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Bologna

Notti di lacrime, gioie e speranze

Un’avventura lunga 19 anni: da bambino ad adulto attraverso le notti che hanno segnato la storia rossoblu

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Notte di festa Piazza Maggiore
Notte di festa in Piazza Maggiore (©Eugenio Fontana)

NOTTE DEL 18 GIUGNO 2005

E’ tardi, tardissimo. O almeno, al me di 10 anni appena compiuti sembra notte fonda. Ho seguito Bologna-Parma incollato a ETV Rete 7 mentre sento in lontananza i boati dello stadio. Mi brillano gli occhi, anzi piango proprio. Ma cosa gliene frega a quel Gilardino lì di aiutare il Parma che tanto ha già detto che andrà al Milan…Gol di ginocchio poi…

Non realizzo, o, forse, realizzo fin troppo bene senza riuscire minimamente a razionalizzare una retrocessione. Tragica certo ma limitata al contesto sportivo. Per me, invece, è una tragedia vera e propria. Il Bologna è la priorità numero uno. All’intervallo si gioca a calcio e tutti vogliono essere Claudio Bellucci, recentemente venuto a trovarci proprio a scuola, qualcuno Igli Tare.

Il pianto di chi ha appena visto un piccolo mondo che crolla mi accompagna a letto mentre mio papà torna dallo stadio mesto e mi consola. Anche mia sorella ci tiene a consolarmi facendomi un disegno con i giocatori rossoblu felici in campo. Siamo in B. Pensare che c’è chi dice che poco più di 5 anni fa eravamo in semifinale di Coppa Uefa…Con una punta di affascinata curiosità, penso di non avere la più pallida idea di cosa voglia dire.

POMERIGGIO DELL’1 GIUGNO 2008

Sono anni strani quelli della cadetteria. Si vince tanto, inedito per me ma si rimane sempre (due anni venivano percepiti come “sempre”) in B. Mentre la primavera incalza, però, si ha la sensazione che qualcosa di molto bello possa succedere. 1-0, 0-1, successi sudati che si susseguono al coro di “Forza Vecchio Cuore Rossoblu”.

Contro il Pisa non posso mancare, questa volta ci sono anche io. 13 anni, distinti laterali che poi puntualmente diventano centrali, gruppetto di amici con rispettivi genitori. Dall’Ara tutto esaurito come non l’ho mai visto, maglietta del Bologna dell’anno prima “Eugenio 11” e cappellino con la visiera color nocciola con uno scudetto e scritta decisamente vintage. Ci posizioniamo in piedi sotto gli sponsor della Torre di Maratona.

Rigore del “Conte Max” Massimo Marazzina e festa grande. Non vado in piazza ma mi va bene così. Ci può essere qualcosa di meglio? A pochi giorni dalla fine della seconda media, il Bologna torna in Serie A; per me torna in Paradiso.

In estate faccio per la prima volta l’abbonamento in Serie A e penso a quali campioni vedrò ogni settimana, cerchiando le date sul calendario. A gennaio vedrò Kaka e Ronaldinho, a febbraio Ibra, prima tanti altri e li vedrò giocare contro il Bologna. Mantenere la categoria è l’unica cosa che conta, al resto non si pensa neanche. In quella stagione la salvezza è accompagnata da “Fino alla fine Forza Bologna” e a questa si accompagna la consapevolezza di poter divertirsi ma al tempo stesso soffrire terribilmente.

GIORNI PRE-NATALIZI DI DICEMBRE 2010

I rossoblu sono in serie A da due stagioni, io in quinta ginnasio alle prese con le versioni di greco. Comincio ad avere un quadro più completo di cosa significhi società di calcio, presidente e problemi societari. Anche perché se ne parla sempre. Le voci su stipendi non pagati si rincorrono, un filo di preoccupazione comincia a pervadermi. E quindi cosa succederà? Falliamo? Il campo racconta tutt’altro. Il 2-1 segnato da Di Vaio contro il Chievo allo scadere rimane uno dei migliori momenti mai vissuti allo stadio. Una squadra che lotta contro tutto quel che accade intorno, un tifo che sa bene cosa accade intorno ma ruggisce da dodicesimo uomo e io sono uno di quei dodicesimi. Non ce ne va proprio bene una, penso. Dopo campionati di salvezze sofferte, quando abbiamo una rosa forte, ecco che ci si mettono di mezzo i “casini” societari, ma che sfiga dai…

Sotto l’albero arriva tal Zanetti, non un “ricco scemo” (cit.), ma uno che si presenta con un profilo diverso rispetto ai tanti personaggi accostati ai rossoblu in quel periodo. Diciamo che anni dopo lo avrei conosciuto meglio sulla sponda bianconera di Basket City. Mister Segafredo salva il Bologna ma poi un mese dopo se ne va. Ma come, e adesso? Calma, ancora ne capisco poco. Il Bologna lo ha salvato e possiamo ripensare alle questioni di campo tra 14° e 16° posto. Ma va benissimo così, l’importante è esistere.

