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Quando Biavati mostrò il “doppio passo” ai maestri inglesi
SINE QUA NON, siamo qua noi – Quando Biavati mostrò il doppio passo ai maestri inglesi
Era un sabato di maggio del 1939, esattamente il 13 maggio. Allo Stadio San Siro di Milano i due volte campioni del mondo (1934 e 1938) guidati da Vittorio Pozzo incontravano i maestri del calcio dell’Inghilterra. Gli inglesi erano così convinti della propria superiorità che non parteciparono ai Mondiali di calcio fino al 1950, il famoso mondiale del maracanazo, quando l’Uruguay soffiò clamorosamente la vittoria al Brasile nello stadio più famoso della storia, il Maracanà di Rio de Janerio.
I campioni del mondo dell’Italia nei due precedenti con l’Inghilterra non avevano ancora vinto. Era finita 1 – 1 nel 1933 a Roma nel primo confronto ufficiale tra le due nazionali, ed era finita 3 – 2 per l’Inghilterra a Londra nel 1934, pochi mesi dopo che l’Italia aveva vinto il suo primo mondiale.
Gli inglesi erano dunque, imbattuti contro l’Italia e non persero l’imbattibilità contro la nazionale italiana neanche quel giorno. La prima vittoria italiana contro gli inglesi, i nostri lettori attenti lo ricorderanno, avvenne solo nel giugno 1973, quando allo Stadio Comunale di Torino la squadra guidata da Ferruccio Valcareggi, batté l’Inghilterra per 2 – 0 con gol di Anastasi e Capello. Cinque mesi dopo, il 14 novembre, ancora una volta con gol di Fabio Capello, a quattro minuti dalla fine, l’Italia vinse per la prima volta contro la nazionale inglese in Inghilterra.
La partita del 13 maggio 1939 era, quindi, molto attesa. Vi assistettero 60.000 tifosi e l’incasso fu di 1 milione e duecentomila lire. Il momento in cui vogliamo soffermarci, però, è il 4’ del secondo tempo. Il primo tempo si era concluso con gli inglesi in vantaggio per 1- 0, grazie a un gol di Lawton al 19’. Quel giorno il bolognese Amedeo Biavati era veramente immarcabile. Ecco come il quotidiano La Stampa raccontò, il giorno dopo, l’azione del pareggio: “S’è iniziato appena ed ecco la folla balzare in piedi, urlare con quanto fiato ha in gola. Biavati, servito da Depetrini, poco oltre metà campo, lotta fianco a fianco con Hapgood, «Gibilterra del calcio», il terzino più astuto e più forte dell’Inghilterra. […] Lotta, non cede, lo supera, lo lascia alle spalle, avanza tutto solo. Sono attimi indimenticabili. Finalmente l’azzurro è solo, con la palla fra i piedi, a non più di cinque metri da Woodley. Tira a colpo sicuro. Segna. Ed è il finimondo.” (La Stampa, Domenica 14 maggio 1939, pagina 5). L’autore di questo articolo era Luigi Cavallero, celebre giornalista che avrebbe perso la vita nella tragedia di Superga, quando il 4 maggio del 1949 l’aereo che trasportava il Grande Torino si schiantò sulla Basilica di Superga.
Quello che Luigi Cavallaro non raccontò in questo bell’articolo, ricco di entusiasmo, è che, per liberarsi di Hapgood, Amedeo Biavati utilizzò il suo celebre “doppio passo”. Questo movimento consiste nel simulare il tocco di palla con un piede, sfilando poi l’avversario con l’altro piede. Uno dei maggiori ammiratori di questo gesto tecnico fu Pier Paolo Pasolini (come abbiamo raccontato in un precedente articolo della rubrica “SINE QUA NON. Siamo qua noi”).
La partita terminò 2 – 2. Al 19’ del secondo tempo Piola portò in vantaggio l’Italia con un celebre gol realizzato di mano (47 anni prima di Maradona anche Silvio Piola realizzò un gol di mano all’Inghilterra) e al 32’ Hall realizzò il gol del definitivo 2 – 2.
I lettori che amano leggere storie di calcio possono approfondire la storia di Amedeo Biavati nel libro Fabio Campisi, Amedeo Biavati. Il mito del doppio passo, Minerva Edizioni 2014.
Purtroppo, quattro mesi dopo quella partita, con l’invasione della Polonia da parte della Germania, il mondo sarebbe precipitato nel baratro della seconda guerra mondiale, il momento più buio dell’intera storia dell’umanità.
Amedeo Gargiulo
Gli articoli precedenti della rubrica “SINE QUA NON. Siamo qua noi” sono consultabili al seguente link
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