Bologna FC
Walter Sabatini si racconta: l’uomo dietro al dirigente
Walter Sabatini, attuale coordinatore dell’area tecnica del Bologna, si è raccontato in una lunga intervista con Pasquale Guarro di Calciomercato.com. Il dirigente, originario di Marsciano in provincia di Perugia, ha avuto una modesta carriera fra Serie A e Serie B dal 1973 al 1984 prima di tentare la carriera da allenatore, in Serie D con il Gubbio, esperienza che risulterà però fallimentare. La sua carriera da dirigente inizia nel 1992 come responsabile del settore giovanile della Lazio, dove fra gli altri militavano Alessandro Nesta e Marco Di Vaio; due anni dopo, invece, sarà la Triestina ad offrirgli per la prima volta il ruolo di Direttore Sportivo. Come Ds Sabatini ha lavorato poi per il Perugia, dove scopre Gennaro Gattuso; per la Lazio, dal 2004 al 2008, dove porta in biancoceleste giocatori come Aleksandar Kolarov, Stefan Radu e Stephan Lichtsteiner e per il Palermo, dal 2008 al 2010, dove acquistò Kamil Glik, Josip Ilicic e Javier Pastore. La sua esperienza più importante è, però, probabilmente quella alla Roma, dove nel quinquennio tra il 2011 e il 2016 riesce a portare nella Capitale giocatori del calibro di Erik Lamela, Miralem Pjanic, Marquinhos, Kostas Manolas, Radja Nainggolan, Edin Dzeko, Mohamed Salah e Allison Becker. Un rapporto di grande amore quello con la Città Eterna, tanto che Sabatini afferma di aver avuto difficoltà a riconoscersi come persona diversa dal suo ruolo; un amore, purtroppo, non totalmente ricambiato, con la piazza che sembra essersi resa conto ormai troppo tardi del grande lavoro svolto dal dirigente umbro e del patrimonio che ha lasciato una volta andato via. Proprio alla Roma Sabatini racconta di aver messo a segno l’acquisto più esaltante della sua carriera, quello di Mohamed Salah, trattativa definita un vero e proprio golpe che ha visto la Roma superare la concorrenza dell’Inter, strappando il talento egiziano dal Chelsea per un totale di 20,5 milioni fra prestito e diritto di riscatto.
Proprio i nerazzurri sono stati il passo successivo della carriera di Walter Sabatini, stavolta come coordinatore dell’area tecnica; esperienza breve (dal maggio 2017 al marzo 2018) e che viene ricordata dal dirigente con grande rammarico per non aver avuto più impegno e pazienza, ma che gli ha permesso di lavorare con Jindong Zhang, definito un vero e proprio imperatore, estremamente intuitivo e interessato nel comprendere la cultura occidentale. Inoltre, i segni del suo passaggio all’Inter sono visibili ancora oggi: su tutti, l’acquisto di Alessandro Bastoni, prelevato dall’Atalanta proprio su indicazione di Sabatini, che vide nel giovane difensore il potenziale per affermarsi anche in campo internazionale.
Terminata l’avventura con il club nerazzurro, Sabatini passa la stagione successiva alla Sampdoria, sempre in veste di coordinatore dell’area tecnica, ruolo che lascerà anzitempo per via di alcuni screzi con il presidente Massimo Ferrero; da qui la chiamata di Joey Saputo, che offre a Sabatini il ruolo di coordinatore dell’area tecnica di Bologna e Montreal Impact. Proprio con i rossoblu in Sabatini si sta risvegliando una passione sempre maggiore, un po’ come successe già a Roma, con il dirigente che ha espresso la sua grande ammirazione verso la squadra e l’emozione nel vedere rendere al massimo delle loro potenzialità giocatori come Tomiyasu, Palacio, Barrow, Danilo e in generale tutto il Bologna, che definisce la sua squadra ed un motivo di orgoglio. Parole al miele anche per l’allenatore Sinisa Mihaijovic, che, dice Sabatini, è stato in grado di dare un volto alla squadra e di trarre il meglio da ogni componente. In particolare, Sabatini ha parlato di Musa Barrow, arrivato al Bologna nel gennaio 2020, descrivendolo come un calciatore fortissimo, potenzialmente da 20 goal in campionato, ma che deve ancora migliorare e tenere accesso il fuoco che ha dentro.
