Calcio
EuRoad. Episodio 5: Euro 2020. Seconda parte
Continua il nostro viaggio. Dopo i gironi eliminatori, andiamo a raccontare gli ottavi e i quarti di questo mirabolante europeo.
Ottavi di finale
Ottavi di finale. Tutte le partite previste appaiono sostanzialmente equilibrate, ma alcune gare si presentano come dei veri e propri scontri fra titani.
Vanno avanti Danimarca e Ucraina in maniera opposta.
I danesi rifilano un poker senza appello a un Galles che non riesce a replicare il miracolo dell’europeo francese di quattro anni prima. L’Ucraina, invece, si affida a un’incornata di Dobvyk nel recupero del secondo tempo supplementare per eliminare una combattiva Svezia.
Belgio – Portogallo
A Siviglia, la sera del 27 giugno, va in scena il primo dei big match in programma per gli ottavi di finale: Belgio – Portogallo.
La partita è di quelle interessanti sulla carta, il cui tasso tecnico presuppone fuochi d’artificio, ma che si rivela bloccata e difficile. Entrambe le squadre sembrano avere più che altro paura di uscire presto e non brillano. Decide uno spettacolare destro di Hazard, Thorgan beninteso, che veste i panni del fratello e lascia partire un missile che vale i quarti di finale.
Lo stesso giorno, ma tre ore prima, l’Olanda viene a sorpresa eliminata dalla Repubblica Ceca. A Budapest finisce 2-0 con Patrik Schick ancora una volta mattatore: è suo il secondo gol che spedisce i cechi tra le prime otto.
Italia – Austria
E gli Azzurri? Che tanto bene avevano fatto nel girone eliminatorio? E figurati se non ci complichiamo in qualche modo la vita.
Anche nel mondiale del 2006 la gara più tignosa era stata l’ottavo di finale. Allora era l’Australia di Guus Hiddink, stavolta è l’Austria di Franco Foda.
Das Team è una formazione scomoda da affrontare, siamo più forti è vero, ma gli austriaci ci mettono in seria difficoltà e poi, particolare non indifferente, non siamo più a Roma. Niente più tifo forsennato, niente più calore trascinante.
Siamo a Londra, nel tempio di Wembley che, non nascondiamoci, ci fa un po’ paura.
Partiamo bene, però. Spinazzola spaventa Bachmann e Immobile scheggia l’incrocio dei pali con un destro improvviso dai venti metri, ma non riusciamo a sbloccarla.
La ripresa si apre con un minuto di apnea quando la punizione dal limite di Alaba sfiora soltanto la traversa. Pericolo scampato.
Ma la squadra di Foda comincia a prendere campo, il possesso palla degli Azzurri non è fluido come al solito e rischiamo qualcosina di troppo. La paura lascia spazio allo sconforto quando Arnautovic porta in vantaggio gli austriaci con un colpo di testa imparabile. Sembra finita, ma il VAR ci salva fuori tempo massimo con la chiamata: fuorigioco. Millimetrico, ma pur sempre fuorigioco.
La storia della gara, però, non cambia.
Italia – Austria: tempi supplementari
Supplementari. E da lì è come se ci scrolliamo di dosso le paure: è di nuovo grande Italia.
Ad aprire le marcature è un giocatore sontuoso. In quell’europeo è semplicemente straordinario.
Partito come riserva di Mimmo Berardi come esterno alto nel 4-3-3, Federico Chiesa entra nella storia e la stravolge. Il gol che apre le marcature è pazzesco. Perché sembra che controlli male, ma poi si ricoordina in un attimo, quasi palleggia cestisticamente la palla con la suola che gli rimane lì e da un angolo strettissimo ci fa liberare un urlo che è quasi più di sollievo che di gioia. 1-0.
E negli spazi che per forza di cose si vanno a creare siamo meravigliosi.
Il 2-0 lo sigla Matteo Pessina, altro uomo del destino. Agli europei non doveva neanche esserci, ma l’infortunio di Sensi ha convinto Mancini a dargli una chance e va segno per la seconda partita consecutiva dopo il gol-vittoria al Galles.
L’Austria nel finale fa 2-1, ma con una fatica indicibile, ai quarti di finale ci andiamo noi.
