Calcio
Every Sunday morning SPECIAL EDITION – Ogni Domenica mattina
A fronte delle tante richieste pervenuteci anche da Roma, è con grande piacere che Vi riproponiamo per intero il bellissimo racconto ” Un giorno alla fine del mondo” di Guido De Angelis che il Nostro Daniele ha ascoltato dalla sua viva voce a Roma, il 15 Ottobre. Questo “ricordo” vuole essere un tributo all’indimenticato e compianto campione Giuliano Fiorini. A questo grande campione tutta la Redazione di 1000CUORI rivolge il suo più affettuoso saluto.
UN GIORNO ALLA FINE DEL MONDO – GIULIANO NEL CUORE
Questo racconto che sembrerebbe una favola e’ il preludio alla data fatidica, quella che incorono’ il 21 giugno 1987 “il cinno” Giuliano Fiorini a Re di Roma, vissuto dal suo primo tifoso, voce storica e maestro di vita, Guido de Angelis. Una due giorni così piena di pathos che il miglior Hitchcock ci avrebbe sicuramente fatto nascere un film da Oscar, io con l’aiuto di mia moglie Sonia, ascoltando sbalorditi questo incredibile flash back abbiamo deciso di condividerla con tutti voi, bolognesi, laziali, sportivi e non perché quando qualcosa emoziona abbiamo ritenuto giusto debba sempre essere patrimonio di tutti. Il tutto, preciso per un corretto utilizzo del racconto, e’ stato narrato il 16 ottobre a Roma negli studi di radio sei quando un emozionato Guido, pur di terminare questo spaccato, ha persino ritardato l’inizio di una diretta radiofonica che conduce ogni giorno per l’emittente romana, dimostrando che come dice Celentano l”emozione non ha voce”, talmente era dentro al ricordo e in ugual misura alle sorti laziali. La storia comincia il sabato, giornata che si apre la mattina in modo nervoso e angosciante perché si aspettava, con una sorta di tensione mischiata alla paura, la partita del giorno dopo, dove Lazio Vicenza era il match del dentro o fuori. Situazione di classifica drammatica, era stata un annata terrificante dove una penalizzazione maledetta di nove punti aveva reso quasi impossibile il percorso di Fascetti e i suoi prodi. Mimmo Caso era l’uomo più rappresentativo, ma un bolognese, come diceva Lucio Dalla “fatto un po’ così ” che amava essere semplice e non un personaggio sofisticato, aveva le redini ed aveva, dal punto di vista caratteriale, trascinato quella squadra agli spareggi.
Personaggio stravagante sarà per quella maglia fuori e quei calzettoni sempre abbassati, che amava fumare una paglia anche in spogliatoio tanto era la naturalezza e la spontaneità con cui viveva la vita in generale, ma nello specifico quella di calciatore famoso. A Roma era amato, sarà perché a Gubbio quel 26 luglio giorno in cui la CAF bastono’ la squadra più antica di Roma e nata 27 anni prima ( Guido docet)e lui fu il primo che si alzò nello spogliatoio e disse le due epocali parole”io resto”. Ma come una squadra che era partita con ambizioni di promozione veniva dirottata in serie C( poi tramutata in penalizzazione ) e senza riflettere, istintivamente, un giocatore dice va bene lo stesso? Dopo questa presa di posizione tutti i big di allora seguirono l’esempio del “Pelé bianco” ( cit. Civolani ) e quel giorno nacque l’impresa, perché salvarsi col meno 9 fu una vera e propria impresa. Dopo questa doverosa premessa arriviamo al clou, cioè al momento topico ovvero a quella domenica maledetta domenica dove il nostro eroe venne consacrato. Sin dal sabato quando un sano nervosismo iniziava a manifestarsi ,Guido che era in compagnia della fidanzata, aveva uno sguardo assente,un pensiero fisso e un modo di fare abbastanza insofferente perché la mente era occupata solo dai colori bianco azzurri e dalla partita del giorno dopo .
