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Orgoglio rossoblù dall’estero – 14 ott

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Seguire il Bologna (e la Serie B) dalla Francia, e in particolare dall’Alsazia, non è facile: qui gli sport preferiti sono basket, volley, hockey sul ghiaccio e handball; il calcio esiste ma è di secondo piano (anzi, di Championnat de France amateur, ohibò). Ma in qualche modo, con radio online, risultati in tempo reale e amici solerti mi arrangio a ricostruire le res gestae di Acquafresca, Casarini, Cacia e tutta la bella compagnia (ho azzeccato la rima?). Il Bologna di Lopez non è partito benissimo, ma può migliorare: siamo in Serie B, vuoi proprio che con Ternana, Cittadella e Vicenza non combiniamo niente? Eh? (L’anno scorso alla quinta partita abbiamo pareggiato col Milan al Dall’Ara… vabbè, altri tempi ormai…). La squadra dall’anno scorso è cambiata quasi completamente, com’è normale dopo la retrocessione in Serie B; bisogna ripartire da capo, come se tutto quello che è stato prima non fosse mai esistito. È la fregatura del calcio: puoi essere una squadra di glorie storiche ma tutta l’attenzione resta focalizzata sul presente, e potete capire che fastidio può dare parlare con gente calciofila che non conosce minimamente i trascorsi del grande Bologna. Fatto sta che se vai all’estero e parli con la gioventù locale (o la gioventù Erasmus itinerante per l’Europa) di calcio, di Serie A, e del Bologna, ti capiscono solo se gli citi nomi come Diamanti, Ramirez, e financo Taïder. Davvero. A giugno sono stata a Bruxelles, e il 22, dopo la vittoria sulla Sud Corea, non potete immaginare che festa degli algerini, e anche qualcuno con indosso la maglia di Taider: ebbene sì, Taider è “mainstream”, almeno in Algeria, lo è stato a Bologna e ora lo è a Sassuolo. In ogni caso vi ho messo anche la foto scattata in Grand Place, se non ci credete: ho le prove! Insomma, agli stranieri devi raccontare da capo tutta la storia, che il Bologna, dopo i sette scudetti, anche negli ultimi anni è stata a volte una bella squadra, ma non ha mai avuto un progetto tecnico a lungo termine (vagli però a spiegare che teoricamente ha un futuro “centro tecnico”, quello sì, a lunghiiiissimo termine…). Ma è inutile, il Bologna ha avuto degli ambasciatori italiani e/o stranieri di tutto rispetto anche per l’estero, e ora non li ha più. Si ricomincia un altro ciclo. Sempre con l’orgoglio rossoblù vivo, anche in Francia (è bello spiegare ai francesi che la loro capitale, Parigi, non è mica l’unica città ad avere come antichi colori simbolo le rouge et le bleu…). E in attesa di sviluppi calcistici interessanti, di vittorie al Dall’Ara, di doppiette di Acquafresca, faccio la cantastorie in giro per l’Alsazia, raccontando le bellezze passate e presenti di Bologna, che non è solo una mortadella, ma una bella città gentile, che aspetta solo di essere amata, apprezzata e scoperta (messaggio in generale per il mondo ma anche per i probabili prossimi acquirenti del Bologna calcio…).

 

Sempre e ovunque Forza Bologna!

 

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