Inghilterra – Germania, la rivalità infinita agli ottavi di finale
Un altro incredibile capitolo di questi ottavi di finale è la centenaria sfida tra Inghilterra e Germania. Mai amate, questo no, ma nella storia del calcio è impossibile citare l’una senza l’altra.
Nel 1966, prima della finale mondiale, i giornali popolari inglesi uscirono con titoli come “Li abbiamo battuti quando contava” o similari.
È evidente che non può essere una partita come le altre.
L’ultimo precedente tra le due squadre in una competizione ufficiale risale ai mondiali del 2010. Finì male per gli inglesi: un 4-1 che ancora brucia, anche se a fare la differenza era stato un clamoroso gol negato a Frank Lampard che sarebbe valso il 2-2, come per un contrappasso per la rete di Hurst nella finale del ‘66.
Coincidenze che solo il calcio può regalare.
E quindi, ancora una volta agli ottavi di finale le due squadre si giocano tutto.
La gara è vivace. Subito un’occasione per parte, con Neuer e Pickford vincono i duelli, rispettivamente, con Sterling da lontano e Werner a tu per tu.
La ripresa si apre con il portiere dell’Everton che si esibisce in un’altra bellissima parata. Stavolta è bravissimo nel neutralizzare il tiro di controbalzo partito dall’esplosivo mancino di Kai Havertz.
La Germania prova a premere, ma a un quarto d’ora dalla fine è l’Inghilterra ad andare avanti.
Progressione impressionante di Sterling che si porta a spasso mezza difesa tedesca prima di servire Kane. Il numero 9, come un pivot del basket, si gira e allarga per l’accorrente Grealish. L’estroso giocatore dell’Aston Villa controlla, sembra perdere un tempo di gioco, ma è rapido nel ritrovare la condizione per servire sulla corsa Shaw che, di prima intenzione, trova Sterling che si è buttato dentro e, dopo aver cominciato l’azione, è al posto giusto e al momento giusto per concluderla con il piattone.
Wembley è una bolgia. Gli inglesi ci credono, non sanno come, ma ci credono.
Pochi istanti dopo, però, la maledizione sembra abbattersi nuovamente contro la nazionale dei Tre Leoni.
Scellerato retropassaggio di Sterling, Havertz intercetta e lancia nello spazio Thomas Müller. Il giocatore del Bayern Monaco ha cinquanta metri di campo, di cui quaranta palla al piede. Due, al massimo tre, secondi in cui pensa di tutto. É uno contro uno con Pickford. È sfida infernale. Alle sue spalle Maguire prova un recupero disperato, ma sostanzialmente impossibile. Si decide tutto lì, in quegli attimi sospesi nel tempo, in quei secondi in cui tutto può cambiare. Pickford esce a valanga, è bravo nel chiudere lo specchio. Müller calcia.
Fuori. La palla termina sul fondo. La Germania è eliminata in quel momento.
Il gol di Kane, contro una difesa tedesca ormai assente, è solo epilogo dell’ennesimo, emozionante, capitolo di una rivalità infinita.
Croazia – Spagna: le Furie Rosse rischiano, ma superano gli ottavi
Restano due gare per delineare la rosa delle magnifiche otto, ma non sono due gare qualsiasi. In Spagna-Croazia e Francia-Svizzera succede letteralmente di tutto.
Partiamo dalla Spagna. La retroguardia iberica era apparsa come l’indubbio anello debole del meccanismo e si conferma ballerina anche contro la Croazia.
Lontana dai fasti di tre anni prima, la formazione di Zlatko Dalic è comunque una formazione temibile. Se poi hai uno dei, stiamo larghi, cinque centrocampisti più forti della sua generazione non puoi mai essere preso sottogamba.
Pronti via e si capisce subito che sarà una gara tesa, che metterà a dura prova i cuori dei tifosi delle due squadre. Tra il 15’ e il 20’ Pedri è protagonista due volte. Entrambe in negativo. Prima spreca, calciando addosso a Livakovic, un’imbucata da master in verticalizzazione targata Sergio Busquets; poi serve un retropassaggio comodo a Unai Simon che, incredibilmente, manca l’aggancio e la palla finisce dentro. 1-0 per la Croazia: un incubo per le Furie Rosse.
