Bologna FC
RS – REPUBBLICA: La difesa del dg Zanzi – 26 Ott
Per gentile concessione dell’autore, riportiamo con molto piacere una interessantissima e tempestiva intervista a Roberto Zanzi (al momento nell’occhio del ciclone) dell’amico Simone Monari apparsa oggi in esclusiva su Repubblica. Potete trovare l’articolo originale a questo link.
Criticato dai soci, nel mirino della tifoseria, Roberto Zanzi, direttore generale e sportivo del Bologna è oggi un uomo solo. «Se serve un capro espiatorio – dice lui, nel suo studio di Casteldebole – sono qui. Errori ne abbiamo commessi, ma sarebbe il caso di ristabilire la verità dei fatti, per esempio ricordano che gli impegni delle gestioni precedenti dovevano essere coperti da asset che non si sono verificati nella dimensione prevista. E che gli aumenti di capitale in programma non sono stati effettuati completamente negli anni».
Si può dire che a settembre 2010, con Porcedda, il Bologna aveva un debito in Lega di 30 milioni?
«Cercare sempre i colpevoli non ha senso, diciamo che a marzo 2011, prima del mio arrivo, il Bologna era già a -18.5, e oggi in Lega quel debito è coperto».
A forza di vendere….
«C’erano altre strade? Forse sì. Dall’altra parte dell’Appennino ne hanno scelta un’altra. Una volta fallito il club l’hanno preso e rilanciato, dalla C2. I soci del Bologna, il salvataggio l’hanno evitato. Ereditando quel fardello lì. Oggi, fossimo ripartiti dalla C2 e avessimo sempre vinto, staremmo in B. Invece abbiamo centrato un 9° e un 13° posto. Certo non mi aspettavo quest’inizio, ma l’elenco di squadre che son riuscite a risalire dopo brutte partenze è lungo».
Ma si può fare calcio così? Gli ultimi aumenti di capitale dicono 150 milioni la Juve, 60 l’Inter, 48 il Milan, 27 la Fiorentina, più di una ventina la Samp. Il Bologna di 6 promessi, ha messo in cassa 600 mila euro.
«Immettere nuove risorse in un contesto di crisi come questo non è stato possibile, bisogna prenderne atto. E allora lavoriamo anticipando i crediti certi, i diritti tv, gli sponsor, i soldi di abbonamenti e biglietti. E contemporaneamente dilazionando il più possibile i pagamenti. Il bene supremo è la serie A e dobbiamo cercare di mantenerla».
Ha senso non tentare un riavvicinamento con Massimo Zanetti?
«Zanetti è un socio, le altre dinamiche non le conosco».
Intanto gli stipendi lievitano. Lei non era prima di tutto l’uomo dei conti?
Invece vi è toccato abbattere il capitale.
«Quello era un atto dovuto ai sensi di legge e noto da tempo agli amministratori. Se non ricapitalizzi, la perdita va abbattuta. Quanto agli ingaggi, per aumentare il livello tecnico abbiamo dovuto forzare alcune situazioni. Abbiamo ereditato contratti pluriennali ancora in essere di giocatori non funzionali al progetto tecnico, per una cifra di 5 milioni annui. A Gilardino e a Gabbiadini si poteva anche rinunciare, ma poi dove saremmo finiti? Vero che dovremo darci una dimensione confacente ai nostri mezzi, anche rinunciando, a volte, a chi ha pretese che non possiamo permetterci».
Intanto avete venduto il vendibile. Ramirez a 14 milioni, Taider a 11 in comproprietà e tanti altri. Tutti portati da altri dirigenti. S’offende se glielo ricordano?
«Capisco il momento, ripeto, errori se ne fanno, l’importante ora è lavorare per ridurli, più che cercare colpevoli. Non dico chi ho portato io, dico che qui, noi, tutti assieme, abbiamo preso anche Gilardino, Diamanti, Gabbiadini, Sorensen, Kone, Lazaros, Belfodil e altri».
Non era stato Bagni a portare il francese?
«No, noi».
E poi?
«E poi avevamo l’accordo col Lione, ma con l’agente del ragazzo non l’abbiamo trovato. Tanti incontri, ogni volta cambiava il prezzo, alla fine l’ha preso il Parma».
Abero?
«L’errore è stato quello di non riuscire a capire che in Italia non si sarebbe adattato a questo nostro tipo di calcio. Ci sono alcuni ragazzi che hanno bisogno di tempi che da noi solo l’Udinese è in grado di concedere. Sanchez, per dire, mica è sbocciato subito, lo so bene, lo prendemmo quand’ero all’Udinese. Vale anche per Osvaldo, che acquistammo a Bergamo ed è il centravanti della nazionale».
Lei però il ds non l’ha mai fatto. Il segretario sì, il dg a Bergamo, Siena e Udine, il ds mai.
«A Udine e a Bergamo ero il responsabile dell’area tecnica. Qui sono coadiuvato da Adriano Polenta e abbiamo uno staff di 5 persone che monitorano il mercato globale. Da agosto a oggi abbiamo già scoutizzato decine e decine di partite, centinaia di giocatori».
Il rammarico più grande sin qui?
«Aver previsto certe situazioni e non essere riuscito ad evitarle. Stop».
Pioli sbanda. Rischia grosso domenica?
«Tutti noi riteniamo di avere valori diversi rispetto a quelli sin qui mostrati, non riuscendoli ad esprimere è chiaro che aumentano critiche e pressioni. Ma Stefano ha le capacità per invertire la rotta e migliorare col tempo questo percorso».
S’è pentito di non essere andato al colloquio con Della Valle?
«Il Bfc è sempre stato per me un punto d’arrivo, avevo un impegno e l’ho rispettato ».
Lei per lunghi mesi ha convissuto con una grave malattia. La mattina faceva gli esami al Bellaria, poi correva a Casteldebole. Oggi è nel mirino di tutti. Ne è valsa la pena?
«Il lavoro mi ha aiutato ad uscire da una situazione complicata, è stato uno stimolo continuo ad andare avanti».
Beh, certo, dopo un’esperienza simile anche le critiche le appariranno sotto un’altra luce. Alle dimissioni ha pensato?
«Non sono uno che si arrende, il mio lavoro lo porto avanti con impegno e serietà. Vedrete che ne usciremo».
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