POMERIGGIO DELL’11 MAGGIO 2014

Ci siamo divertiti con Ramirez e Diamanti. Di Vaio ha lasciato un ricordo indelebile nei cuori rossoblu. Persino il tanto “odiato” Gilardino che una notte di tanti anni prima mi aveva fatto piangere, ha suonato il violino sotto la curva. Per un attimo abbiamo anche sfiorato l’idea che la salvezza non bastasse più e nemmeno un campionato da metà classifica. Per un attimo soltanto, però. Il campionato 2013-14 è una Caporetto sempre più annunciata, io mi stufo e mi stacco dal Dall’Ara. A dire il vero quell’11 maggio allo stadio ci sono ma l’idea di retrocedere è già parecchio interiorizzata. Se non sarà oggi, allora ci toccherà la prossima settimana: è un po’ il mantra dopo l’addio forzato di “Alino” a mercato invernale finito. Vince il Catania 1-2, in B sia noi che loro. Non c’è tragedia, non c’è disperazione ma solo tanta consapevolezza di un naufragio annunciato. E allora mi rimetto sui libri per preparare l’esame di maturità che si giocherà durante i mondiali, magari almeno lì ci divertiamo. Del Bologna che ne sarà? Non mi interessa nemmeno poi così tanto.

NOTTE DEL 9 GIUGNO 2015

Come è facile cambiare prospettiva in appena un anno. E’ la magia del calcio, del tifo e forse anche della fede. Bologna-Pescara è una montagna russa di emozioni infinite. Già, perché il 90° non arriva mai mentre Pasquato prende la traversa e dobbiamo barricarci in difesa 10 contro 11. In realtà stiamo difendendo in 35 mila, difendendo quell’1-1 che potrebbe voler dire ritorno in Serie A, al termine di una stagione certamente divertente (perché in B si vince spesso e quindi ci si diverte) ma vissuta da condannati.

Lo stadio lo frequento ogni tanto, in curva, ma non posso definirmi né aficionados né fedelissimo. Però, in quella notte di giugno ci sono. Biglietto comprato non appena messi in vendita (per un pelo visto che sono stati polverizzati) ed entusiasmo misto ad un filo di scaramanzia. La stagione non è andata esattamente come ci si aspettava. E’ iniziata l’era Saputo, ogni spauracchio societario, dopo, nella mia percezione, un lustro abbondante, è volato finalmente via una volta per tutte.

Eppure si è corso tantissimo tra sogni europei e promozione accompagnata da un mercato faraonico. Niente di tutto ciò, per il momento. Playoff guadagnati da quarti della classe e Avellino eliminato al primo turno grazie al miglior piazzamento in classifica. In curva si suda freddo poi caldo (è pur sempre giugno), non si capisce niente ma alla fine è festa grande. Invadiamo il campo, vado ad abbracciare Zuculini, Tacopina si prende la scena. C’è anche Saputo ma è più composto.

Non è finita, si va in piazza e si canta fino a notte fonda. Lo so, avrei l’esame di microeconomia il giorno dopo, ci andrò con gli occhiali da sole, queste notti non sono all’ordine del giorno. Almeno, così credevo.

NOTTE DEL 28 APRILE 2024

E l’ho creduto per altri 9 anni. Vivacchiare in Serie A non è male, per i primi periodi, reduci dalla cadetteria, va benissimo così. Qualche soddisfazione per un successo inaspettato, qualche giovane di prospettiva scoperto e una classifica che oscilla tra il 10° e il 14° posto. Ci vorrà qualche stagione di consolidamento ripete la dirigenza, ma queste stagioni cominciano ad essere un po’ molte. Soprattutto perché ogni epilogo è uguale a quello precedente e la speranza di qualcosa di diverso si affievolisce.

Finisce l’era Donadoni, comincia e finisce velocemente quella Inzaghi poi arriva Mihajlovic. Qui, qualcosa pare cambi. Si riaccende la fiamma europea sepolta da quasi 20 anni? Non proprio, ma si riaccende qualcosa. Il dolore per la malattia unisce il gruppo che proprio dallo straordinario esempio del mister trae la forza per consolidarsi come squadra e, quando arriva Thiago Motta (oltre ad un certo Sartori), comincia la scalata a quel sogno quasi abbandonato, quello che un’intera generazione non ha mai toccato con mano. Comincio a raccontarlo anche io.

