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Meteore Rossoblù – La malasanità – 3 Mag

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La malasanità è una carenza generica della prestazione dei servizi professionali rispetto alle loro capacità che causa un danno al soggetto beneficiario della prestazione. Fortemente radicata in Italia, ogni anno causa morti o sofferenze a pazienti incolpevoli, ogni settimana nei telegiornali si sente parlare di nuovi casi, da operazioni andate male, a medici incompetenti, svogliati o distratti, fino a pinze dimenticate negli stomaci delle persone o sacche di sangue infetto trasfuse a pazienti e che, a causa di quelle, si ammalano a loro volta. L’interesse mediatico di questi scandali arrivò, nel 1996, anche sul palco di Sanremo, quando Elio e le storie tese, nella loro “La terra dei cachi” cantavano “Io fantasma non sarò e al tuo plasma dico no, se dimentichi le pinze fischiettando ti dirò… Ti devo una pinza… ce l’ho nella panza!”.

Questo problema in realtà non è così radicato solo nel nostro paese ma anche all’estero, basti pensare alla Turchia e alla storia di Stephen Appiah che, dopo un intervento al ginocchio sinistro per un normale infortunio ha rischiato l’amputazione della gamba e addirittura la morte a causa di una tromboflebite venuta per una mancata prescrizione della terapia anticoagulante.

Nato ad Accra il 24 dicembre 1980 e primo di quattro fratelli, Stephen Appiah muove i primi passi nel mondo del calcio negli allievi del Mighty Victory e passa, nel 1995 agli Hearts Off Oak dove esordisce a sedici anni nel massimo campionato ghanese. Le ottime prestazioni in campo lo fanno notare subito agli osservatori europei e, dopo un provino al Galatasaray di un mese dove viene scartato perché troppo magro, l’allora osservatore dell’Udinese Pietro Lo Monaco lo porta nel capoluogo friulano. I primi mesi di ambientazione in Italia sono difficili sopratutto sotto l’aspetto culinario perché Stephen, non conoscendo i cibi, si nutre solamente di gelati e biscotti ma gli insegnamenti dell’allenatore Alberto Zaccheroni gli permettono di esordire in serie A già durante la prima stagione. Dopo tre campionati in bianconero, nel 2000, passa al Parma, perdendo però la preparazione a causa di un infortunio di lunga durata che l’aveva costretto a trasferirsi a Chicago per le cure. Dopo appena ventinove presenze in due anni, nel 2002 viene ceduto in prestito al Brescia per giocare con continuità, e sotto la guida di Mazzone e al fianco di Roberto Baggio, gioca titolare 31 partite e segna 7 gol, quasi tutti con tiri da lontano dopo le sponde di Luca Toni. L’ottimo campionato tra le file delle rondinelle fa innamorare Marcello Lippi che lo mette in cima alla lista dei desideri per la sua Juventus e, dopo una telefonata dell’amico dai tempi di Parma Thuram, la sua avventura a Torino inizia. Durante la prima stagione gioca 30 partite e segna un gol, così da conquistarsi la riconferma anche la stagione successiva, dopo l’arrivo in panchina di Fabio Capello. Il nuovo mister non ripone piena fiducia in lui e gli preferisce il nuovo acquisto Emerson,  così che  Appiah scende in campo solamente 16 volte segnando 2 gol. L’estate successiva passa al Fenerbache in Turchia, e qui inizia il suo calvario… dopo due stagioni da titolare durante la terza si infortunia gravemente al ginocchio e, a causa della mancata cura anticoagulante post-operazione rischia la gamba e la vita a causa di una tromboflebite e si vede anche sospeso lo stipendio dalla squadra turca a causa del prolungarsi del periodo di cura. Ai problemi di salute si uniscono quelli con la legge a causa dei numerosi debiti lasciati in giro per l’Italia e che vedono il giocatore perdere cause su cause nei vari tribunali che non gli permettono nemmeno di accasarsi a squadre italiane (nonostante i vari interessamenti) a causa dei possibili pignoramenti. La moglie e i tre figli, così, vengono lasciati ad abitare in una villetta sulle colline di Torino, mentre lui prende la residenza a Nichelino, nell’hinterland, in un casermone popolare abitato da extracomunitari senza permesso di soggiorno. Senza ne campanelli ne buchetta delle lettere si rende irreperibile dalle autorità giudiziarie. Si viene a scoprire che, oltre ai vari procuratori avuti durante la sua carriera, a chiedere i danni è anche l’ex proprietario di casa di Torino perché, prima di trasferirsi in Turchia, il giocatore decise di dare una festa di addio al bel paese invitando parecchi membri della comunità ghanese e parecchie ragazze ucraine “da compagnia” e tutti assieme, tra orge e ammucchiate, decisero di sfasciare la casa, sradicando lavandini, gabinetti, infissi e lasciando bottiglie di champagne galleggiare nel loro stesso contenuto…. una Seratina tranquilla insomma, una briscola, un pinnacolo e tutti a letto presto perché insomma, era pur sempre un professionista, no?!

Sistemati i suoi problemi con la legge nel 2009 ottiene un periodo di prova con il Tottenham, ma a causa dei continui rinvii per la firma sul contratto della squadra inglese li abbandona e passa in prova al Rubin Kazakistan, anche lì senza fortuna. 

Il primo novembre 2009 firma un contratto annuale con il Bologna ma, a causa dell’ennesimo infortunio, scende in campo solamente mezza partita contro il Catania e gioca titolare l’ultima di campionato a Cagliari. Dopo il mancato rinnovo a fine stagione passa al Cesena dove gioca 14 partite prima di trovarsi nuovamente svincolato. Rimasto senza contratto passa, nel gennaio 2012, al Vojvodina in Serbia e, dopo 14 partite, al Persepolis in Iran, prima di appendere le scarpette al chiodo nel 2012.

Durante la sua carriera ha vestito anche la maglia delle varie rappresentative della sua nazione, riuscendo a conquistare nel 2006 la prima storica qualificazione al mondiale tedesco, poi gli ottavi di finale della competizione, giocando titolare e segnando su rigore il gol vittoria contro gli Usa. Nel 2010, al mondiale sudafricano, accarezza il sogno semifinale (sarebbe stata la prima volta per una squadra africana), sogno che però viene infranto dalla “parata”di mano si Suarez sulla linea di porta e dal successivo rigore sbagliato da Gyan Asamoah nell’ultimo minuto dei supplementari, che costringe la sua nazionale alla lotteria dei rigori e all’eliminazione.

 

È stato più forte di tutto Appiah, più forte della sfiga, più forte dei problemi legali, più forte degli effetti della malasanità ma, pur riuscendo a tornare in campo, non fu più lui, e la sua carriera andò poco a poco a spegnersi…

 

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