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Thiago Motta: «Sono grato per l’affetto dei tifosi. Non sono solo un professionista, sono umano»

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Crediti: Damiano Fiorentini/1000cuorirossoblu.it


Oggi, in conferenza stampa, ha parlato Thiago Motta, in vista della partita di domani sera contro l’Hellas Verona. Di seguito sono riportate le sue dichiarazioni.

Con l’Hellas siete separati da molti punti in classifica ma entrambi giocate un buon gioco. Tu come la vedi?

«Sono in forma, come tutte le squadre affrontate, ma ancora di più loro. Ho grande rispetto per Baroni e per il modo in cui fa questo lavoro. Sarà una squadra molto difficile da affrontare, perché sa cosa vuole. Non ho visto mai un’altra squadra metterli davvero in difficoltà, perciò è fondamentale avere massima concentrazione per domani».

Che soluzioni adotterai per la partita di domani?

«Il Verona non è una squadra che sa solo chiudersi ma sa anche pressare bene, perciò sulla nostra costruzione bassa non aspetteranno indietro. Sappiamo cosa dobbiamo fare e che è un momento molto importante. Difenderanno con aggressività, e dovremo stare attenti alla ripartenza. Sarà una bella partita».

Quanto l’ha impressionato il lavoro del Verona, soprattutto per il cambio di rosa avuto con il mercato di gennaio?

«L’impressione da fuori è che, con il mercato chiuso, sia diventata una squadra più pericolosa. È importante avere rispetto e andare in partita al 300%».

Quanto è importante il numero di persone che occuperanno il Dall’Ara domani?

«È bellissimo, però è una responsabilità in più. Ogni persona verrà allo stadio con un bellissimo spirito, uno spirito che proviene anche dai nostri ragazzi».

Il Bologna è la squadra che è migliorata di più insieme all’inter, avrà ancora margine di miglioramento?

«Noi pensiamo a come giocare, a cosa dobbiamo evitare, per dare soddisfazione a noi e alla nostra gente».

Riguardo alla petizione: «Ringrazio i tifosi per il loro affetto, in particolare i giovani, ma sono sicuro che loro come noi pensano alla partita di domani, che è questa la cosa più importante».

Tra le varie caratteristiche della squadra c’è anche il fatto di cucinare a fuoco lento e poi segnare nel secondo tempo?

«La Lazio, nel primo tempo, ha giocato molto sui nostri errori, di cui hanno approfittato, cercando di punire la nostra squadra. Nonostante tutto siamo rimasti in partita. Anche nel primo tempo abbiamo giocato bene. Nel secondo tempo la partita si è aperta e la nostra squadra è cresciuta molto. Se ci troviamo davanti squadre che non si aprono e vogliono chiudersi noi siamo pronti a inserirci e giocare di conseguenza».

Come si sono allenati Lucumi e Calafiori in settimana? Quali sono le differenze se gioca uno o l’altro?

«Non c’è concorrenza tra loro, possono giocare insieme e si completano. John è un ragazzo tecnico. Riccardo è diverso. Sono due giocatori che si allenano molto bene. Che entrino dal primo minuto o a partita iniziata sono entrambi essenziali, perché si allenano entrambi benissimo».

Nell’ultimo periodo hai visto Urbanski migliorato?

«Ha giocato molte volte in un ruolo che non è il suo. È un ragazzo che sente il gioco. Penso migliori perché il suo atteggiamento è migliorato ed è fantastico. Sa quello che può portare perché è molto convinto delle sue qualità. È un grande lavoratore e giorno dopo giorno si guadagna il rispetto dei compagni. Sembra non sentire mai il dolore, che a volte prende in allenamento. È un ragazzo che da tantissimo, quando gioca. Aveva una mentalità non molto positiva all’inizio, ma adesso si è guadagnato il rispetto da tutti».

A te vengono i brividi a veder giocare la tua squadra in questo modo?

«Vivo a pieno la situazione, perché sono molto emotivo. Io vivo tutto al 100%, sono umano. Quando i ragazzi fanno le cose fatte bene, mi diverto molto dall’esterno. La cosa che mi colpisce è la voglia e lo spirito che hanno. Durante la partita vivo tutto in modo forte».

Più bello il gol di Joshua con la Lazio o di Folorunsho contro la Juve?

«L’azione che finisce Joshua è un’altra cosa, lo preferisco».

Quanto inciderà il fattore affettivo nella scelta del tuo futuro lavorativo?

«Non sono solo un professionista, sono umano. Penso sinceramente di non meritarmi tutto questo affetto, sono grato per quello che mi trasmettono. Tutte le decisioni che prendo le vivo a pieno».

Nel tuo calcio c’è ancora qualcosa di brasiliano e spagnolo?

«Sicuramente si. Qualcosa di brasiliano esiste ed esisterà sempre. Ho avuto una famiglia che mi ha cresciuto in un determinato modo in Brasile, fino ai 15 anni. Il periodo in Spagna è stata una parte importante della mia crescita, dove ho imparato tantissimo. Mi ha fatto bene perché ho conosciuto una cultura diversa, che mi ha fatto aprire la mente, non solo a livello calcistico».

Su Preziosi: «Sono molto grato a lui. Mi ha portato in Italia in un momento molto delicato della mia carriera, dopo gli interventi al ginocchio, per cui la mia carriera sembrava praticamente finita. Lui ha creduto in me nonostante questo, ha un istinto particolare».

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