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Tempi Supplementari: intervista a Zavanella e Rizzo Nervo – 11 gen

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Ieri sera a Tempi Supplementari, programma radiofonico condotto da Ugo Mencherini e Vittorio Longo Vaschetto, con la collaborazione di Ugo Bentivogli, e con cui anche 1000 Cuori Rossoblu collabora, sono intervenuti l’architetto Zavanella e l’Assessore Rizzo Nervo, per parlare del futuro dello stadio Renato Dall’Ara, che come ormai è noto, dovrebbe essere in un prossimo futuro, oggetto di una ristrutturazione importante che potrebbe portarlo ad essere annoverato tra gli stadi “moderni” per comfort e servizi, pur mantenendo quelle specificità e peculiarità storiche che lo contraddistinguono.

Vi proponiamo di seguito la trascrizione delle due interviste.

 
 

Intervista all”architetto Gino Zavanella, autore del concept suo nuovo Dall’Ara

Architetto, le cifre che circolano attualmente prevedono un nuovo Dall’Ara da circa 25mila posti. Sono tantissimi i tifosi che sostengono che questa capienza potrebbe non essere sufficiente, soprattutto per un Bologna che vuole avere un grande futuro. Come stanno le cose?

“Credo che il problema della capienza non sia attuale, di adesso. Adesso dobbiamo capire come fare lo stadio e se la Soprintendenza ci permetterà di farlo così come lo abbiamo pensato. Poi portarlo da 25mila a 28mila non è quello il problema. Faccio un’osservazione, di cui peraltro a suo tempo avevo discusso con il dottor Agnelli e la direzione della Juventus. Gli stadi devono essere pieni, oggi c’è certamente una diminuzione del pubblico presente negli stadi oppure l’impianto è pieno solo in occasione di partite particolari. Credo che lo stadio, e la Juventus insegna, debbano essere pieno tutte le volte che c’è una partita. La Juventus aveva pensato questo: meglio avere per le partite clou mille spettatori fuori che avere 5mila posto vuoti quando una squadra fa una partita non di cartello. In ogni caso, stabilire quanto debba essere capiente lo stadio del Bologna non compete a me”.

 

Chi lo decide?

“Lo decide il Bologna: e lo decide in base a una ricerca che fa, non certo in base a come ci si sveglia una mattina. Quello della capienza, come dicevo, è un aspetto che viene dopo. Innanzitutto vediamo di riuscire farlo, questo benedetto stadio, ormai ci stiamo lavorando da un anno e adesso stiamo arrivando finalmente in porto. In settimana dovremmo vederci con l’assessore per le relazioni che dobbiamo presentare in Soprintendenza molto presto e capire se la stessa Soprintendenza è d’accordo con le scelte progettuali che abbiamo fatto e che sono abbastanza importanti”.

 

Quali sono le criticità che potrebbero sorgere?

“L’avvicinamento delle curve, lo stadio tutto coperto, compresa la Maratona. C’è il problema della visibilità della Torre, abbiamo fatto due-tre proposte e tra l’altro con l’ingegner Massimo Majowiecki abbiamo pensato a una copertura davanti alla Torre che potrebbe anche eventuamente aprirsi e chiudersi oppure a una copertura assolutamente trasparente davanti alla Torre o soluzioni simili a questa, nel rispetto della Torre di Maratona, che è un simbolo dello stadio. Un’altra delle scelte progettuali è pensare di riscoprire la vera cortina dello stadio, quella del 1922 che oggi è tenuta nascosta dalla struttura in ferro: almeno i due terzi dello stadio dovrebbe ritornare a vedersi nell’originale”.

 

Si può stimare in 2-3 anni il tempo necessario per il restyling del Dall’Ara?

“Dipende dove gioca il Bologna. Se restasse al Dall’Ara impiegheremmo circa un anno e mezzo in più ma tutto è possibile. Al Dall’Ara abbiamo un cantiere che non esiste perché gli spazi per il cantiere sono molto limitati mentre l’Udinese, visto che il nuovo stadio Friuli è stato recentemente inaugurato, da questo punto di vista aveva spazi illimitati. Complessivamente, quindi, se il Bologna restasse al Dall’Ara ci potrebbero volere 3 o 4 anni”.

