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Calcio

Racconti Mondiali – Brasile-Svezia 5-2: doppietta di un diciassettenne Pelè, i verdeoro sono campioni del mondo (3/3)

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Il Brasile si presenta, alle soglie del 29 giugno del 1958, con la concreta possibilità di vincere il suo primissimo titolo mondiale e di dare inizio alla sua dinastia tra le big del fútbol latino-americano.

Nonostante le cinque apparizioni precedenti, infatti, la nazionale verdeoro rimaneva ancora la meno vincente tra le compagini continentali. L’Argentina aveva già conquistato ben undici edizioni della Copa America, mentre l’Uruguay nove, ma vincendo addirittura già due mondiali (di cui quello del ’50 con la ferita del Maracanazo ancora impressa sulla pelle dei brasiliani).

Nelle sue tre precedenti apparizioni al mondiale invece, la Svezia aveva sempre superato il primo turno, giungendo ai quarti di finale nel 1934, quindi alle semifinali nel ’38 e addirittura ad un trionfale terzo posto nel ’50. Otto anni dopo, superato un ostico girone comprendente Messico, Ungheria e Galles, i Blågult sconfissero anche la Germania per 3-1 nella loro miglior partita del torneo, e si ritrovarono inaspettatamente davanti a 52.000 spettatori e agli undici indomiti brasiliani per la finale mondiale.

Feola fu costretto a rivedere la formazione poiché De Sordi s’era infortunato contro la Francia, quindi schierò un 4-2-4 con Gilmar; Dyalma Santos, Bellini, Orlando, Nilton Santos; Zito, Didi; Garrincha, Vava, Pelé, Zagallo.

Il c.t. della Svezia George Raynor confermò invece in blocco l’undici utilizzato sino a quel momento, con un sistema fluido tra il 2-3-5 e il 3-2-2-3 in cui figuravano Svensson; Bergmark, Axbom; Borjesson, Gustavsson, Parling; Hamrin, Gren, Simonsson, Liedholm, Skoglund.

Il 27 giugno, due giorni prima della finale, fu effettuato il sorteggio delle maglie, dato che entrambe le contendenti sfoggiavano come prima tenuta la casacca gialla con pantaloncini blu. La fortuna premiò gli svedesi, con il Brasile costretto a ripiegare sulla maglia azzurro-verde con pantaloncini bianchi. In cambio, i verdeoro ottennero dalla FIFA il divieto per la Svezia di impiegare le cheerleader a bordo campo, poiché, secondo i sudamericani, avrebbero finito per confondere gli avversari e favorire i padroni di casa.

Prima del fischio d’inizio le due squadre si erano affrontate solo due volte, tra l’altro sempre ai mondiali, ed avevano visto un netto prevalere della CBD, con 11 gol rifilati e solo 3 subiti in 180 minuti. Alle 15 locali, l’arbitro francese Maurice Guigue dà ufficialmente inizio alle ostilità. 

A battere l’avvio sono i brasiliani, ma sono subito gli scandinavi a rendersi pericolosi. Appena al 3’, infatti, agitano proteste per un tocco di mano sospetto di un difensore verdeoro in area di rigore, e neanche un minuto dopo passano in vantaggio con una grandissima giocata di Liedholm, che si libera di due avversari e dal limite dell’area deposita nell’angolo in cui Gilmar non può arrivare.

Didi porta la palla verso il centrocampo; nessuno si aspettava un inizio così arrembante da parte degli svedesi, e per i suoi deve necessariamente iniziare un’altra partita.

Detto fatto, e già nell’azione seguente Garrincha svernicia l’intera fascia destra per poi concludere pericolosamente sull’esterno della rete. È il preludio al pareggio del Brasile, che giunge all’8’ ancora da una galoppata di Garrincha: corse e palla in mezzo per Vava, che spunta in mezzo ai difensori svedesi e insacca.

Ricomincia il match, Garrincha è sempre più incontenibile, e al 10’ Pelè dà un assaggio delle sue clamorose qualità: controlla al volo una palla al limite dell’area; quindi, se l’aggiusta sul sinistro e sempre al volo fa partire una conclusione che si stampa sul palo alla destra di Svensson. Un minuto dopo, una sua serpentina all’interno dell’area libera Vava, che però consegna inspiegabilmente la palla al portiere.

Da qui in poi, per almeno un quarto d’ora è un monologo brasiliano, con giocate di alta classe come il tunnel di Didi al 17’. Poi, la Svezia sfiora clamorosamente il goal con una rocambolesca palla in mezzo respinta sulla linea da Zagallo, ma è ancora Vava a far esplodere i gioia i suoi tifosi al 32’, al termine di un’azione fotocopia del gol precedente (dove ancora una volta, l’assist è di Garrincha).

La difesa della CBF continua a scricchiolare mentre l’attacco dà l’impressione di poter segnare in qualsiasi momento, ed è su questo leitmotiv che si sviluppa il resto del primo tempo sino al fischio dell’arbitro, che manda le squadre al riposo sul 2-1.

I primi 10’ della ripresa sembrano mantenere lo stesso canovaccio tattico, con il Brasile a fare la partita e la Svezia a cercare di sfruttare le (inedite) incertezze difensive degli avversari.

Poi, al 56’, la magia: Nilton Santos pesca Pelè con un pallone alto dal limite dell’area; il (neanche) diciottenne attaccante verdeoro aggancia, salta un difensore piombatogli addosso con un pregevole sombrero, quindi al volo, questa volta di destro, trafigge Svensson con un tiro preciso e potente. Il commentatore verdeoro impazzisce, e grida al sensacional, mentre chiunque non può far altro che riconoscere la classe cristallina di colui che sarebbe divenuto, per tutti, O Rei.

Dopo il 3-1, la partita per il Brasile si fa in discesa, e le incursioni scandinave divengono sempre più sporadiche. Garrincha è ormai il padrone incontrastato della fascia destra, e al 68’ c’è gloria anche per Zagallo, bravo a vincere un rimpallo e a mettere a segno il quarto gol dei suoi.

A 10’ dalla fine Simonsson accorcia le distanze, sfruttando un buco in difesa e portando il risultato sul 4-2, ma il Brasile rimane comunque in controllo, e al 90’ c’è anche spazio per la seconda gioia di giornata di Pelè: con un meraviglioso colpo di tacco libera Zagallo sulla sinistra; quindi, si fa restituire il pallone e di testa mette alle spalle di Svensson per il quinto gol che fa esplodere la panchina e il cronista brasiliano.

Il giovane in lacrime viene sollevato dai suoi compagni, che poco dopo effettuano un giro per tutto il campo con un’enorme bandiera svedese in segno di rispetto, con il pubblico che ricambia applaudendo lo spettacolo offerto dai funamboli d’oltreoceano.

Bellini alza la coppa al cielo, il Brasile è campione del mondo, le gente scende in strada per i quartieri di Rio e riscatta l’onta subita otto anni prima a pochi metri da casa contro l’Uruguay. Inizia l’era della maestosa CBF, che di lì in avanti si aggiudicherà altre cinque edizioni della Coppa del Mondo (diventandone la più titolata), quindi altre sei Copa America e quattro Confederations Cup, e inizia quella dei mille e più gol del calciatore del secolo, di sua maestà, della perla nera Edson Arantes do Nascimento, in arte Pelè.

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