Visionario del calcio e, per molti, anche maestro, Sabatini tuttavia non vuole definirsi tale, per via della sua impazienza verso il calcio e la vita in generale; i suoi punti di riferimento sono stati pochi, su tutti Riccardo Sogliano, definito come un uomo coraggioso e decisionista, che nel 1982 era Ds del Parma in cui giocava Sabatini, affiancato da giovani interessanti come Salsano, Pari e Berti, portati in Emilia proprio da Sogliano. Inoltre, Sabatini dice di dare grande importanza alla letteratura, che è in grado di raccontare mondi sconosciuti e di dare risposte alle domande che lo attanagliano.
Molti, invece, gli allenatori con cui ha collaborato Sabatini: Nils Liedholm il più grande, dice, ricordando di come si guadagnò l’attenzione del tecnico svedese in un Catanzaro-Varese del 1975/1076, che convinse a portare Sabatini alla Roma nella stagione successiva. Grande rapporto anche con Luciano Spalletti, definito da Sabatini come un genio assoluto: i due hanno lavorato insieme all’Inter nella stagione 2017/2018, periodo di cui Sabatini ricorda simpaticamente le sfuriate del tecnico toscano riguardanti questioni irrisolvibili. Sabatini ha anche voluto difendere Spalletti dalle critiche arrivategli da alcuni suoi ex calciatori, dicendo che non bisogna ascoltare i giocatori che parlano degli allenatori a posteriori perché sono poco attendibili e dice di comprendere la sua scelta di allontanarsi momentaneamente dal calcio, in quanto lo stress è sempre molto alto. Inoltre, Sabatini ha parlato anche di Antonio Conte, attuale tecnico dei nerazzurri, ricordando una recente discussione: il tecnico salentino aveva commentato una rete del Bologna liquidandola come un semplice autogol, mentre Sabatini riteneva fosse giusto evidenziare la bellezza dell’azione, bellezza che andrebbe sempre valorizzata e non eclissata. Rimane, in ogni caso, una grande stima reciproca fra i due. Conte e Sabatini sembrano avere inoltre qualcosa in comune, ossia l’idea della sconfitta, che è per Sabatini un qualcosa di intollerabile, indecoroso, che toglie la dignità e costringe ad abbassare lo sguardo; nonostante ciò egli riconosce anche l’importanza della sofferenza, definita come un diritto, esattamente come la solitudine, fondamentale per metabolizzare il dolore e venirne fuori al meglio.
Ottimo direttore sportivo, dunque, ma anche un padre di famiglia Walter Sabatini, che ha raccontato del rapporto con suo figlio, Santiago, che rappresenta per il padre una ragione di vita. In particolare ha parlato della sua passione per la Roma e per Edin Dzeko, della sua grande emozione quando papà Walter volò a Manchester per trattare l’attaccante bosniaco e del suo sogno di seguirne le orme: in questo Sabatini ha detto che lo aiuterà se avrà la giusta attitudine e spirito di sacrificio, e crede che avrà la sua stessa sensibilità ed immediatezza. Fondamentale anche il rapporto con la moglie, che gli è stata vicina nei momenti di difficoltà e che lo ha aiutato ad affrontare la malattia che lo ha colpito pochi anni fa. Ora, fortunatamente, sembra tutta acqua passata, e lo stesso Sabatini afferma di non riuscire a contenere le energie, che vuole incanalare nel suo lavoro a Bologna.
Prima di concludere, Sabatini ha anche espresso la sua idea circa i cambianti nel calcio, in particolare per quanto riguarda il ruolo del direttore sportivo, categoria che sembra in declino per via della nuova tendenza di attribuire alle statistiche degli scout un valore risolutivo; Sabatini ha detto a riguardo che il calcio è fatto sì da statistiche ma non solo, e che il ruolo del direttore sportivo sarà comunque imprescindibile. Inoltre, si è anche espresso sui due nuovi fenomeni del calcio mondiale, che sembrano destinati ad occupare il ruolo che per anni è stato di Lionel Messi e Cristiano Ronaldo: Erling Braut Haaland e Kylian Mbappè. Sabatini ha detto di preferire il secondo, ma che gli piacerebbe acquistare l’attaccante norvegese, destinato a segnare centinaia di goal.
In conclusione, Sabatini ha parlato degli amici che si è fatto nel mondo del calcio: pochi, per via della sua concezione di amicizia, ritenuta un impegno troppo grande, ma ha voluto comunque citare il procuratore Rocco Dozzini, ritenuto un uomo cerebrale. Inoltre, ha affermato che con molta probabilità il Bologna sarà la sua ultima sfida, ma una sfida destinata a rinnovarsi, con il sogno di portare i rossoblu in Europa ed mettere nel mirino nuovi traguardi.
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