 

La capienza della Curva Bulgarelli che percentuale avrà rispetto al totale dello stadio?

“Le capienze delle curve vanno, più o meno, dai 4.500 ai 5.500. Ribadisco, però, che è presto per fare questi discorsi. Quanti posti vengono dati agli ospiti, ad esempio, è un tema di cui ancora non abbiamo parlato con il Bologna: 2.000? 700? Se una curva ha 5.000 posti e ne do 2.000 ai tifosi ospiti, per quelli del Bologna ne rimangono 3.000 in curva San Luca, se ovviamente gli ospiti restano in quella curva, ma penso di sì. Molte cose non sono ancora state perfettamente stabilite. Noi abbiamo il problema finale: sapere cosa ne pensa la Soprintendenza e avere la firma definitiva di un certo signor Saputo che è quello che poi alla fine decide”.

 

A proposito di curva: i tifosi ne sognano una ad elevata pendenza senza divisioni in anelli, stile Borussia Dortmund. Cosa ne pensa?

“E’ esattamente quello che penso anche io e la proposta è proprio questa. Avvicinare le curve al campo, avere la prima fila a circa 7 metri, visto che dietro le porte ci devono essere 6,20 metri, in un unico anello, chiaramente”.

 

Lei in una parola, come definirebbe il suo concept?

“Io e la mia equipe abbiamo cercato di immedesimarci e capire a fondo. E’ molto più facile fare uno stadio nuovo che non intervenire su uno stadio così importante e di tradizione come il Dall’Ara. Credo che debba esserci il giusto equilibrio tra il rispetto dell’esistente, e per l’appunto cerchiamo di liberare la struttura in ferro e stiamo lavorando su tanti piccoli accorgimenti, facendo uno stadio in cui la visibilità sia perfetta, il confort di ultima generazione e in cui la sicurezza sia tenuta in giusta considerazione. In questa prima ipotesi lo stadio Dall’Ara si dovrebbe svuotare, in caso di problemi, in circa 5 minuti. Le vie di fuga verso un luogo sicuro, dal seggiolino più lontano non devono superare i 100 metri, visto che fanno 20 metri al minuto. Tutte queste cose devono essere compatibili con una struttura che c’è con il rispetto di quello che esiste e che vogliamo tenere in evidenza”.

 

Dal punto di vista architettonico quale prevede possa essere lo scoglio principale?

“La copertura, credo che la chiave possa essere quella. Se fossi il Soprintendente darei una medaglia al Bologna per dove giocava. Qualcuno avrà permesso di fare quella sovrastruttura in ferro che ha completamente coperto lo stadio nel ’22: noi cerchiamo di ritornare a quel tipo di struttura”.

 

In Curva Bulgarelli il tifo organizzato esiste come corpo unico. Questo tema è stato preso in considerazione? C’è la possibilità che il tifo sia spezzato tra le due curve?

“Siamo troppo indietro per sbilanciarsi su questi temi. Ancora c’è tanto da progettare, oggi abbiamo messo giù un’idea progettuale, ed è per l’appunto un’idea, non è neppure un progetto definitivo o preliminare. E’ un’idea progettuale che si avvicina a un progetto preliminare. Questi temi devono essere ancora approfonditi perché le priorità erano altre. Vedere se era possibile avvicinare le curve. Avvicinando le curve, che cosa succedeva degli spazi che venivano a crearsi tra la cortina attuale e le curve. Quali erano i percorsi che si dovevano fare dalla cortina attuale. Tantissimi sono stati questi temi: i percorsi, il riutilizzo degli spazi della Maratona, i comfort e i servizi che lo stadio deve avere”.

 

Nella Maratona sarà previsto un Museo del Bologna?

“Sicuramente è previsto un Museo del Bologna. Che sia in Maratona o in una delle curve, questo ancora non lo so”.