Perché andare in serie C a Roma, città capitale con anche una sponda giallorossa ,significava dover convivere con gli sfotto’ e gli sberleffi, oltre che una categoria che di sicuro non poteva appartenere a una società così gloriosa e piena di storia. Capita quindi che la ragazza accortasi del fatto, chiese di essere riaccompagnata a casa perché era inutile programmare una piacevole serata se la mente era stravolta da un arcobaleno bianco e azzurro e Guidone nostro che già allora aveva una rivista dedicata ai colori bianco azzurri come lazialita.it decise di andare nella tarda serata in quello che era un magazzino fuori Roma dove gli venivano lasciate le copie del giornale da distribuire poi allo stadio , fatto che solitamente faceva la mattina della partita, ma era talmente alto il pathos che sapeva benissimo se anche ci avesse provato mai si sarebbe addormentato, troppi i pensieri e le sensazioni che in quel momento erano nella sua mente piena zeppa di ricordi e vittorie bianco azzurre.
Sono in macchina assorto nelle mie angoscie, turbato dal solo pensiero di sprofondare in serie c, la paura faceva novanta, il Vicenza mi sembrava il Real di Juanito e Santillana e una ridda di voci dentro di me parlavano tra loro, confondendosi tra i terribili presagi e la forza invece di trasmettere positività. Arrivo nei pressi del deposito, che si trova adiacente a una piazza e vedo delle macchie enormi per terra ,penso subito a un camion che aveva lasciato del cemento per strada, invece la realtà era purtroppo ben diversa… Qualche tifoso della squadra nata 27 anni dopo ( scusami Guido se ti copio violando una frase il cui copyright e’ inequivocabilmente tuo), per goliardia o per scherno, avevano gettato e riempito l’intera zona con le mie 20.000 copie di “Lazialità” !!!! Tra mille peripezie, con le auto che circolavano decisi di raccoglierle tutte! Fra auto impazzite, clacson che sembravano telecomandati, l’Ira della gente che non capiva la situazione e vedeva una persona che faceva sia il vigile che il facchino, raccolsi questa che pareva carta straccia e a mezzanotte e mezza con le mani completamente lese e ormai insensibili al dolore, finii quella che oggi te lo posso confermare fu un autentica impresa. I 20.000 numeri erano salvi! La macchina stivata, tutto era sommerso dai giornali (tanto che faticai persino a mettermi al volante), copie ovunque e in quella situazione tragicomica, con la stanchezza che ormai stava sopraffacendomi, mi misi alla guida per fare ritorno a Roma. Tremavo tutto, lo sforzo per il recupero era stato indescrivibile a tal punto che presi la decisione, visto lo stato d’animo che era da ricovero al Gemelli, di rimanere in attesa del “partido” in giro per Roma. Senza meta, senza uno spiraglio per poter quasi respirare, girovagai in lungo e in largo con la sola compagnia di questi miei “pargoletti” che erano i giornali fino alle sei del mattino, quando, usando una frase del famosissimo fumetto Nick Carter “Mentre calavano le ombre della notte”, iniziava ad albeggiare, arrivai …all’olimpico! Distrutto dal sonno, abbandonai la Nissan nei pressi della curva nord e decisi di andare nell’adiacente Stadio dei Marmi a farmi un paio di ore di sonno,
L’arrivo alle 7.30 della pattuglia di polizia, che scambiandomi per un senzatetto o un drogato, si avvicinò per un controllo e anche il tentativo di poter riposare qualche momento era stato interrotto. Il sole stava salendo e allo stadio sin dalle 8.30 cominciarono ad arrivare tifosi e questo aiuta a capire che attesa snervante si viveva, aspettando l’incontro in programma alle 4 del pomeriggio. Nel frattempo l’auto, che come detto era rimasta nei pressi della curva, fu presa d’assalto dai tifosi e pensate alle 10.00 del mattino le 20.000 copie di Lazialità erano praticamente esaurite.
