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Massimo Marazzina: “ Al Bentegodi Il Chievo è tosto. Che peccato aver giocato poco in A col Bologna” – 22 dic

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Doppio ex. Giovanissimo a Verona, centravanti maturo ma con tanta voglia di ruggire a Bologna, come dimostrano (e hanno dimostrato) le 45 reti e la promozione raggiunta coi felsinei. Il Conte Max, Massimo Marazzina, ha rappresentato per Bologna l’attaccante al quale aggrapparsi nei momenti di difficoltà, soprattutto durante la stagione del ri-approdo in Serie A. adesso, dopo aver dato l’addio al Calcio, vive negli Stati Uniti con la famiglia, ed è proprio da oltreoceano che i nostri Giacomo Guizzardi e Davide Centonze lo hanno contattato, chiedendogli di ripercorrere all’indietro la sua carriera, fatta di gioie ma anche, come vedremo, di qualche delusione. Con un personalissimo ringraziamento al primissimo attaccante che mi ha fatto davvero amare questo gioco, Massimo Marazzina, numero 41.

 

Tu sei sbocciato calcisticamente nel Chievo Verona: ci racconti la favola dei Mussi volanti (Chievo Verona 2001/2002, che rimase in vetta alla classifica fino a metà dicembre)  vista da chi, quella storia, l’ha scritta?  Ve lo aspettavate?

“Onestamente no, quando siamo partiti per il ritiro i giocatori che avevano già fatto la Serie A erano pochi, oltre a me altri due o tre. A inizio campionato Io mi davo per primo già per spacciato, pensavo che forse avremmo fatto 5 o 10 punti. E invece poi abbiamo incominciato a crederci, a giocare bene, i punti arrivavano perché appunto giocavamo bene, siamo stati anche ogni tanto fortunati, però tutto quello che ci è arrivato ce lo siamo guadagnato. Alla fine eravamo i giocatori giusti nel contesto giusto, i giocatori bravi nell’ambiente idoneo: se non hai la materia prima su cui lavorare non fai granché.”

Nel Bologna hai trovato una sorta di seconda giovinezza, al pari di altri colleghi (Gilardino, Di Vaio): come hai vissuti quegli anni?

“Benissimo! Prima ero stato anche a Torino, dove avevo fatto bene. Io vado molto a sensazione, per venire a Bologna avevo fatto sacrifici, mi ero tolto dei soldi perché, memore delle esperienze che avevo avuto volevo andare in una società importante, rilanciarmi e rilanciarla. Volevo rivincere il campionato perché so cosa significava lottare per il titolo in una piazza che con la Serie B non centrava nulla. Ho scommesso su me stesso: il primo anno è andato così così, nel senso che c’era bisogno di ambientarsi, ma alla fine ho portato a termine ciò che mi ero prefissato. Sono contento, e la città mi ha apprezzato anche per quello.”

Ci racconti l’emozione di calciare il rigore contro il Pisa: le sensazioni, l’ambiente, quanto pesava il pallone, come sembrava la curva alle tue spalle …

“Forse mi è pesato di più calciare quello di due settimane prima contro il Messina: arrivavamo da una sconfitta la settimana prima contro il Grosseto parecchio importante, c’erano stati molti problemi; quel rigore, dato a pochi minuti dalla fine del primo tempo, onestamente mi è pesato molto di più. Contro il Pisa invece, nonostante il rigore fosse pesante, ero sicuro di segnare, quindi mi sarei rifatto anche se avessi sbagliato il penalty.”

La soddisfazione e la delusione più grande nella sua carriera calcistica e il compagno più forte con il quale ha giocato.

“La soddisfazione è stata la convocazione in Nazionale, che è l’apice della carriera un po’ di tutti: il periodo nel quale sono andato io era il momento nel quale c’erano i più grossi campioni dell’epoca; era difficile farsi spazio tra di loro, si parla di gente al top. Delusioni? Sicuramente non essere riuscito a disputare il campionato di Serie A con la maglia del Torino a causa del fallimento della società dopo aver vinto il campionato l’anno prima e col Bologna uguale, dopo aver trascinato la squadra in Massima giocare poco in Serie A, a causa delle pochissime possibilità che mi furono concesse. Per caratteristiche, i compagni con i quali mi sono trovato meglio sono stati Lamberto Zauli a Bologna e Andrè Pinga a Torino.”

Ogni anno si parla del Chievo come una papabile squadra da retrocessione, ma anche in questa stagione si ritrova a 21 punti, lontanissima dalla zona calda. Qual è la ricetta dei gialloblu?

“La squadra sta in una città importante come Verona, ma non ha il pedigree di altre compagini. Come si vede tuttora le basi sono solide, fanno le cose con testa, i risultati si vedono. C’è una programmazione di base alle spalle, sanno quello che fanno e quello che vogliono. Magari non tanti soldi, stanno attenti al bilancio ma sanno inserire i giocatori giusti nell’ambiente corretto. È questa la ricetta giusta. Non è più favola, sono ormai 15 anni di Serie A, è una squadra che sta in pianta stabile in Massima Serie.”

Come vede la partita di venerdì?  Segue ancora le sue due ex squadre?

“Il Chievo in casa non è facile da affrontare, ho visto una partita il mese scorso al Bentegodi: è una squadra che si difende bene, ha buone individualità. Si affrontano due squadre già sicure di salvarsi al 100%, che possono quindi giocare per divertirsi, per mettersi in mostra e per il risultato, oltre che per il pubblico che paga e che va a vederli. Vado però sempre a vedere i risultati quando giocano, questo sì: le squadre nelle quali ho giocato (Bologna, Chievo e Torino) sono le prime che guardo la domenica, sperando sempre facciano bene.”

 

 

 

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