L’episodio avrebbe potuto condizionare la tenuta mentale di tante squadre, ma la Spagna reagisce e al 38’ riequilibra il punteggio. Livakovic è superlativo nel deviare il mancino di Gayà, ma non può nulla sulla ribattuta ravvicinata targata Sarabia. 1-1. Tutto da rifare.
La ripresa si apre con il gol del vantaggio spagnolo. Ferran Torres pennella uno stupendo cross sulla testa di Azpilicueta che, in proiezione offensiva, salta e impatta il 2-1. Vantaggio che diventa chiusura virtuale di partita al 77’.
Dormita colossale della difesa croata, Pau Torres sventaglia col sinistro dalla sua metà campo verso Ferran Torres che batte Gvardiol, in colpevole ritardo, in velocità e sigla il gol dell’apparente sicurezza.
Apparente, appunto, perché questa partita non finisce mai. A cinque dalla fine Modric va via sulla destra, mette in mezzo un pallone sporco sul quale si accende una mischia furibonda. L’area piccola è una tonnara, ma alla fine Orsic, con la conferma definitiva della goal line technology spinge dentro il pallone della speranza. Speranza che diventa euforia quando, al 92’, Pasalic compie il suo classico inserimento in area di rigore, la difesa della Roja se lo perde e di testa fa 3-3.
Gli spettatori neutrali esultano, ci sono ancora trenta minuti da godere.
Ad inizio extra-time Orsic e Kramaric vanno vicini al 4-3, ma la Spagna alza la cresta e prende in mano la partita.
L’uomo più atteso, Alvaro Morata, controlla benissimo il suggerimento di Dani Olmo, elude l’intervento del difensore e squarcia la rete con un sinistro spaventoso.
Ancora una volta la Spagna è avanti.
Stavolta la Croazia non ha la forza di rimontare, anzi, tre minuti dopo, Oyarzabal transenna la partita ancora su assist di Dani Olmo. Ai quarti ci vanno gli spagnoli.
Francia – Svizzera
Se Spagna – Croazia era stata pirotecnica, Francia – Svizzera, che si gioca poche ore dopo a Bucarest, è lisergica.
I fatti si susseguono in maniera inspiegabile, raggiungendo un epilogo folle.
Al 15’ passa clamorosamente in vantaggio la Svizzera. Lato corto dell’area di rigore. Zuber ubriaca di finte Pavard come un Amantino Mancini dei tempi d’oro e mette in mezzo una palla splendida,
Seferovic sovrasta Lenglet e fa 1-0. Tutto ci si poteva aspettare, tranne un inizio così.
Le Blues reagiscono immediatamente. Il gol subito ha un effetto tutto fuorché anestetico sulla squadra di Deschamp che riprende immediatamente a macinare, ma non riesce a venire a capo della questione. Pressione costante nella metà campo svizzera, ma il pari non arriva e il punteggio non si sblocca per tutto il primo tempo.
Al rientro dagli spogliatoi, arriva l’episodio che potrebbe rivoluzionare la gara. Ancora Zuber sulla corsia di sinistra protagonista. Corsa maiuscola dell’esterno che, all’ingresso in area di rigore, rientra sul destro e Pavard ci casca ancora con tutte le scarpe: tackle in ritardo e calcio di rigore.
Dagli undici metri si presenta una conoscenza del calcio italiano. Ricardo Rodriguez apre il mancino, Lloris indovina e blocca in due tempi. Si resta 1-0. E se il calcio ha una regola non scritta è gol sbagliato, gol subito: non passano neanche due minuti e Mbappé trova la traccia centrale per Benzema che si aggiusta il pallone e batte Sommer in uscita. 1-1.
A questo punto la Francia si guarda, si compiace e capisce che ha le armi per ribaltare la partita. Ci mette meno di cento secondi.
Widmer perde un sanguinoso pallone ai sedici metri e i francesi puniscono con un’azione corale davanti alla quale bisogna alzarsi in piedi e ringraziare dello spettacolo: recupero palla di Pogba e appoggio corto per Coman che va all’uno contro uno, finta e poi tocco per Griezmann. Il numero 7 chiede e ottiene lo scambio con Mbappé che gliela restituisce con il tacco. Griezmann va via di forza e scucchiaia in area piccola dove c’è, tutto solo, Benzema che deve solo spingere dentro di testa.