Vedere il volto di Guido, l’enfasi del ricordo, la commozione che traspariva, la diretta radio che stava ritardando per terminare questa storia che non solo stava coinvolgendo Sonia e il sottoscritto, ma che aveva aggiunto al gruppo degli astanti altre persone che rimanevano veramente incantate dal racconto che piano piano diventava sempre più affascinante e coinvolgente.
Dopo che “la distribuzione gratuita ” di Lazialità era terminata e io ormai ero veramente completamente assuefatto dalla stanchezza,col sonno che ormai stava sopraffacendomi, anche se mancavano veramente tante ore all’inizio decisi di entrare dentro lo stadio.
L’Olimpico era completamente imbiancato di vessilli bianco azzurri, esaurito in ogni ordine di posto, uno spettacolo di colori, costume e passione che veramente e’ impossibile da raccontare MIlle profezie, riti scaramantici, scongiuri, sguardi nel vuoto, ognuno stava vivendo il momento e l’attesa secondo il proprio modo d’essere, ma fu interminabile quel periodo che va dalla tarda mattina alle ore 16.00 quando sarebbe iniziata la resa dei conti. A quel punto con un livello di adrenalina pazzesca oggi, col mio amico Alvaro decidemmo che la sofferenza era troppa per assistere alla partita e decidemmo così di andare nel piazzale antistante la curva nord ad ascoltarla con la cara vecchia amatissima radiolina! Avevamo un barattolo di aranciata che ci allenatava la tensione e ricordo che ce la passammo come se fosse una palla quella lattina per tutto il primo tempo, calciandola, schiacciandola, insomma sfogando su di lei, inerte e inanimata, tutta la nostra rabbia per un gol che non arrivava. Ogni collegamento da Roma era una speranza, ogni volta che un collega interrompeva l’altro per segnalare un gol ci si fermava immobili sperando fosse quello da Roma, ma tutto pareva impossibile, tutto sembrava ormai presagire la fine calcistica della nostra amatissima Lazio.
Ma lo sconforto era ormai in tutti i 70.000 mila dell’olimpico, io poi avevo anche le visioni mistiche, tanto che un tiro di mandelli fuori, lo vidi dentro non riesco ancora a capacitarmi sul come! Mi sentivo perso, narcotizzato, lo stadio completamente ammutolito, poi di improvviso Podavini si incunea lascia partire un tiro sbagliato, Giuliano lo stoppa, da grande centroavanti si gira e di punta, dritto per dritto segna! L’apoteosi!! Ma mentre tutti esultavano isterici e impazziti io ancora guardavo Alvaro chiedendo ” Ma e’ gol”? Perché anche poco prima avevo visto gol, ma questa volta era tutto vero e una muraglia umana di gente che urlava e piangeva di gioia unendosi in un abbraccio che fu infinito
La corsa di Giuliano sotto la nord, l’abbraccio ai tifosi, la sua esultanza e il lentissimo ritorno a centrocampo ( la storia dice perché stremato ) ,saranno sempre nei ricordi miei e di qualsiasi laziale vero, anche se le sorprese non potevano essere finite . Infatti tutti alla fine della partita pensavano che eravamo restati in serie B, senza cioè andare agli spareggi, fino a quando qualche beneinformato che stava ascoltando la radio piano piano cominciò a sentire la notizia e a tentarla di diffonderla. Io che urlavo a tutti di non dire niente e di continuare a fare festa, ma la realtà purtroppo diceva che occorreva un altro autentico atto di sofferenza per restare tra i cadetti. La giornata di Fiorini la paragonai al rigore di Chinaglia dello scudetto, perché se anche era una Lazio povera, rimase nel cuore di tutti. Allo spareggio poi ci penso’ un altro bolognese, Fabio Poli, a finire l’impresa, ma ormai il re di Roma era già stato eletto e non c’era spazio per un bis.
Racconto/ testimonianza di Guido de Angelis tifoso, conduttore, giornalista straordinario della Lazio. Racconto ascoltato e assemblato da Danieleang, Soniagirl e Mydecisionpoint
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