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Un Roland Garros “italiano” con sfumature bolognesi

Il torneo francese ha nuances “bolognesi” e sta lanciando una tennista che, a 27 anni, è arrivata in finale: Jasmine Paolini.

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Jasmine Paolini al Roland Garros (©Coni)
Jasmine Paolini al Roland Garros (©CONI)

Questo Roland Garros finirà come uno dei migliori slam di sempre per gli azzurri, con Jannik Sinner numero uno del mondo e Jasmine Paolini, Vavassori-Bolelli e Paolini-Errani,capaci di raggiungere l’ultimo atto.

La scalata di  Jasmine Paolini

I cammini in singolare dei nostri due numeri uno sono stati opposti durante tutta la carriera.
Sinner aveva sin da piccolo l’etichetta del predestinato mentre Jasmine, che ha lottato anche portando con sé il peso di un’altezza non proprio vantaggiosa (1.63 m), ha dovuto bruciare molte più tappe, spesso in sordina.
All’inizio della stagione 2023, in Australia, addirittura mancò la qualificazione al WTA500 di Adelaide e, a 27 anni, nessuno avrebbe potuto credere che questa ragazza avrebbe raggiunto la top 10 femminile solamente 18 mesi dopo.

Il campo ha parlato ed i miglioramenti della toscana sono dunque evidenti, propiziati anche dal doppio, giocato con Sara Errani. Intervistata da Eurosport alla vigilia delle semifinali di doppio ha affermato di essere migliorata “al servizio, in risposta e a rete” grazie alla specialità: probabilmente i colpi più delicati nel tennis moderno.
Le ultime due vittorie contro Rybakina ed Andreeva hanno confermato – se non superato- le aspettative maturate negli ultimi mesi. L’azzurra ha giocato un tennis compatto ed efficace specialmente sul lato destro, con dei dritti spesso risolutivi che hanno tolto le castagne dal fuoco in più circostanze.

La finale di Jasmine Paolini

Comunque vada contro Swiatek, l’italiana sta compiendo una scalata incredibile e sta elevando nuovamente il tennis femminile italiano che negli ultimi anni viveva di sporadici exploit, come la semifinale proprio a Parigi di Martina Trevisan e la vittoria di Camila Giorgi in Canada: la sfida più grande sarà mantenere questo livello, ma i mezzi ci sono tutti.

Re Jannik atteso all’incoronazione

Lunedì Sinner sarà numero uno del mondo. Un ragazzo che ha saputo scegliere, anche in modo scomodo, ma sempre a modo suo, sempre attaccato al lavoro ed al suo processo di crescita. L’azzurro ha raggiunto l’obiettivo degli Open di Francia, nonostante l’amaro in bocca lasciato dal match contro Alcaraz.
Lo spagnolo ha battuto Jannik, questo è vero, tuttavia ha faticato sulla sua superficie preferita contro un giocatore uscente da un infortunio e a dir poco scarico in diverse fasi del match. Il Sinner visto ieri è sicuramente un giocatore che, con qualche partita in più nelle gambe, può continuare a battere tutti, compreso l’iberico.

Pur essendo vero che questa sfida ha deluso molti spettatori, abbiamo visto quindi uno Jannik che come colpi ha giocato molto meglio ed ha a tratti dominato: gli acciacchi dell’infortunio si sono fatti sentire ma il tempo è dalla sua parte. Halle, dove ritroverà un terreno a lui più congeniale, lo aspetta con ansia.

I Doppi: un ritorno di grazia  “Made  in Bologna”

Le due coppie di doppio che si sono qualificate alle finali hanno origini simili: nate tutte e due nella scorsa stagione ed esplose rapidamente, hanno ridato vita al doppio in Italia dopo quel 2015 in cui Fognini e Bolelli vinsero l’Australian Open.
Mentre il duo maschile è composto da due specialisti, Errani e Paolini sono state grandi singolariste prima di approdare all’altra disciplina.

Sara Errani, ex numero 5, ha trovato una seconda vita tennistica riscoprendo quel doppio che l’aveva portata a vincere Roma nel 2012 e si è ripetuta dodici anni dopo. Per la bolognese, lo scandalo del tortellino e del doping è un lontano ricordo, al contrario il periodo attuale è tanto positivo da essere rientrata in top 100 anche in singolare, traguardo non scontato a quest’età.

Jasmine Paolini non sente la fatica del singolo

Jasmine Paolini, forte del doppio impegno singolo-doppio, è la protagonista indiscussa della coppia. Gestisce le energie magistralmente, giocando anche due partite al giorno in due discipline totalmente diverse, ma ormai è impossibile da fermare. Potente, grintosa e ottima in fase difensiva a fondocampo, è ormai una doppista tra le più complete al mondo.

Il doppio maschile, un ottimo mix di esperienza e potenza

Simone Bolelli ed Andrea Vavassori hanno consumato giovedì la vendetta della finale australiana contro Bopanna ed Ebden, e la coppia si è garantita così le Olimpiadi, proprio a Parigi.
Vavassori è potente e decisivo a rete, Bolelli è più esperto e spesso incanta in difesa: nessuno dei due è protagonista.  Questa alchimia perfetta li sta portando sul tetto del mondo: due finali slam consecutive li portano ad un passo dalle ATP Finals di Torino già a giugno – al cosiddetto giro di boa. Sono infatti la terza coppia in stagione per punti dopo i loro avversari di ieri e Granollers-Zeballos, che hanno perso la semifinale. Non male per un duo di formazione recente, che potrà rappresentare l’Italia anche a Bologna e Malaga per difendere la Davis appena conquistata.

Bologna trait d’union di entrambi i doppi

Elemento d’orgoglio per noi è che tutte e due le coppie hanno un “elemento Bologna”: oltre a Sara Errani, anche Simone Bolelli è nato in città.
Non è un caso, infatti, che l’Emilia-Romagna sia al centro del movimento tennistico: la Federazione Italiana Tennis organizza ogni anno uno dei suoi campi estivi proprio a Serramazzoni, per trovare nel territorio un possibile erede dei campioni nati in regione come Omar Camporese (bolognese, anche ottimo doppista) e Raffaella Reggi, che fu numero 13 al mondo in singolare e 25 in doppio, e che vinse nel misto anche lo US Open nel 1986 con Sergio Casal.

Articolo di Matteo Paganelli

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