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STADIO: Da Costa si racconta mentre aspetta Mirante: “Il momento più bello della mia vita” – 07 ott

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Insolita scelta editoriale di “STADIO”, in edicola oggi, che dedica quasi interamente lo spazio riservato alle notizie sul Bologna a una lunga intervista che Furio Zara realizza con Angelo Da Costa, portiere titolare rossoblu in attesa del ritorno di Antonio Mirante. A margine poche righe su Sadiq che torna a correre e un breve editoriale di Gianfranco Civolani, che parla di un campionato con soltanto dieci squadre più forti della banda di Donadoni.

Per fortuna l’intervista al portiere brasiliano è piuttosto interessante, e va a toccare molti punti, sia professionali che umani. Da Costa è al Bologna dal gennaio del 2015, quando fu protagonista della promozione in A per poi prendere posto in panchina dietro a Mirante, svincolatosi dal Parma: un portiere affidabile, uno di quelli che fanno gruppo e che compiono il proprio dovere senza lamentarsi mai. Così, quando Zara gli chiede di chi dovrebbe essere il titolare, ma adesso è fuori per problemi fisici, Angelo trova belle parole: “Antonio è una persona buona, gli ruberei la tecnica, quando tornerà gli dirò che ho provato a fare il massimo, ma non sarò mai al tuo livello”. L’attuale titolare della porta del Bologna sorride, racconta di quello che ha imparato qui dal preparatore Bucci (“Si para con gli occhi, vedere è fondamentale”) e di come tutto è iniziato: con una parata contro il Modena, “pensai ecco, si comincia”

Quando si scende sul personale, sull’infanzia, l’adolescenza, gli inizi, ecco che la storia si fa interessante: Da Costa, figlio di un rappresentante farmaceutico, racconta di essere sempre stato sostenuto dalla famiglia, di avere sempre avuto da mangiare ma nonostante questo di aver visto la miseria vera, dato che oltre la metà dei compagni che ha avuto venivano dalle favelas. Storie indimenticabili. Curioso come ha iniziato, in una terra dove tutti sognano di fare il centravanti o l’ala, il portiere. Mancava il portiere, l’allenatore chiese chi se la sentisse. “Tutti muti. Alzai la mano: va beh, ci vado io”. Si parla poi di altri brasiliani: l’idolo Taffarel, il migliore in Italia, Miranda dell’Inter, e il migliore in assoluto, Neymar. 

Quindi Zara, va più sul personale con Da Costa. Che arriva in Italia a 24 anni, nel Varese in C2, anno 2008. Esperienza che serve per ambientarsi (“Non giocai mai, nemmeno una partita, ma mi servì molto”) e che cita due amici nel mondo del calcio, Gabbiadini e Eder. Che è cattolico, fatalista tanto da accettare il suo ruolo di secondo (“Credo nel lavoro, nel dare il massimo, nel comportarsi bene”) e non è superstizioso, anche se quella traversa nei play-off per andare in B aiutò molto. Nel nuovo Bologna è rimasto molto colpito dai due nuovi stranieri, Nagy e Krejci, e dichiara che l’obbiettivo è semplicemente fare meglio dell’anno scorso, evitare cali. Ama Bologna, qui è nato suo figlio, è felice, apprezza i bolognesi: belle parole su una città che sente sua e che ricorderà per sempre. Bellissimo infatti come si conclude l’intervista: “Lo so che non sono un fenomeno, però quello che faccio lo faccio sempre con grande passione, per giocare, per meritare questa maglia. È il momento più bello della mia vita. Quando arriverò a ottanta, novant’anni, mi volterò indietro, penserò al Bologna e a questi giorni e allora avrò un buon motivo per essere felice.

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