Uno-due terrificante. Di una bellezza stordente.
A questo punto della partita chiunque, allo stadio o a casa, pensa che sia finita. E ne ha ben donde: manca ancora mezz’ora, potrebbe finire malissimo per la Svizzera.
E sembra andare così quando, al 75’, Pogba controlla e dipinge una traiettoria di destro che toglie le ragnatele dall’incrocio dei pali da venticinque metri.
Stavolta è finita davvero, pensano tutti. Tutti tranne i giocatori della Svizzera evidentemente.
Visto che all’81’ Mbabu mette un altro traversone in area di rigore. La palla tagliata è di quelle perfette perché dietro le spalle della difesa, ma troppo veloce per concedere al portiere il lusso dell’uscita. Seferovic ringrazia e concede ai compagni una speranza, tenue, di rimonta.
La Francia sembra in controllo, tutto sembra indirizzato, ma allo scoccare del novantesimo l’inaspettato accade. Gavranovic legge la difesa messa male dei transalpini, siede Kimpembe e trova l’angolino basso dal limite. Incredibile, ma vero. Francia 3 Svizzera 3.
Supplementari? Sì, ma prima c’è ancora spazio per altra disperazione francese. 94 abbondante sul cronometro. Bella palla in area per Coman che controlla di petto e si coordina magnificamente per incrociare il destro di controbalzo. Forte, teso, ben indirizzato: traversa piena.
Supplementari.
Subentra un po’ di stanchezza e le occasioni sono meno: al 4’ Pavard prova a riscattare la pessima prestazione, ma Sommer è superlativo nell’alzare la palla sopra la traversa; Mbappé calcia fuori da ottima posizione in un paio di circostanze.
Si va dove non volevano i francesi: ai calci di rigore.
I primi quattro per squadra sono perfetti. Tutti imparabili. Mehmedi per il quinto spiazza ancora Lloris e a questo punto dal dischetto si presenta Kylian Mbappé.
È il calciatore più forte del mondo, senza se e senza ma, ma i rigori c’entrano molto poco con le doti tecniche. Non calcia neanche male il 10 dei transalpini, ma Sommer l’ha studiato, sa che punterà l’incrocio alla sua destra. Anticipa il movimento, si allunga e respinge. La Francia campione del mondo è fuori dalla competizione.
Quarti di finale
A guardare oggi il tabellone dei quarti di finale, si può notare come effettivamente ci sia andata male. Italia, Spagna e Danimarca sono le uniche formazioni a poter vantare un titolo europeo nel palmares; poi c’è il Belgio, eterna incompiuta, ma che comunque becchiamo noi; l’Inghilterra che appare come la squadra da battere; e altre quattro squadre che oggettivamente possono essere più che soddisfatte del percorso condotto, già con questo risultato.
Ma in questo torneo di scontato non c’è niente, ormai l’avrete capito.
Il sogno danese continua
Nella curiosa cornice di Baku, va in scena il quarto di finale dal tasso tecnico minnore, ma che può incoronare la definitiva sorpresa del torneo: Danimarca – Repubblica Ceca.
La gara si mette subito in binari favorevoli per i danesi che, come guidati da uno spirito superiore, al 5’ sono già avanti. Calcio d’angolo battuto benissimo da Stryger Larsen. La palla plana in area di rigore e Delaney, lasciato colpevolmente libero, incorna per l’1-0.
La partita è accesa e piacevole, si percepisce la voglia di entrambe le squadre di fare l’impresa sommata a una soddisfazione per essere giunte fino a lì. Passano dieci minuti e l’asse Stryger Larsen – Delaney confeziona un’altra occasione: il cross del giocatore dell’Udinese è preciso, ma il numero 8 non riesce a impattare con efficacia e ad indirizzare tra i pali di Vaclik.
La Repubblica Ceca si scuote e va vicina al pari con Holeŝ, ma Schmeichel è eccezionale nel chiudere la saracinesca.
