Bologna FC
RdC – Troppi cartellini rossi – 31 gen
Come quei bambini che a scuola finiscono per prendersi sempre la sgridata dalla maestra, anche quando non hanno fatto niente. Benvenuti a Bologna, scrive Doriano Rabotti (Resto del Carlino), la squadra dei capri espiatori, dei cattivi che poi così cattivi non sono. È che li disegnano così gli arbitri, a forza di cartellini colorati. E non sempre giustificati, anzi… Poniamoci allora qualche quesito. È davvero così scorretto il Bologna che guida la classifica in solitudine dei club con il maggior numero di espulsioni? La risposta è no, basta analizzare le circostanze per capirlo. Perché è vero che i rossoblu finora hanno rimediato 8 espulsioni in 21 partire, di cui 7 sono stati rossi diretti: due per Gastaldello e Krafth, una per Di Francesco, Viviani e Džemaili, mentre l’ottava è avvenuta ai danni di Pulgar ad Udine, per somma di ammonizioni. Ma letto così, quello del Bologna sembrerebbe il bilancio di un gruppo che lotta per non retrocedere e deve arrangiarsi spesso con le cattive maniere, perchè con le buone non ci arriva. Analisi incoerenti con i dati relativi alle ammonizioni, e soprattutto ai falli commessi. Come è che una formazione così cattiva naviga “soltanto” diciottesima per numero di gialli conquistati (se così possiamo riferire) con 42 cartellini, 2 di media a partita? Meglio per correttezza hanno fatto Napoli (35 in 22 gare, a match 1.59) e Juventus (41 in 21, trend 1.95 a sfida). E come è possible che se si misura la capacità di non commettere falli, il Bologna sia secondo dietro agli azzurri partenopei che, inciso, saranno ospiti sabato al Dall’Ara? La squadra di Sarri ne ha fatti 201, i petroniani 238. L’ultimo di questa graduatoria è il Genoa con 358 irregolarità di gioco. Le altre bande più scomposte, nell’ordine Atalanta (347), Torino (344), Palermo e Cagliari (340), Crotone (322) sono tutte tra le prime nove per espulsioni. E questi sono incipit che hanno un senso logico. La storia dei cartellini rossi al Bologna, per dirla alla Vasco, un senso non ce l’ha.
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