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Siniša Mihajlović alla Bfc Academy: “La salvezza è il ricordo più bello in rossoblu. Sono tornato per i tifosi”

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Il prossimo ospite della BFC Academy Webinar non ha bisogno di ulteriori presentazioni: è l’uomo del popolo, è il sergente, è Siniša Mihajlović. L’allenatore rossoblu, insieme ai ragazzi delle giovanili del Bologna, ha ripercorso – attraverso i ricordi – la propria carriera da calciatore e allenatore, fino a parlare della squadra rossoblu.

Si parte con il ricordo più bello vissuto al Bologna: “La salvezza raggiunta con i rossoblu è stata sicuramente la gioia più grande fino ad ora. Quando sono arrivato a Bologna c’era poco ottimismo, nessuno avrebbe mai pensato a una salvezza conquistata in quel modo lì, eppure riuscimmo nell’impresa: fu una cosa incredibile”.

Il suo rapporto con i rossoblu: “Il Bologna è stata la mia prima squadra da allenatore, questa cosa non si dimentica. La società mi ha dato subito fiducia, nonostante la mia inesperienza dovuta alla giovane età. La fiducia che mi è stata data è uno dei motivi per cui sono tornato a Bologna, odio i debiti e quindi sentivo di dover tornare. Sono tornato per la gente, mi ha sempre amato il popolo rossoblu”.

La prima dote che vede in un calciatore: “L’intelligenza, perché la dote che ti serve anche nella vita. Nel calcio come nella vita, serve carattere. Quando vedi come gioca un calciatore poi riesci a capire anche il suo carattere. Poi ci sono tante altre caratteristiche, ma l’intelligenza resta una delle cose più importanti e in campo si vede. Come diceva Boskov: “Un grande giocatore è quello che vede un’autostrada dove invece gli altri vedono un piccolo sentiero”.

Il segreto delle sue punizioni: “Si possono dare tanti consigli, ma poi devi saperle calciare. Si potrebbe scrivere un libro sulle punizioni, non è sempre facile. Io le tiravo bene, secondo me a volte si tratta di una dote naturale. Quando tiravo un rigore non guardavo mai il portiere in faccia; al contrario, prima di battere una punizione, lo guardavo negli occhi fino all’ultimo passo. Se vedevo che stava cambiando idea sul tuffo, io acceleravo il mio ultimo passo e cambiavo strategia. Un consiglio: se vuoi tirare sul palo del portiere, devi calciare un metro e mezzo fuori dalla porta, così che con il giro la palla arrivi con precisione in rete”.

Il legame con i propri calciatori: “Scherzando dico sempre che i miei calciatori sono liberi di fare tutto quello che dico io”. Ho un buonissimo rapporto, ogni tanto mi fanno arrabbiare ma è normale. Sono tutti bravi ragazzi, ascoltano; anche io ho avuto la loro età, quindi a volte si può sbagliare. Io cerco di portarli sulla strada giusta, anche perché dopo il calcio c’è una vita da vivere. Bisogna ascoltare quelli più grandi, possono insegnarti tanto. Io dico loro sempre ciò che penso, per questo con i miei giocatori si creano spesso grandi rapporti”. 

Il calciatore più forte che ha allenato: “Stefan Jovetic, non ho mai visto un calciatore così. Secondo me era troppo forte. Fisicamente era forte, tecnicamente anche. Poi ha avuto sfortuna, perché si è rotto il crociato e ha avuto altri problemi. In questo momento mi è venuto in mente lui; sicuramente ci sono stati anche altri calciatori, ma ora dico Jovetic”.

Le partite più emozionanti giocate in carriera: “Quelle con la maglia della Stella Rossa; con quella squadra ho vinto tanto, anche la Champions League, che è stata la mia soddisfazione più grande nella carriera da calciatore. Da ragazzino tifavo per quella squadra, quindi quando entrai in squadra fu una gioia pazzesca. Con quella maglia segnai il gol più importante della mia carriera: contro il Bayern Monaco, in finale di Champions League. Anche in Italia e in Nazionale ho giocato gare entusiasmanti, ma quelle con la Stella Rossa avevano un altro sapore per me”.

 

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