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Mircea Lucescu: «Sarei potuto diventare allenatore del Bologna»

Un campione, in tutti i sensi. Questo è ciò che si evince dalle parole di Mircea Lucescu, che sono riportate qui sotto.

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Autografi dei giocatori dello Shakhtar
Autografi dei giocatori dello Shakhtar (© shakhtar.com)

Quando si parla di vittorie nel calcio è doveroso nominare Mircea Lucescu, con una carriera che abbraccia oltre quattro decenni e un palmarès impressionante di 37 trofei, tra cui 3 titoli internazionali. Attuale commissario tecnico della Romania, Lucescu è il terzo allenatore più vincente della storia, dietro solo a giganti come Sir Alex Ferguson e Pep Guardiola.

Di seguito è riportata un’intervista rilasciata dal tecnico al Corriere dello Sport, in cui possiamo esplorare il viaggio del 79enne allenatore nato a Bucarest, che ha segnato profondamente il calcio europeo allenando club come Galatasaray, Shakhtar Donetsk, Inter e Dynamo Kiev.

Le parole di Mircea Lucescu

Sul suo futuro da allenatore: «Non ho alcuna intenzione di smettere di allenare, perché è il mestiere che so fare meglio. Anzi, è l’unica cosa che so fare. Quanti anni sono ora? Trenta, quaranta, quarantacinque, ormai ho perso il conto. Ci sono la passione, le motivazioni, l’entusiasmo ed è troppo tardi per riempire il mio tempo libero con altri impegni. Non si può immaginare come ancora mi diverta. Dove metterei il mio spirito, il mio vigore, tutto quello che ho dentro se non nel calcio? E la mia gioia per essere tornato a fare il CT della Romania è enorme».

Com’è arrivato ad essere CT della Romania?
«La verità è che me lo ha chiesto la gente. 43 anni fa ero ancora calciatore quando mi proposero di fare anche il CT della Romania. Accettai, costruii una bella nazionale rumena, e dopo una vittoria 4-0 contro la grande Austria mi cacciarono per fare posto al figlio del presidente. Sono rimasto alla Dinamo Bucarest, poi nel 90 sono arrivato a Pisa».

Un viaggio a Bologna: «Sarei potuto diventare l’allenatore del Bologna. Mi voleva Gino Corioni, mi chiamò più di una volta, ma Romeo Anconetani fu più sveglio, e soprattutto più veloce. Un giorno me lo vidi arrivare con il contratto tra le mani e fino a quando non lo firmai non se ne andò».

Su Romeo Anconetani: «Si faceva fare il pediluvio in una tinozza nella hall dell’hotel di Volterra dove il Pisa andava in ritiro, o quando all’Arena Garibaldi andava a buttare il sale dentro il campo prima delle partite. Si metteva il sale sopra le scarpe, poi andava sul campo e camminando lo gettava via. Non ricordo bene dove vincemmo, di sicuro era contro una grande squadra, Anconetani venne nello spogliatoio e ci disse: vi piacerebbe parlare, vero? Oggi parlerò soltanto io, perché il Pisa è mio, non vostro».

Su Gino Corioni: «Il grande Gino (Corioni). Anche con lui quante lotte, quante battaglie anche dialettiche, io sono sempre stato un uomo della società, ho lavorato sempre per fare il bene dei miei presidenti, anche a costo a volte di prendermi le critiche dei tifosi. E questo perché la cosa più vergognosa del calcio è il fallimento di una società».

Mircea Lucescu e la sua parentesi all’Inter: «Firmai con l’Inter e fecero l’errore di dire pubblicamente che a fine anno sarebbe arrivato Marcello Lippi. Tí puoi immaginare i calciatori: tutti volevano giocare, una baraonda, poi si infortunarono Ronaldo, Simeone e Zamorano e io quando capii che sarebbe stato un delirio andai dal presidente e gli dissi che mi sarei dimesso. Ebbene, lui si rese conto delle mie difficoltà e volle a tutti i costi pagarmi ugualmente e per intero il mio ingaggio. Si dimostrò una grandissima persona».

Una riflessione sul calcio di oggi: «Dove sono finiti quei meravigliosi rapporti umani con i presidenti di allora? E ti aggiungo anche i calciatori. Presidenti e calciatori erano l’anima della squadra. Ora con i fondi non sai nemmeno chi sono i presidenti. È come se il calcio avesse perso l’anima, ecco. Moratti, Agnelli, Berlusconi, le grandi famiglie lo hanno abbandonato, hanno dovuto via via abbandonarlo. E guardate che lo stesso discorso vale per le bandiere: Maldini, Del Piero, Totti, Antognoni, prima la gente si identificava in loro, era una meraviglia, uno spettacolo. E ora? Non resta che legarsi alla storia e ai colori, è la filosofia del calcio di oggi, ma di sicuro era molto più bello prima».

Sulla sfida in Champions League tra Bologna e Shakhtar: «Potrei anche essere allo stadio. Mi piacerebbe, essendo in Italia in questi giorni. L’Ucraina è il mio secondo Paese, per tanti motivi. Perché quello che sta succedendo ti unisce, te lo porti dentro, lo vivi con un emozione, con un’angoscia che non ti abbandona mai. Poi perché quando fai questo mestiere e vinci, anche un piccolo villaggio ti sembra il più bello del mondo. Pensa allora come possa vedere io l’Ucraina dove ho vinto sia con lo Shakhtar che con la Dinamo».

Fonte: Stadio

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