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Tutti gli uomini di Mister Siniša – Miroslav Tanjga, leader coraggioso nel silenzio più assoluto
Leader impercettibili. Ce ne sono tanti, al giorno d’oggi. La maggior parte di loro, seppur nell’ombra, ama i riflettori. Qualcun’altro, invece, predilige il lavoro sotto traccia. Il caso perfetto riguarda Tanjga, braccio destro e migliore amico di Siniša Mihajlović, che in questa storia sarà un fattore determinante.
Miroslav Tanjga nasce nell’estate di 56 anni fa a Vinkovci, una cittadina al confine tra Croazia e Serbia. Viene definita “la porta della Croazia”, in quanto importante nodo ferroviario di quella regione. Vinkovci, capitale della Sokadija, ha dato i natali a personaggi in contrapposizione tra di loro. Goran Hadzic – politico scellerato – e Josip Kozarak – poeta – sono gli esempi perfetti. Il primo è stato il presidente della repubblica serba di Krajina ma, soprattutto, uno dei criminali più ricercati tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio. Poli opposti, perché dall’altra parte c’e uno degli scrittori più importanti del realismo croato, Kozarak appunto. Due delle sue opere più importanti furono “Mrtvi kapitali” (Capitale morto) e “Među svijetlom i tminom” (Tra la luce e il buio), nel quale lo scrittore si relaziona con il potere statale. Vinkovci è anche la culla delle “Vinkovačke jeseni”, l’autunno di Vinkovci, la più grande manifestazione folcroristica di quella macchia di Europa. Folclore, il termine chiave.
Il folclore è il complesso di idee, tradizioni e costumi che sono propri di un popolo. E quale miglior espressione di questa per raffigurare Miroslav Tanjga, uomo di vita e di calcio, abituato a raccogliere ciò che si semina. Miroslav vuole fare il calciatore, e guai a chi lo contrasta. Esordisce nel 1984 con la maglia della Dinamo Vinkovci, la squadra locale che all’epoca giocava nella massima serie jugoslava, la Prva Liga. Pochi, però, i ricordi lasciati nella propria città, e la retrocessione in seconda divisione nel 1987 fu il punto di non ritorno. Le sue capacità non sfuggirono – l’anno successivo – agli osservatori del Vojvodina, che si convinsero a tesserarlo. Per Tanjga arriva il tempo di lasciare la propria città per raggiungere Novi Sad: è lì che giocherà d’ora in avanti. Nuova città, nuovi colori, una nuova storia: un progresso da difensore che nessuno si sarebbe mai aspettato, e il primo anno arriva subito il titolo nazionale. Da lì è una crescita continua. Resterà altri due anni a Novi prima di atterrare a Belgrado per giocare con i più forti, con i campioni della Stella Rossa. E’ il 1991, e Tanjga arriva nella squadra serba fresca vincitrice della Coppa dei Campioni, conquistata al San Nicola di Bari dopo aver battuto il Marsiglia ai calci di rigore. L’esordio del difensore serbo con la maglia dei “delije” (eroi) arriva nella finale della Supercoppa Europea, persa di misura contro uno dei primi Manchester United di Sir Alex Ferguson. Non uno qualsiasi. Anche con la divisa della Stella Rossa arriva la vittoria del campionato ma, dopo un solo anno a Belgrado, Tanjga decide di emigrare in Europa accettando la corte dell’Hertha Berlino.
Oggi, per un calciatore proveniente dai campionati minori, è sempre arduo emergere fin da subito nei paesi che contano, e molto spesso vieni intravisto come un giocatore minore. Per Miroslav però, le cose andranno diversamente. Arriva in una Berlino caotica con l’etichetta di pilastro della squadra campione di Europa, forse il team più temuto in quel tempo. Per far capire la grandezza dei campionati dell’Est Europa di quel periodo c’è un dato significativo: nella rosa dell’Hertha del 1992 erano presenti solo 4 “stranieri” di fronte a 24 calciatori tedeschi: insieme a lui, l’altro giocatore proveniente dall’Est era Niko Kovac, che poi diventerà uno degli allenatori più importanti della squadra della capitale. Ma questa è un’altra storia. Tanjga in campo dimostra tutte le sue virtù: 94 presenze impreziosite da 4 reti, qualità e quantità messe al servizio di una squadra che veniva da un periodo di profonda crisi. Resterà a Berlino quattro anni, salvo poi accettare di scendere in seconda divisione per giocare con la maglia del Mainz. Da lì in avanti un tracollo chiaro per lui: con la squadra di Magonza firmò un contratto pluriennale ma, dopo un triennio vissuto tra alti e bassi, decise di appendere gli scarpini al chiodo.
