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Musa Juwara, storia di un self-made boy

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Musa Juwara. Un nome che fino a qualche mese fa avrebbe destato ben pochi sussulti ed attenzioni, ma che dopo aver ammattito l’Inter in un afoso pomeriggio di luglio, è finito in men che non si dica sotto i riflettori mediatici di tutta Italia. La sua storia parte da lontano, da quella piccola lingua di terra chiamata Gambia, in Africa Occidentale. Da lì, come molti altri suoi coetanei, cominciò il suo viaggio che il 10 giugno 2016 terminò sulle coste siciliane, a Messina, dopo essere stato soccorso dalla nave tedesca “Fsg Frankfurt”. 

Ed è proprio nella nostra penisola che scatta la scintilla. Durante una partita amatoriale organizzata dai ragazzi locali, Musa venne aggregato ad una rappresentativa composta solo da migranti, denominata “Neri per Caso” e fu lì che tutti ne notarono le indubbie qualità. Diego Nardiello, uno dei ragazzi con cui legò maggiormente, lo invitò ad unirsi alla Virtus Avigliano gestita da Franco Bochicchio e allenata da mister Vitantonio Summa. Il giovane Musa entusiasta accettò e in neanche metà stagione mise a segno quasi trenta reti, sintomo di un ineccepibile talento. Chiaramente le prestazioni altisonanti attirarono gli occhi delle big del calcio italiano, Inter e Juventus tra tutte. Racconta Bartolomeo Filadelfia, storico allenatore della Virtus, che quando la Juventus chiamò, onde evitare problemi, dissero che il ragazzo era infortunato, anche se in realtà stava già facendo il provino con i nerazzurri. Nonostante avesse impressionato in entrambi i provini le due società preferirono prendere tempo e la trattativa non andò in porto. Con il trasferimento di Musa da Ruoti in un’altra struttura di accoglienza era arrivato il momento di compiere il salto di qualità verso il professionismo, destinazione Chievo Verona. Trasferimento che rischiò di saltare a causa di un cavillo legale legato all’impossibilità di trasferimenti di minori extracomunitari non accompagnati. Ed è qui che subentra Loredana Bruno, moglie di Summa, avvocatessa che, insieme all’avvocato vicentino Vittorio Rigo chiese ed ottenne l’affidamento del ragazzo facendo ricorso contro la sentenza della F.I.G.C. Gesto di profonda umanità che consentì al “piccolo Musa” di spiccare il volo: il The Guardian lo inserì tra i 50 migliori giocatori del 2001 e il giovane rispettò le attese siglando 13 goal in due campionati ed impressionando tutti nel prestigioso torneo di Viareggio con la maglia del Torino. La sua carriera era un continuo vortice di emozioni, mai avrebbe pensato che la sua scalata sarebbe stata così rapida e il suo esordio in serie A non tardò ad arrivare, subentrando a Pucciarelli in Chievo-Frosinone del 25 maggio 2019. 

E arriviamo ai tempi recenti, allo strano campionato ai tempi del Covid che, per molti – anche giustamente – risulterà privo di significato ed emozioni, ma non per Juwara che contro l’Inter sigla il suo primo goal in serie A nel tempio del calcio, in quel San Siro deserto che esalta e risalta tutte le dinamiche del campo e tutta la sprizzante gioia di un self-made boy come il numero 26 rossoblu, riconoscente verso chi ha creduto in lui («Ormai qui è una star, è il nostro Cristiano Ronaldo» dirà Summa) e pronto ad accogliere le prossime sfide che il futuro gli riserverà. 

Fonte: Vincenzo Lacerenza – Il Fatto Quotidiano  

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