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Calcio

Francesco Totti, un vero fuoriclasse – 15 Ott

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Ieri sera mi è stato fatto notare questo articolo di Giancarlo Padovan, ex-direttore di TuttoSport e noto giornalista e opinionista del quale, a essere sincero, a volte apprezzo anche le idee e i pareri. Tuttavia stavolta sono rimasto allibito, ho trovato questo pezzo totalmente forzato e gratuito ed è per questo che ho pensato di contattare l’amico giornalista Emanuele Giulianelli, romano e romanista, per chiedergli un parere. Da qui è nata l’idea di scrivere questo blog, per rendere omaggio a quello che il calcio DEVE riconoscere come un campione, per non perdere le basi di questo sport. Dunque perché per noi Totti è un fuoriclasse e Padovan sbaglia?

Cito il suo articolo apparso su discoveryfootball.it“Perché Totti non è un fuoriclasse? Perché non ha mai accettato di misurarsi in realtà più competitive della Roma e dell’Italia, perché ha vinto poco nel club e mai a livello internazionale, perché nel 2006 ha fatto un Mondiale da convalescente (Italia sempre senza un uomo se lui era in campo) ritrovandosi campione per meriti altrui.”
Trovo questa definizione di “campione” assolutamente personale e del tutto discutibile; per moltissimi, infatti, un campione è colui capace di fare la differenza in campo e questa è una cosa che a Totti è sempre riuscita. Anzi, per moltissime stagioni si è preso la squadra e spesso anche la società sulle spalle, risultando sempre un valore aggiunto e mai un limite: è infatti un luogo comune definire la Roma del passato come “Totti-dipendente”, qualsiasi squadra dipende dalla presenza dei fuoriclasse, che è meglio avere in campo che fuori.
Totti ha spesso mascherato i limiti della propria squadra, ed è vero, ma non sarebbe un campione per questo motivo? Le “realtà più competitive” che Padovan richiede sono opinabili, prima di tutto perché si parla comunque di essere Re a Roma e nella Roma, romano e romanista, una cosa che è successa a pochi – ed erano tutti campioni, da Amadei a Di Bartolomei; secondo perché una realtà più grande non necessariamente indica un calciatore migliore: Batistuta, nei numerosi anni che ha giocato nella Fiorentina segnando valanghe di gol di pregevolissima fattura non era forse uno dei migliori centravanti al Mondo? Non era forse un campione? Pelé non ha forse giocato sempre in Brasile senza mai misurarsi nei campi europei?
(Sì, su Pelé si può dire che ha vinto 3 Mondiali – anzi, 2 e mezzo, visto che saltò quasi per intero quello del 1962 – ma è un’ovvia provocazione la mia: chiaro che se per Padovan un calciatore, per essere un campione, deve essere arrivato ai livelli di Pelé e Maradona allora esistono ben pochi campioni, tra passato, presente e futuro.)

Il vincere poco a livello di club e in campo internazionale è una dolce condanna per chi sceglie di essere la bandiera di una squadra come la Roma: immagino che Padovan ignori volutamente che vincere uno scudetto in giallorosso è come vincerne cinque con la Juventus per tutta una serie di ragioni storiche, politiche e ambientali che meglio di me dovrebbe conoscere. Torno a citare Batistuta, anche lui vincitore di niente di che in carriera…era forse meglio Karembeu, campione di tutto con il Real Madrid giocando dieci gare l’anno?
E Karembeu è anche la giusta pietra di paragone per quel che riguarda il Mondiale vinto “per meriti altrui”:  non scherziamo, abbiamo vissuto tutti quell’estate del 2006 e prima di dire che Totti non ha brillato si deve ricordare il rigore realizzato contro l’Australia, al 90° minuto, sotto di un uomo e in palese affanno, è stato a dir poco fondamentale.
Quel pallone pesava come un macigno e in pochi si sarebbero presi una responsabilità così grande: immagino che se avesse sbagliato sarebbe stata solo colpa sua. Ma Totti realizzò. Quindi sì, direi che il suo contributo nella conquista del Mondiale lo ha dato, dispensando per il resto della competizione assist a pioggia.
Un campionato del Mondo è una competizione ristretta a un mese, dove conta moltissimo lo stato di forma e la fortuna: accanirsi su Totti per non essere stato particolarmente brillante mi sembra una vera e propria forzatura. E anche il passaggio “Italia sempre senza un uomo se lui era in campo” non mi pare rispettoso per Lippi che certo doveva vederci una qualche utilità nella presenza di Francesco. Bisogna pensare che volesse farsi del male? Dobbiamo credere che eravamo così forti, quella magica estate del 2006, da vincere un Mondiale giocando in dieci?
Per carità, non ricordiamo a Padovan che Francesco Totti ha segnato la bellezza di 230 reti in Serie A. Per lui sono quisquilie, dato che “se guardiamo solo ai gol allora c’è da fare una serie di distinguo: 63 sono stati segnati su calcio di rigore e 20 su punizione. Più di un terzo, dunque, da calcio da fermo la posizione più consona all’indole tottiana.”
Noi italiani dovremmo sapere bene (Italia ’90, USA ’94, Francia ’98) che un conto i rigori è tirarli e un altro è realizzarli, e lo stesso ovviamente si può dire dei calci di punizione, colpo che decisamente non riesce al primo arrivato. Non sono addentro alle statistiche come il buon Padovan, ma a memoria anche Del Piero ha segnato diverse volte in questa maniera: eppure sono pronto a scommettere che contino lo stesso ai fini statistici e nel determinare il risultato di una gara. E scommetto anche che Del Piero, dal giornalista veneto, è considerato (giustamente) un vero fuoriclasse. Partendo dal presupposto che Totti non ha sempre giocato come vera e propria punta e che se un calciatore che “non corre” (“indole tottiana?”) segna circa 150 reti su azione deve saperci fare con i piedi, ecco che si capisce come il modo in cui il capitano della Roma ha realizzato i suoi gol non conta poi molto: l’importante è segnare, cosa che Totti ha sempre fatto in vent’anni di carriera.