 

 

Intervista all’Assessore comunale con delega allo Sport, Luca Rizzo Nervo

Assessore, nelle scorse settimane lei ha avuto modo di vedere il concept del nuovo Dall’Ara. In una sola parola, come lo descriverebbe?

“Futuro”.

 

Qual è, ad oggi, la situazione?

“Un aspetto positivo che anima nel modo giusto il confronto è che c’è la volontà assolute di fare le cose nella massima trasparenza e dialogando anche con la città rispetto a un’opera che è importante non solo per i tifosi del Bologna e per il Bologna calcio ma per la città nel suo complesso. Dicembre doveva essere un mese importante, e lo è stato. Doveva essere il mese di un primo incontro, ancorché non decisivo, con la Soprintendenza per verificare la disponibilità ad una collaborazione istituzionale che potesse verificare in termini preventivi quel progetto e dare un’indicazione sulla fattibilità soprattutto rispetto ad alcune questioni nodali, una su tutte la copertura completa dello stadio. Questa collaborazione si è instaurata positivamente, c’è stato un incontro a cui eravamo presenti io, Claudio Fenucci e l’architetto Gino Zavanella. C’è stata questa disponibilità e c’è una tempistica che vede da qui a pochissimo, entro i prossimi 10 giorni, la presentazione anche in modo formale del progetto alla Soprintendenza anche con una relazione che evidenzi come quel progetto abbia anche l’obiettivo assolutamente centrato di valorizzare quel bene storico e architettonico che è il Dall’Ara: un bene che oggi non si può dire valorizzato in mezzo a quel masso di ferro di Italia ’90”.

 

Ci sono già date in agenda per la prossima riunione?

“No, non è prevista ancora la data della riunione. Si è parlato di metà gennaio e saremo comunque pronti per quella data, i tempi sono assolutamente rispettati nella volontà di tutti di arrivare quanto prima un elemento di chiarezza che possa consentire al Bologna di prendere definitivamente la sua scelta”.

 

L’idea è quella di ridurre la capienza dello stadio e attualmente si parla di circa 25mila posti. Una riduzione così sensibile non rischia di compromettere la crescita del club? Potrebbe non esserci spazio per nuovi tifosi…

“Questo è un tema assolutamente centrale e in questo momento è al centro del dibattito. E’ vero che il progetto allo stato dell’arte (e ricordo che un concept è meno di un preliminare), immagina una capienza che si aggira intorno a quelle cifre. Da tifoso qualche domanda me la sono fatta, soprattutto immaginando un Bologna che dando fede all’impegno e alle promesse della società, nei prossimi anni possa andare incontro a una grande crescita dal punto di vista sportivo e del conseguente entusiasmo. E’ evidente che la società Bologna non gioca comunque contro se stessa e quindi le valutazioni preliminari sono fatte anche nell’interesse di avere uno stadio pieno. Ci sono aspetti ormai noti, come la struttura dello stadio e il fatto che l’idea è quella di avvicinare le curve al campo, quindi immagino una tifoseria vicinissima con un fattore acustico che vuole fare la differenza. Questo chiede uno stadio pieno, e questo è l’obiettivo. Credo che le prossime settimane e i prossimi mesi siano anche quelli per valutare se questo obiettivo debba essere raggiunto con una maggiore prudenza o un maggiore entusiasmo. E’ comunque un tema centrale del progetto e penso che ci sia spazio per discuterne”.

 

Avere una capienza da 30mila posti potrebbe anche consentire di disputare finali internazionali. Al di sotto di quella capienza si rischia di essere ‘periferia del calcio’.