E proprio nel momento migliore dei cechi, la Danimarca raddoppia. L’esterno destro con cui Mæhle trova Dolberg in area piccola è una delle giocate più belle dell’europeo. Si va al riposo così.
Ad inizio ripresa quella che oggi si chiama Cechia accorcia le distanze: ancora una volta Schick, al quinto gol nella competizione.
Altro pezzo di bravura non indifferente, per il fiuto, ma soprattutto per la capacità di coordinarsi e girare in buca d’angolo.
La rete, però, non basterà e, dopo un forcing finale contro cui la retroguardia danese regge strenuamente, il triplice fischio consente ai danesi di raggiungere la seconda semifinale europea della propria storia dopo quella, straordinaria, nel 1992.
Tutto facile per l’Inghilterra nei quarti di finale
Il 3 luglio, a Roma, anche l’Inghilterra si iscrive alla rosa delle prime quattro d’Europa. Lo fa grazie alla gara meno in discussione.
L’Ucraina ha in panchina un condottiero, alla prima esperienza in panchina, ma dal valore simbolico trascinante.
Andrij Shevchenko conduce i gialloblù sino ai quarti, ma di fronte ai Sudditi di Sua Maestà neanche lui può nulla. Finisce 4-0. La gara parte già in discesa quando, al 4’, Kane in spaccata trova il vantaggio.
Nella ripresa, poi, gli inglesi dilagano. Tre colpi di testa: Maguire, ancora Kane e infine Henderson. Dopo la semifinale mondiale, l’Inghilterra raggiunge anche la semifinale europea.
Spagna – Svizzera
A San Pietroburgo, la non brillante Spagna ha un’occasione d’oro per agguantare un posto tra le prime quattro.
Dopo un girone eliminatorio scialbo e le montagne russe dell’ottavo di finale, i tifosi iberici si attendono una qualificazione meritata e soprattutto una grande prestazione contro una Svizzera apparentemente non irresistibile.
L’allenatore degli elvetici, il mago capace di imbrigliare la Francia, è Vladimir Petkovic. Nome noto nel nostro campionato per il biennio alla guida della Lazio, la cui esperienza si chiude in maniera burrascosa con il licenziamento per giusta causa da parte di Claudio Lotito, contestato dal mister svizzero.
In veste di commissario tecnico dei rossocrociati conterà 78 presenze, record assoluto, e l’ultima apparizione in panchina sarà proprio quel quarto di finale.
La sfida, già di per sé proibitiva, si mette subito in salita per gli svizzeri. 8’. Corner da destra, la difesa respinge, Jordi Alba calcia senza pretese di prima intenzione, trova la deviazione di Akanji, che spiazza Sommer, e regala il vantaggio agli iberici.
Da lì in avanti comincia un dominio compiaciuto e annoiato della Spagna che palleggia, in qualche modo prova a toreare gli svizzeri con questo possesso palla infinito, ma non punge mai. Una mancanza arida di concretezza.
E se non chiudi la partita il calcio ti punisce. È quello che accade a metà ripresa quando Freuler riesce ad andare via fortunosamente, a Pau Torres e Laporte che pasticciano, e serve Shaqiri che, con la porta spalancata, non può sbagliare: 1-1.
Nove minuti dopo, però, arriva l’episodio che cambia la partita. Freuler, anticipato da Gerard Moreno, interviene duro sul 9 delle Furie Rosse. La zona di campo, la platealità e l’irruenza dell’intervento inducono l’arbitro a estrarre il rosso diretto. Le proteste del giocatore dell’Atalanta risultano vane: Svizzera in dieci.
La Spagna sente l’odore del sangue e comincia a tempestare di tiri la porta svizzera. Ѐ un assedio, ma Sommer è un muro e, dopo altri trenta minuti di indicibile sofferenza per gli elvetici, si va, ancora una volta, ai calci di rigore.
Parte la Spagna. Sul dischetto va un professore del centrocampo, normalmente mette la palla dove vuole. Stavolta, però, Busquets strozza troppo il destro e la palla colpisce il palo. Poi è il turno di Gavranovic, l’uomo della provvidenza contro la Francia. Gol.
Dani Olmo non sbaglia. Schär calcia piano e a mezza altezza, troppo facile per Unai Simon.
