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Più Stadio – La storia di Adriano “Barile” Mottola, grande tifoso rossoblù
All’anagrafe Adriano Mottola, classe 1917, per tutti “Barile”, soprannome nato dalla mente dello storico portiere felsineo Mario Gianni. Nato in una famiglia molto povera, fu l’amicizia con l’uruguagio Francisco Fedullo a spalancargli le porte del Bologna, un’occasione e un dono per uno come lui, che viveva per Bologna e il Bologna. Come scrive Federico Monti sulle colonne di “Più Stadio”, gli inizi da raccattapalle hanno lasciato poi ampio spazio alle capacità di Adriano, resosi una vera e propria risorsa per la società rossoblù. In lui hanno riposto grande fiducia tutti i dirigenti giunti alla corte felsinea, che aveva questi colori cuciti addosso. «Il momento più buio fu lo spareggio con il Parma» afferma il figlio Andrea «lì lo vidi con le lacrime agli occhi e, nel tornare a casa in macchina, nessuno dei due aprì bocca». Attimi di oscurità, ma anche di grande luce quelli vissuti da “Barile”, presente durante tutti i successi più fulgidi della prima metà del secolo scorso. diventati anche episodi incastonati nella memoria. Memorabile in tal senso l’episodio della gallina Vittoria, regalatagli e diretta verso un amaro destino: «Vittoria era molto magrolina, si ripromise di mangiarla solo alla prossima sconfitta del Bologna, che vinse lo scudetto, salvandole così la vita». Spettatore diretto dello spareggio contro l’Inter del ’64, Andrea Mottola ha i colori rossoblù cuciti addosso, facendone un elemento della sua quotidianità nel rispetto di sole due fedi: Bologna e Fortitudo. “La patria è una fede” fece incidere suo padre sulla tomba di un suo commilitone e, da lì a mutarne il motto con connotati rossoblù, il passo è stato brevissimo. «Mio padre ha coniato il detto “Il Bologna è una fede”, ma lo striscione che lo riporta è ora custodito da alcuni ragazzi della curva e non può essere più esposto a causa delle nuove normative». La fama di Adriano ne precedeva l’arrivo, tanto che sull’elenco telefonico accanto al suo nome, vi era il soprannome “Barile”, segno di quanto fosse radicata la sua presenza nel tessuto sociale della città. Un grande personaggio non solo per quanto fatto a Bologna e per il Bologna, ma anche per i grandi valori con cui ha vissuto e che ha trasmesso ai propri eredi: «Mio padre mi ha insegnato l’educazione, il rispetto del prossimo, l’altruismo e di sostenere la propria squadra senza mai insultare gli avversari, precetti che metto in atto ancora oggi».
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