“Già di per sé, rispetto ad oggi, il restyling del Dall’Ara dà a Bologna possibilità che prima non aveva. Ho scritto e firmato insieme al sindaco due giorni fa una lettera indirizzata al presidente del Coni Malagò in risposta a una sua lettera in cui ci chiedeva informazioni e la disponibilità rispetto allo stadio Dall’Ara per farne una delle sedi delle Olimpiadi per quanto riguarda le gare di calcio. E’ evidente che il Dall’Ara attuale non potrebbe fare questo e se Bologna è al centro dell’attenzione anche del Coni in relazione alla candidatura dell’Italia alle Olimpiadi, è perché stiamo parlando di un’altra categoria, stiamo parlando di quello che dovrebbe diventare uno degli stadi più belli d’Italia e lo dico senza timore di essere smentito. E con requisiti sufficienti. Uno di quelli attento a quegli aspetti, proprio perché viene elaborato adesso, che oggi sono decisivi per competere in quelle assegnazioni. Un elemento è quello del numero dei posti, sui quali però bisogna avere un’attenzione particolare. Da tifoso anche io mi spingerei a dire 30-35mila, ovviamente se hai l’obiettivo di tenere lo stadio pieni il numero dei posti lo devi immaginare rispetto alla media di spettatori attuale, che al momento è di circa 18mila. Immaginare che in prospettiva, in un tempo che non è più quello passato e in cui peraltro la tv ha, ahimè, un ruolo decisivo preponderante, si possano raddoppiare gli spettatori dev’essere valutata sono solo in termini di sentimento. 25-28 vorrebbe dirle aumentare gli spettatori di circa 10mila”.

 

Un altro tema particolarmente sentito dai tifosi è quello della viabilità e dei posti auto. Qual è l’idea da questo punto di vista?

“La premessa è che comunque, purtroppo, il progetto perfetto non esiste. Il bello dello stadio Dall’Ara è anche il fatto che è nel cuore della città, quindi tutto intorno è ‘costruito’. Il tema degli spazi e dei parcheggi è tra quelli decisivi. Anche questo tema è all’attenzione del Comune e del Bologna, e mi preme precisare una cosa: sento dire che il Bologna fa lo stadio e il Comune alla viabilità ma non è esattamente così. In questo genere di progetti la squadra di calcio e il Comune fanno insieme il progetto che deve tenere in considerazione tutti gli aspetti, compreso quello della viabilità. Nel progetto del nuovo stadio della Roma, che è fuori dalla città, è addirittura previsto che venga fatto un pezzo di metropolitana a spese del club giallorosso. Il tema è a pieno titolo all’interno della discussione e ragioneremo con il Bologna. Questo è uno dei temi che deve trovare una soluzione, ancorché è evidente che i parcheggi hanno anche l’aspetto della gestione, quindi per fare dei parcheggi importanti bisogna trovare il modo di gestirli non solo per la giornata oppure ogni 15 giorni quando c’è la partita. Piazza della Pace è un esempio, anche se è una situazione diversa perché è un parcheggio pertinenziale e ci sono gli abbonamenti anche dei residenti. Altri parcheggi fatti per Italia ’90 sono un esempio: il Giuriolo dà l’evidenza di cosa si rischia e bisogna fare valutazioni attente. Il tema della viabilità, dei parcheggi e dell’impatto sui residenti della zona non può non essere al centro del dibattito sul nuovo stadio”.

 

Qual è la tempista, anche in relazione al nulla-osta della Soprintendenza?

“Ovviamente non c’è la possibilità che in una riunione si abbia un sì o un no. La Soprintendenza di solito lavora così: si presenta un progetto definitivo, molto più articolato ed elaborato di quello attuale, e la Soprintendenza dice sì o no. Noi abbiamo chiesto una cosa diversa. Ovvero che preventivamente, all’inizio del percorso, la Soprintendenza si faccia partner di questo percorso e a fronte di un progetto e di una relazione che presenteremo cominci con noi – Comune e Bologna calcio – a definire cosa va e cosa non va, cosa potrebbe andare meglio, per arrivare a un progetto definitivo e agevolare la cosa. Contiamo di fare presto, ovviamente stiamo parlando di alcuni mesi e quindi di primavera inoltrata. Nel frattempo c’è un’altra cosa che deve essere studiata, ed è lo strumento concessorio del Comune al Bologna, la famosa concessione per 99 anni. I beni pubblici non si danno in concessione con una pacca sulla spalla ma attraverso bandi pubblici, quindi anche in questo caso ci sono normative che vanno ulteriormente studiate. Ci sono norme che si incrociano, come quelle europee e quella nuova sugli stadi, che pure ha facilitato l’individuazione della squadra di calcio professionistica della città come soggetto attuatore dei nuovi stadi. Quando il lavoro della Soprintendenza darà elementi per dire che aspetti come la copertura non sono un problema e si può andare avanti, quello sarà il momento in cui il Bologna dirà che si parte e prenderà il via anche l’iter formale con l’obiettivo, chissà, forse di arrivare a fare le prime cose in estate: questo è auspicabile anche se non semplice”.

