Bologna FC
Simmetrie – Manu Ginóbili e Rodrigo Palacio
Basket e calcio, due mondi opposti, paralleli, due modi diversi di vedere lo sport e di intendere la vita. La stessa città di Bologna può dirsi esemplificativa di questo dualismo, vantando ben due squadre di basket, Virtus e Fortitudo, e una squadra di calcio, il Bologna F.C. All’ombra delle Due Torri tantissime sono le storie, gli aneddoti, le curiosità che questa città ha da offrire, numerosi i talenti che ha sfornato, terra di seconda giovinezza per molti, di definitiva consacrazione per altri. Proprio queste ultime due dinamiche rispecchiano a pieno le vicende di due giocatori che, in modi ed in tempi diversi, hanno lasciato un segno indelebile sulle pagine della storia di Bologna: stiamo parlando di Rodrigo Palacio e di Emanuel Ginóbili, il primo arrivato nel 2017 in un Bologna bisognoso di punti per la salvezza e con tanta voglia di riscatto, il secondo approdato alla Virtus nel 2000 e alla ricerca del proprio trampolino di lancio. Ma andiamo con ordine.
Rodrigo Palacio ed Emanuel Ginóbili nascono entrambi in Argentina, più precisamente a Bahía Blanca (nella provincia di Buenos Aires) importante centro commerciale che deve il suo nome al colore tipico del sale che ricopre i terreni lungo la costa, terra di immigrati europei. Emanuel, ribattezzato Manu, nasce il 28 luglio 1977 da immigrati italiani marchigiani, massivamente presenti sul territorio argentino, tanto che la stessa Bahía Blanca risulta gemellata con la città di Fermo. La sua brillante carriera ha inizio nella squadra della sua città, l’Estudiantes de Bahía Blanca e nel 1998, all’età di appena 21 anni, si trasferisce in Italia, più precisamente a Reggio Calabria dove centra subito la promozione in A1. La crescita costante e gli incredibili risultati ottenuti gli valgono la chiamata della Virtus Bologna, bisognosa di una guardia da affiancare alla stella Danilovic, anche se quest’ultimo, a soli trent’anni, si ritirerà, garantendo così un posto tra i cinque titolari al nuovo arrivato.
Ed è proprio a Bologna che Manu si dimostra giocatore di assoluto livello e in crescita costante tanto da essere considerato il giocatore con la migliore evoluzione dell’anno 2000. Come si dice, «La fortuna aiuta gli audaci» e Manu audace lo era, eccome. Catapultato in una realtà del tutto nuova, ardente e vogliosa di pallacanestro com’era quella Basket City, si ritrova immerso in una squadra formidabile, con un maestro come Ettore Messina che, come il migliore dei direttori d’orchestra, compone sinfonie perfette sul parquet del PalaMalaguti di Casalecchio, portando a casa un campionato italiano, una Coppa Italia e un’Eurolega (il cosiddetto grande slam o Triplete per gli appassionati di calcio) imponendosi come ultima squadra italiana a vincere il titolo europeo. L’anno dopo la Kinder Bologna riuscirà a ripetere solo il successo in Coppa Italia grazie al solito Ginóbili che, nella finale contro la Scavolini Pesaro, metterà a referto 15 punti, mentre in campionato uscirà sconfitta contro la Benetton Treviso in semifinale e il sogno di una doppietta in Eurolega si infrangerà contro la corazzata Panathinaïkos.
Biennio che per Manu rappresenta una vera e propria svolta, aggiudicandosi per due anni consecutivi il premio come MVP della Serie A, come miglior giocatore delle Final Four di Eurolega nel 2001 e nel 2002 come miglior giocatore della Coppa Italia. Prestazioni che non passano di certo inosservate e che convincono i San Antonio Spurs a puntare su di lui.
Con gli “speroni” confezionerà trofei e record personali in rapida serie, conquistando ben quattro campionati NBA (2003, 2005, 2007 e 2014), aggiudicandosi il premio di All-Star NBA nel 2005 e nel 2011 e l’All-NBA Third Team nel 2008 e nel 2011; nel mezzo altri successi grazie alla partecipazione alle Olimpiadi del 2004 e del 2008 (un oro e un bronzo) e ai campionati americani di pallacanestro nel 2003 e nel 2011. Trascinatore dentro e fuori dal campo, talento cristallino, El Contusion, soprannome affibbiatogli da Brent Robert Barry per la sua aggressività e lo stile spericolato di gioco, diventa leggenda tanto che un anno dopo il suo ritiro, a 41 anni nel 2018, gli Spurs ritirano la sua maglia n. 20, consegnandolo così alla storia. Manu ricorderà sempre volentieri la sua esperienza italiana, soprattutto quella bolognese, non dimenticando quanto sia stata formativa, vincente e decisiva per la sua maturità, un salto nel buio che gli ha permesso di diventare quel giocatore che lo stesso Diego Armando Maradona non ha esitato a definire «Il più grande sportivo di sempre, dopo di lui.»