Occasione d’oro per le Furie Rosse, ma Sommer ipnotizza Rodri. Si resta 1-1. Akanji calcia uguale a Schär: stesso risultato. Gerard Moreno segna e Vargas spara alle stelle. Per conquistare un posto in semfinale, Oyarzabal deve realizzare: palla da una parte, Sommer dall’altra.
Italia – Belgio
Prima della sfida che vede il successo spagnolo, però, c’è un’altra gara. E ci riguarda da vicino.
L’Italia, all’Allianz Arena di Monaco, affronta il Belgio. Primi nel ranking mondiale, i Diavoli Rossi fanno veramente paura.
La partita è bellissima. Andiamo subito in vantaggio con Leo Bonucci, ma la sensazione, poi rivelatasi corretta, che il difensore della Juventus fosse ben al di là della linea dei difensori pervade ogni salotto italiano. Non ci scomponiamo.
Nelle ore precedenti alla partita si vociferava che Eden Hazard e Kevin De Bruyne sarebbero potuti non essere della partita. La speranza c’è e alla fine solo il centrocampista del Manchester City riesce a recuperare in tempo.
Parlare di De Bruyne potrebbe apparire superfluo, ma tacere di fronte a una tale grandezza calcistica sarebbe un delitto che non ci sentiamo di compiere. L’ex-Chelsea è stato per tanti anni, e probabilmente anche durante quell’europeo, il centrocampista migliore del mondo. Ovunque sul campo, inventa geometrie con un’intelligenza tattica che in Belgio non hanno mai visto.
Regista, ma anche incursore, è proprio lui a rendersi pericolosissimo per primo.
Azione di contropiede, la difesa italiana rientra bene e concede a De Bruyne solo la possibilità del tiro in porta. Il diagonale con il mancino è ben indirizzato, ma Gigio Donnarumma compie la prima straordinaria parata del suo europeo. Bissata, pochi minuti dopo, da una, meno complicata ma comunque decisiva, su Lukaku.
Le due palle gol principali le hanno avute loro, ma il controllo della partita lo teniamo noi. E, infatti, alla mezz’ora passiamo in vantaggio. Immobile va giù nel contatto, veniale, con Vertonghen.
Il difensore si distrae nel sottolineare la simulazione, abbastanza risibile va detto, del nostro centravanti e perde il pallone. Verratti, intercettato il disimpegno sbagliato, serve Barella che va via con una finta di corpo e poi scarica in porta un destro di rabbia, di gioia, di entusiasmo. 1-0 per noi.
E da lì è un dominio. Attacchiamo con prepotenza la metà campo belga e al 42’ raddoppiamo.
La firma è di Lorenzo Insigne, nostro numero 10 di quella competizione, sgusciante, imprendibile e meraviglioso nel portare avanti il pallone fino ai venti metri per poi far partire un destro a giro, suo marchio di fabbrica, sensazionale. Probabilmente è il gol più bello dell’europeo e, fatto ben più importante, sembra portarci al riposo sul 2-0.
Purtroppo, però, nel recupero della prima frazione l’arbitro assegna un calcio di rigore ai belgi per un contatto lievissimo tra Di Lorenzo e Doku.
Dagli undici metri Lukaku guarda Donnarumma fino all’ultimo e lo batte col sinistro. 2-1.
Nella ripresa soffriamo. E anche parecchio. Il Belgio fa valere tutta la sua qualità, ma noi resistiamo. La nostra difesa è organizzata e non ci schiacciano mai.
A dieci dalla fine arriva un altro fondamentale turning point del nostro europeo.
Leonardo Spinazzola che fino a quel momento era stato il migliore degli Azzurri nel torneo, disputando una competizione a livello fantascientifico, deve abbandonare il campo per infortunio. Il suo europeo finisce lì, ma a dimostrazione di quanto fosse stato decisivo nelle gare precedenti verrà premiato ugualmente con l’ingresso nella Top 11 della kermesse.
Gli ultimi dieci minuti sono agonici. Ormai non ripartiamo più, restiamo asserragliati negli ultimi venti metri a protezione di un risultato che non cambierà più.
Contro ogni pronostico, contro ogni possibile avversità, siamo in semifinale.
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