Come fai a crederci dai

Il Bologna non perde più. Vince, vince sempre. Si scherza: “Oh con questo ritmo si va davvero in Europa”. Lo scherzo però comincia ad assumere i connotati di uno scenario sempre più plausibile, sornioni lo diciamo tutti sottovoce con ancora uno sguardo (deformazione da tifoso rossoblu) sul distacco dalla terzultima.
Successi, tanti e uno dopo l’altro, il sogno che sembra diventare realtà è difficile da metabolizzare anche se al Dall’Ara ormai è una festa continua e quando la squadra torna dalla trasferta, l’accoglienza del tifo è sempre più incredibile. Come fai a crederci dai.
Arriva il primo match point europeo: domenica 28 aprile alle 15, come ai vecchi tempi.

Io 28enne, nel frattempo, lo sport lo racconto da giornalista e proprio quel pomeriggio il lavoro mi porta fuori Bologna. Cosa sperare? Che non succeda proprio oggi? Non succede alle 17 ma alle 20. Momenti di calcoli e classifica avulsa ma il verdetto è: Bologna in Europa.
Gioia quasi incredula, non si sa cosa provare, non mi è mai accaduto nulla di simile.
La società, però, non si espone, sta cucinando qualcosa di molto più grosso.

FINE SETTIMANA DELL’11/12 MAGGIO 2024 – L’EPILOGO MIGLIORE DEL MONDO

Non un singolo momento ma un fine settimana che non si ripeterà per lungo tempo. O forse la mia mentalità da tifoso suggerisce questo, perché ancora non ho capito cosa sia effettivamente accaduto. A Napoli può arrivare il colpo di tacco definitivo e poi si attenderà la matematica certezza di quella cosa che adesso non si deve più dire sottovoce.
Io questa volta a Napoli ci sono e posso raccontare tutto dal vivo: il lavoro più bello del mondo ha dei privilegi non da poco.
Weekend che parte dal venerdì con la visita di una città dalla passione viscerale mista a venerazione per il calcio che ti accoglie nella propria festa, facendoti annusare quello che l’indomani potrebbe succedere anche sotto le Due Torri. Ci si riconosce tra rossoblu in giro per i vicoli partenopei, siamo tutti lì per lo stesso motivo e siamo in tantissimi. L’aria è magica, sta per accadere qualcosa di bellissimo, lo sento, lo sentiamo tutti.

Al “Maradona” succede. Succede che andiamo in vantaggio due volte dopo 10 minuti e Ravaglia para un altro rigore, siamo terzi in classifica sopra la Juve. Allora è proprio il nostro anno! La squadra canta con la curva, la curva (spettacolare, bellissima, tutti gli aggettivi possibili) canta con la squadra. In tribuna stampa ci si danno, anche per rispetto, dei “cinque” composti ma decisamente entusiasti.

La festa è con chi sei

Sorride, e non più sotto i baffi, anche Thiago Motta, non lo dice ma lo sa bene, benissimo: siamo in altissimo e domani sarà festa grande!
Lo è già a Casteldebole: un fiume di folla ad accogliere per l’ennesima volta la squadra. Chi è in giro per i Quartieri Spagnoli vede tutto dal telefonino, vorrebbe essere lì ma al tempo stesso sa che in molti avrebbero voluto fare cambio. Tutti contenti anche perché…
Anche perché domenica alle 20.45 Atalanta-Roma è la partita definitiva. C’è chi la guarda già in piazza sperando (e sotto sotto sapendo) che al 90′ sarà delirio e chi, come il sottoscritto ed altre centinaia di tifosi, sta tornando proprio da Napoli in quel momento e conta di arrivare in stazione giusto giusto per le 23.
2-0 Atalanta a fine primo tempo, è fatta ma i treni accumulano ritardi.

Ma come, non riusciremo ad essere in Piazza Maggiore nel momento clou? No, ma la passione che diventa tensione pervade tutto il treno, tra rossoblu ci si trova tra le carrozze a seguire insieme gli instanti finali della partita e al triplice fischio…
Vabbè, che ve lo dico a fare…
Ognuno ha il suo momento, la sua emozione e il suo ricordo. Magari l’ha immortalata, magari l’ha voluta vivere senza telecamere, magari non se ne capacita.

“Ricordatevi con chi siete, dove siete, perché non ve lo dimenticherete mai” disse Fabio Caressa il 9 luglio 2006. Lo dice tutta Bologna nella notte tra il 12 e il 13 maggio 2024.
Lo dico anche io, quasi 19 anni dopo quella maledetta ma forse anche benedetta notte del 18 giugno 2005.

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