Percorso inverso per il concittadino Rodrigo Palacio. Nato e cresciuto nel quartiere di La Falda, sin dalla più tenera età si dimostra portato sia per il basket che per il calcio, curiosamente giocando nelle stesse giovanili (ndr. Bahiense del Norte) che regaleranno al mondo il talento di Ginóbili. Ma si sa, la vita è fatta di scelte e di priorità e il piccolo Rodrigo, dopo attenta riflessione e siamo sicuri anche qualche rimpianto, sceglie di proseguire con la palla tra i piedi. Calca i primi campetti di città con la maglia del Bella Vista e, dopo le prime esperienze con l’Huracan de Tres Arroyos e il Banfield, nel 2005 sbarca al Boca Juniors, assaggiando il prato di uno dei templi del calcio, la Bombonera, lì dove il calcio si respira, si assapora, si vive.
Con gli Xeneizes riuscirà a vincere diversi trofei tra cui tre campionati nazionali, una Copa Sudamericana, una Copa Libertadores e tre Recopa Sudamericana. Rodrigo si prende la scena, diventa un vero e proprio idolo, venendo soprannominato dai tifosi e dai compagni El Trenza per l’insolita treccia che parte dal lato destro della nuca e che lo contraddistinguerà per tutta la durata della sua carriera.
Enrico Preziosi, patron del Genoa ed orfano del suo bomber Diego Milito, vero artefice della conquista dell’Europa League del 2009 e ormai accasatosi all’Inter, è alla ricerca di un attaccante per sostituirlo e per rilanciare il Grifone. Dopo attenta riflessione, Preziosi identifica in Rodrigo Palacio il giocatore ideale per sostituire El Principe e mette sul piatto 5 milioni di euro per assicurarsi le prestazioni dell’argentino. Jorge Amor Ameal, l’allora presidente del Boca Juniors, allettato dall’offerta e memore dei rapporti centenari con il club genoano, si convince a cedere Palacio che, incuriosito dall’avventura e desideroso di misurarsi in un campionato prestigioso e competitivo come quello italiano, si trasferisce a Genova. Scelta quantomai vincente visto che nelle tre stagioni passate all’ombra della Lanterna mette a segno ben 35 reti in 90 partite, diventando così il bomber sudamericano più prolifico nella storia del Grifone, titolo che lo costringerà, a malincuore, a tagliarsi ben sette centimetri della famigerata treccia, destinati al Museo della Storia del Genoa. L’ultima stagione con la maglia rossoblu, nonostante i 21 goal messi a referto, non fu indimenticabile: le feroci contestazioni dei tifosi e una salvezza acquisita per il rotto della cuffia lo convinsero a cambiare aria e a trasferirsi a Milano, sponda nerazzurra. Anche in territorio meneghino Palacio continua a sorprendere realizzando alla sua prima stagione con l’Inter 22 goal in 39 partite, la sua stagione più prolifica dall’inizio dell’esperienza italiana, dimostrando di essere un vero e proprio jolly, svariando su tutto il fronte d’attacco, aiutando il centrocampo, ergendosi a difensore aggiunto e improvvisandosi portiere. Sì avete capito bene.
Chi non ricorda quell’Inter-Hellas Verona di Coppa Italia durante il quale l’Inter, in vantaggio di 2-0 e con tutte le sostituzioni esaurite, si trovò costretta all’80’ a schierare El Trenza in porta al posto di Castellazzi infortunato. Rodrigo non ebbe un’attimo di esitazione, raccolse i guantoni, cambiò la maglia e con l’entusiasmo di un bambino si mise a difendere la porta nerazzurra. E non lo fece da spettatore, tutt’altro. 90′ minuto, il Verona pressa forsennatamente, arriva un cross velenoso in area e Paracio (così verrà ribattezzato quella sera) con un intervento tutt’altro che banale riesce a deviare in calcio d’angolo un colpo di testa ben indirizzato di Carrozza, chiudendo di fatto la partita e diventando l’idolo delle folle. La stagione successiva riesce a ripetersi realizzando 19 goal in 39 partite e meritando di fatto la chiamata di Sabella, ct della Selección, per i Mondiali del 2014. Non sarà un’esperienza memorabile per Palacio, vissuta per lo più dalla panchina e reo di aver fallito la più ghiotta occasione nella finale contro la Germania, persa per 1-0. Dopo questa esperienza e a causa dei vari infortuni patiti, Rodrigo non riuscirà più ad essere determinante nel cammino nerazzurro, complice anche i continui cambi di guida tecnica e una rosa non all’altezza.