 

Al tema della capienza si lega quello dei prezzi. Lo stadio è e deve rimanere popolare. C’è il rischio che lo stadio diventi d’élite, con prezzi che lievitano al lievitare della crescita della squadra?

“La preoccupazione è legittima e credo che il calcio debba rimanere uno spettacolo popolare. Lo è sempre stato, e il suo fascino scaturisce anche da lì. Credo che non debba diventare un secondo Teatro Comunale, non perché ci sia qualcosa di male ad andare al Comunale ma perché il calcio è un’altra cosa e la sua natura popolare deve essere salvaguardata. Sottolineerò e difenderò questa cosa strenuamente durante il percorso”.

 

Se arriverà il via libera ai lavori al Dall’Ara, durante il restyling i rossoblù rimarrebbero a giocare lì o potrebbero sposarsi?

“E’ un aspetto su cui ragionare. Il tema non è ancora così all’ordine del giorno. Sappiamo che ci sono stadi vicini ma sui cui ci sarebbero anche problemi ambientali non solo per noi tifosi ma anche per le Questure. E’ una scelta che andrebbe ponderata, evitando che il Bologna per un anno sia in un posto in cui non va nessuno. Bisognerà ragionarci, ma non siamo ancora a questo livello. Prima portiamo a casa il risultato di dare a Bologna uno stadio moderno che parla di futuro”.

 

Un altro tema caldo è quello della copertura: qual è il suo punto di vista?

“Il progetto anche dal punto di vista della tutela di un bene storico e architettonico riporta alla bellezza del passato, quindi problemi non ci saranno. Il tema della copertura, volendo scegliere di rimanere uno stadio storico, è ormai ineludibile. Se si vogliono mantenere gli stadi nelle loro sedi storiche, il tema di una loro ristrutturazione funzionale è assolutamente decisivo. Abbiamo buoni presupposti dopo il primo incontro e ci auguriamo che possa trovare riscontro presso la Soprintendenza”.

 

Quando è prevista la sistemazione dei portici di via De Coubertin?

“E’ un tema su cui siamo pronti, i lavori concretamente partiranno in queste settimane. Ho avuto modo di parlarne con l’Assessore ai Lavori pubblici recentemente perché questa è un’esigenza assoluta. Si tratta di lavori impegnativi perché sono anche lunghi, e c’è la necessità di imprimere un’accelerazione: ci vuole quasi un anno per mettere a posto tutto il portico”.

 

Il fatto che si debba mettere mano a quanto fatto per Italia ’90 porta a pensare che quelli non furono proprio i migliori lavori possibili?

“Ovviamente anche in quel caso ci furono delle autorizzazioni da parte della Soprintendenza. Forse non è stato il miglior lavoro possibile, però guardare a uno stadio e una sua ristrutturazione 25 anni dopo, si guarda con altri occhi. Oggi non lo faremmo così, allora nessuno si scandalizzò. Portò lo stadio a una capienza di molto superiore rispetto alla precedente. Il progetto di cui parliamo vuole portare il Dall’Ara al suo antico splendore e quindi anche a valorizzare il porticato esterno dello stadio”.

 

Cosa succederà alle Curve?

“Innanzitutto, va ricordato come l’autorità preposta a decidere è il Bologna calcio. In uno stadio in cui le Curve vengono avvicinate, non c’è una sola Curva del tifo del Bologna. E’ immaginabile che la parte più organizzata del tifo possa stare nella parte della Curva Andrea Costa e l’altra in una San Luca che avrà un sapore tutto diverso da quello attuale. Dico questo sottolineando che è davvero molto difficile immaginare e giudicare fino in fondo un progetto che è meno che preliminare e quindi con ampi spazi di valutazione e modifica con gli occhi dello stadio Dall’Ara di oggi perché stiamo parlando di qualcosa di profondamente diverso. Il fatto che si ipotizzino circa 10mila posti tra le due Curve risponde anche all’esigenza di tenere i posti popolari di cui parlavamo prima. Cambia proprio l’idea dello stadio e ci sarà modo di discuterne”.