Il calcio è dentro di sè e lui lo sa, per questo ha deciso di continuare a inspirare l’aria del prato verde, seppur in panni diversi. Dopo il suo ritiro resta al Magonza e diventa scout, si occuperà dei calciatori provenienti dall’area balcanica. Ad affiancarlo Vjekoslav Škrinjar, un ex calciatore giramondo che ha indossato le maglie delle due squadre di Zagabria ( Dinamo e Nk) prima di andare all’avventura in Giappone e, per finire, atterrare a Magonza. Non è questo il posto di Tanjga, non si sente appagato e non vede l’ora di cambiare aria. Ed è in questo preciso momento che entra in scena Siniša Mihajlović, il migliore amico di Miroslav: i due hanno giocato insieme sia nel Vijvodina sia nella Stella Rossa. Il loro è stato sin da subito un rapporto puro e sincero, come pochi. Come due stelle di neutroni si rincontrano e, da lì in avanti, non si lasciano più. Occorre fare un breve salto temporale, fino a giungere nel 2012. In quell’anno Tanjga decide di seguire Mihajlović in Serbia, l’obiettivo è guidare la Nazionale dopo la fallimentare gestione di Radovan Curcic, esonerato dopo un solo anno. L’avventura dei due amici fraterni non è però migliore della precedente: falliscono miseramente la qualificazione alla fase finale del mondiale brasiliano. Fatale fu l’amaro pareggio nell’ultima gara del girone contro il nemico di sempre, la Croazia. Un anno e mezzo dopo Siniša si arrende, strano per uno come lui. Contro ogni aspettativa però, Tanjga decide di restare un altro anno come assistente. Ma il flusso degli avvenimenti non cambiano.
I due si rincontreranno due anni più tardi, quando Urbano Cairo decide di affidare le sorti del Torino a una personalità travolgente come quella di Mihajlović. E lui non può far altro che chiamare il suo grande amico, pronto a diventare un nuovo collaboratore tecnico dei granata. Dopo due anni in Piemonte vissuti tra alti e bassi e, dopo la mancata parentesi in Portogallo con lo Sporting, i due si ricongiungono a Bologna. Per Tanjga c’è un altro ruolo questa volta, quello di allenatore in seconda. Infatti, l’ex vice di Siniša – tale Attilio Lombardo – decide di dividersi dall’allenatore serbo per provare una nuova esperienza. Una promozione meritata per Tanjga, leader silenzioso e affidabile che – attraverso il lavoro – si è guadagnato questa occasione. Tra il nuovo staff tecnico e il Bologna è amore a primo impatto: dopo aver centrato una salvezza prodigiosa però, il nuovo anno si apre con una notizia terribile.
Inutile citarla, molto più utile è ricordare come un uomo vero come Tanjga è riuscito a prendere per le redini il proprio cavallo pazzo e portarlo in salvo. Lui, insieme ad altri interpreti, è per il popolo rossoblu un grande perno. Demolito dal dolore per il suo amico fraterno è riuscito, in un gruppo che faceva della discontinuità uno dei difetti più vistosi, a ristabilire e a portare la calma in una squadra giovane e che – ancora oggi – ha tanto da imparare. Gli vanno attribuiti diversi meriti. Lui, uomo di poche parole che crede nel lavoro duro. Ancora non ha appreso totalmente la lingua italiana, la sta assimilando insieme ad altri ragazzi del gruppo. Conosce il minimo indispensabile, ciò che serve per farsi capire. E ovviamente i termini per rimproverare i suoi uomini. Un braccio destro forte, estroso e diretto. Perché Siniša Mihajlović non poteva pretendere un fratello migliore di Tanjga, per ciò che rappresenta.
Onore a Miroslav Tanjga, leader coraggioso nel silenzio più assoluto.
Fonti: – wikipedia.org
– hellomagazin.rs
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