi Marco fa l’impiegato e aspetta la pensione: «quando mi chiedono se sono felice? Avrei potuto fare una carriera diversa, ma è andata così».

L’intervista a Marco Macina

Marco Macina ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport.

Le meraviglie su Marco Macina – «Dai 14 ai 19 anni ero il migliore di tutti. Un dirigente della nazionale giovanile azzurra mi disse: “sei il più forte dei fortissimi”. Persino il grande Nils Liedholm sosteneva che fossi l’unico calciatore a correre più forte con il pallone che senza».

La parabola di Macina – «Ho vissuto tre vite. La prima fino ai 19 anni, poi dai 19 ai 24 e infine quella che sto vivendo da quando mi sono ritirato».

Come ha affrontato l’addio al calcio? – «Sono un po’ un perdente di successo. Ma la verità è che bisogna prendersi le responsabilità di quello che si è fatto, ma anche di quello che non si è fatto. Se penso a quello che avrei potuto combinare con il mio talento allora si, non ho fatto niente. Non cerco alibi, sia chiaro: nessuno ha condizionato la mia carriera o pregiudicato nulla».

Cos’è andato storto di quella carriera così promettente? – «Qualche scelta sbagliata, la prima fu il sì al Bologna. Avevo appena 14 anni, ero ancora un bambino, non ero pronto. Andavo in ritiro con la prima squadra, ma potete immaginare come ci si può sentire a condividere lo spogliatoio con gente che ha 10-20 anni in più? Poi varie opportunità non colte, l’infortunio al crociato a 24 anni, le circostanze della vita. Mi è mancata un po di fortuna nel calcio, cosa che non mi è mancata invece nella vita: a 20 anni sono uscito illeso da un incidente spaventoso sulla Firenze-Bologna. Quel giorno ho avvertito una presenza sovrannaturale che mi ha salvato».

Le grandi occasioni di Marco Macina: tra Inter e Milan – «A proposito di opportunità non colte, a tredici anni sarei dovuto finire all’Inter, ma il giorno del provino mi venne un’infezione. Al Milan ci arrivai nel 1985 e lì trovare spazio era dura: in attacco c’erano Hateley, Virdis e Paolo Rossi. Debuttai anche in Coppa UEFA, dove un giornalista chiese a Liedholm se non fosse un rischio far giocare un ragazzino come me. Lui gli rispose che ero stato votato ovunque come miglior giocatore d’Europa e lo mise a tacere».

L’infortunio: la fine di una carriera d’oro – «Era il 1988 quando mi sono rotto il crociato. All’epoca dopo due anni di inattività potevi riscattare il cartellino, io l’ho fatto ed è stato un errore. Il tempo è passato, sono rimasto fermo un altro anno e poi qualcosa è scattato in me. Finita la mia carriera».

Il presente di Marco Macina: oggi fa l’impiegato e aspetta la pensione – «Per anni non ho fatto niente. Solo a 37 anni ho incominciato a lavorare come impiegato all’Ufficio Turismo di San Marino. Ora, a 60 anni, penso alla pensione. Ho una compagna che amo, Simona, e una figlia adolescente, Alessandra. Lei mi chiede se sono felice: certo, avrei potuto fare una carriera diversa, ma è andata così».

Leao: in lui la stessa scintilla di Marco Macina – «Oggi mi rivedo in Leao: potenzialmente è un fenomeno, ma in giro non ce ne sono tanti. Il livello si è abbassato drasticamente. Qualche giorno fa in televisione guardavo Borussia Dortmund-Barcellona: per come giocava la difesa del Barca, io sarei andato in porta da solo almeno una decina di volte».

(Fonte: Furio Zara – La Gazzetta dello Sport)

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