 

E nel caso in cui il parere della Soprintendenza portasse alla necessità di fare uno stadio nuovo, cosa  ne sarà del Dall’Ara?

“Ho più volte detto che tifo per il Dall’Ara, credo che la casa del Bologna sia il Dall’Ar: un Dall’Ara bello come quello che ho visto nel concept credo sia davvero una bella prospettiva. Se il Bologna dovesse invece scegliere di andare da un’altra parte, il tema di cosa fare del Dall’Ara sarebbe non solo del Comune e dei cittadini ma anche del Bologna calcio. Anche in quel caso dovremmo fare un ragionamento comune, che non c’è ancora stato perché non stiamo ragionando su opzioni secondarie e piani. Stiamo lavorando alacremente per provare a realizzare il piano A. Certamente sarebbe un problema, anche nella relazione che faremo alla Soprintendenza affronteremo il tema relativo al fatto che tutelare un bene vuole anche dire mantenerlo funzionale, altrimenti si rischia di lasciarlo all’incuria del nulla. E questo verrà sottolineato con molta forza, si ricordi cosa è diventato il Flaminio a Roma e anche l’altro stadio di Torino. Esemi di stadi che sono cattedrali nel deserto ce ne sono, ahimè, molti”.

 

Quindi non si è neppure pensato ad aree alternative?

“No, non c’è un piano B, perché si è tutti molto convinti, a partire dal Bologna, e abbiamo motivi ottimismo per realizzare il piano A, che la ristrutturazione del Dall’Ara. La fortuna di Bologna è che in passato sono stati fatti importanti accordi sia con il Demanio che con le Ferrovie dello Stato per la dismissione di aree importanti che in alcuni casi sono già passate e in altri passeranno presto sotto la proprietà del Comune. Di aree su cui eventualmente sviluppare il piano B senza andare in aperta campagna e immaginare Romilia 2 ce ne sono. Per adesso però siamo tutti molto concentrati e determinati per portare a casa il piano A”.

 

Cosa possono fare i tifosi per intervenire attivamente in questo progetto e arrivare a una capienza che abbia numeri che soddisfino anche loro?

“La scelta della trasparenza è palese, certo è che parlare di un progetto senza vederlo nel suo complesso è sempre una discussione molto parziale. Stiamo parlando di un concept e nel momento in cui il Bologna deciderà di ristrutturare il Dall’Ara partendo con un progetto che a quel punto dovrà diventare definitivo, gli spazi di discussione e di approfondimento da parte del Bologna calcio ci saranno sicuramente. La voglia di trasparenza lo renderà più che possibile. Come Comune siamo aperti al dialogo, siamo lì a rappresentare i cittadini, quindi anche i tifosi e le loro istanze. Dentro al dialogo e alla collaborazione positiva che c’è con la nuova proprietà del Bologna il tema sarà in discussione ed è già oggetto di discussione e segnalazione da parte mia. Non mancheranno le occasioni per discuterne anche con un’idea più complessiva dello stadio, ragionare solo per settori dello stadio pur comprensibilissimo non esaurisca un dibattito che più opportunamente deve essere fatto parlando dell’intero stadio”.

 

Lo Stade Saputo di Montreal può essere preso come esempio per capire come sarà il futuro Dall’Ara?

“Sinceramente non credo che lo stadio di Montreal sia l’esempio da cui partirà. Gli stadi di cui invece si è occupato Zavanella in questi anni sono invece un esempio più credibile”.

 

Quali caratteristiche deve avere, secondo lei, il nuovo Dall’Ara?

“Uno stadio comodo, vicino alla squadra e inclusivo credo sarebbe un bel tridente”.

 

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