Nell’estate del 2017, Rodrigo, ormai fuori dai piani dell’Inter, decide così di rimettersi in gioco e di accogliere a braccia aperte la proposta del Bologna bisognoso di un giocatore della sua esperienza e della sua duttilità, potendo garantire svariate soluzioni offensive a Donadoni. Dal punto di vista realizzativo non sarà di certo una stagione memorabile, con soli 4 goal segnati in 28 partite (tutti fuori casa), ma la sua presenza, i suoi movimenti e il suo carisma garantiranno ai felsinei una salvezza tutto sommato tranquilla, nonostante il tracollo delle ultime giornate con 5 sconfitte su 6 partite che costeranno la panchina al tecnico di Cisano Bergamasco. Saputo per l’anno successivo punta tutto su Filippo Inzaghi che dopo la breve esperienza sulla panchina del Milan e la promozione appena sfiorata con il Venezia è voglioso di imporsi in una realtà importante come quella bolognese. Il 3-5-2 di Inzaghi sembrava poter essere un modulo congeniale alle capacità di Rodrigo avendolo già sperimentato all’Inter con Mazzarri, ma i risultati e i goal non arrivano, con Inzaghi che in 21 partite ottiene solo due vittorie con Roma ed Udinese, tracollo verticale che culmina con lo 0-4 interno contro il Frosinone e che costerà la panchina a SuperPippo. La dirigenza rossoblu è costretta a correre ai ripari, ingaggiando Siniša Mihajlović ed investendo ingenti somme nel mercato di riparazione, tesserando Soriano, Sansone, Lyanco ed Edera che permetteranno ai rossoblu di agganciare addirittura il decimo posto. Il cambio di allenatore e la mentalità offensiva e arrembante proposta dal tecnico serbo segnano una vera e propria svolta nella carriera di Palacio che, a 38 anni, rivive una seconda giovinezza in terra bolognese, sfornando prestazioni oltre le più rosee aspettative considerando l’età, segnando goal importanti (è lui il giocatore più anziano nella storia del Bologna ad essere andato in goal) ed ergendosi a guida sicura in un mare burrascoso com’era lo spogliatoio rossoblu dopo l’annuncio della malattia di Mihajlović. Giocatore esperto, carismatico, portatore sano di umiltà e di voglia di sacrificarsi per la squadra, Palacio è ormai diventato imprescindibile per la compagine felsinea, grazie anche ad uno stato fisico e mentale, scevro da qualsiasi presunzione e superomismo, che gli consente, ancora, di essere determinante. Leader silenzioso, poco avvezzo ai microfoni e a prendersi la scena, ma sempre pronto per una parola off-camera, una carezza fraterna. Rodrigo in questi anni non ha mai rinnegato la sua passione per il basket, sfidando varie volte durante i ritiri estivi i suoi compagni di squadra che hanno solo potuto imparare dai suoi movimenti e dalla sua capacità di palleggio, ricordi ancora vividi di quella scelta compiuta in tenera età, non volendo entrare in competizione diretta con il suo conterraneo Ginóbili. Si scherza.
Questi sono stati (e continuano ad essere) Manu Ginóbili e Rodrigo Palacio per Bologna: due argentini alla ribalta, il primo voglioso di spiccare il volo, il secondo di ritrovare quella bolla di felicità (ringraziamo Walter Sabatini per lo spunto) indispensabile per continuare a giocare a questi livelli e che lo ha convinto a rimanere a Bologna anche a fronte di offerte allettanti come quelle dell’indimenticato Boca o del suo maestro Gasperini all’Atalanta. Due bolognesi d’adozione, due pilastri, due amici, due concittadini alla conquista del mondo, rappresentanti virtuosi di quel mondo simmetrico basket-calcio, passeggeri di quel viaggio immaginario Bahía Blanca – Bologna che avrebbe cambiato per sempre le loro vite.
Crediti immagini: Tuttomercatoweb, PassioneInter, Gazzetta.it, San Antonio Express News, Affari Italiani
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