Altra cosa che Padovan finge di non sapere è che il calcio non è una gara di simpatia: poco conta quindi la considerazione “poi un fuoriclasse – se lo è veramente – non sputa agli avversari (Poulsen all’Europeo di Portogallo) e meno che mai prende a calci per pura frustrazione un avversario migliore di lui (Balotelli nella finale di Coppa Italia del 2010)” visto che certi episodi sono capitati anche a grandi campioni (qualcuno ha detto Zidane? Non era un campione, Zidane?) e che nulla incide la simpatia personale o l’attenersi a essere “modelli di vita” che spesso si pretende da chi in realtà è pagato per giocare bene a calcio. 

Ibrahimovic potrà essere anche antipatico ma è un campione e c’è ben poco da obiettare. Lo stesso Balotelli (che Padovan intende “migliore di Totti”, e sarebbe interessante capire quando e dove) ha avuto comportamenti spesso non consoni; tuttavia mi pare che nel giudicare il suo talento si eviti (giustamente) di guardare a certi eccessi. Per intenderci, Totti non è Cassano, con il quale non a caso si scornò; non ha bruciato il suo talento, non è mai stato un problema per nessun allenatore, che anzi lo ha sempre messo al centro del proprio progetto – tranne il buon Carlos Bianchi, che non a caso in Italia durò il tempo di una lambada –, si è sempre allenato bene e dentro e fuori dal campo sono più le cose “extracalcio” buone che ha fatto che quelle non. Attaccarsi a qualche episodio capitato in una carriera ventennale sembra veramente gratuito, soprattutto non considerando gli innumerevoli gesti di umanità e di grande semplicità che lo hanno contrassegnato.
 
“Perché Totti è un calciatore finito? Perché il suo galleggiare (3 gol fatti di cui uno su rigore) è senza prospettiva, perché gli infortuni sono frequenti e dolorosi, perché sta facendo una stagione ordinaria in un contesto nel quale eccezionali sono gli altri (con il Napoli, uscito lui, la Roma ha vinto comunque e Pjanic si è esaltato).”

Qui sono giunto alla conclusione che io e Padovan, probabilmente, seguiamo due sport diversi e per quanto ritenga di avere solo da imparare da chi fa della critica calcistica una professione, non posso non sottolineare alcune cose che ritengo evidenti.
La posizione in cui giostra Totti nella Roma di Garcia, per incominciare: pur giocando “punta centrale”, Francesco gioca per la squadra, per gli inserimenti dei compagni: è naturale non aspettarsi così tanti gol, soprattutto se consideriamo che la Roma di quest’anno è una vera cooperativa del gol dove tutti segnano un po’ ma nessuno a valanga. Gli infortuni saranno anche frequenti e dolorosi ma “il Fenomeno” Ronaldo non era addirittura più recidivo in questo? Eppure non era forse un campione assoluto? La sfortuna, la stanchezza, gli acciacchi derivanti (anche e soprattutto) dalle tante botte prese su ogni campo non possono essere motivi validi per determinare la bravura di un calciatore.

Credo. Spero.

Vero è che con il Napoli la Roma ha vinto senza di lui, ma falso è sottintendere che con lui in campo non sarebbe potuta andare ugualmente così: non è che Borriello ha fatto la differenza e oltretutto non è da una singola partita che si giudica l’importanza di un calciatore. L’assenza di Totti probabilmente peserà sulla Roma nelle prossime gare e se così non sarà, vorrà dire che Garcia avrà fatto un lavoro straordinario ma penso proprio che “Il Pupone”, quando tornerà, riprenderà il suo posto in squadra senza se e senza ma. 
Il che vorrà dire che o Garcia si è letteralmente bevuto il cervello oppure che Totti è un valore aggiunto, non certo una zavorra.

 
“Candidarlo per un rientro in nazionale non è né realistico, né rispettoso di chi ha fatto e farà più di lui. Come tutti dovrebbero ricordare, al Mondiale si gioca ogni quattro/cinque giorni e il Totti attuale fatica a giocare una partita intera ogni sette. Se in una manifestazione del genere fosse vittima di un infortunio di media entità (gli stiramenti di cui soffre), la sua partecipazione sarebbe esaurita dopo una o due partite e la nazionale si sarebbe bruciata un posto. E poi con tutti i calciatori giovani e maturi che sono saliti alla ribalta negli ultimi due anni, l’Italia ha bisogno proprio di Totti per sentirsi rappresentata?”

Il Mondiale è un pugno di gare, dove la classe e il carisma contano quanto la corsa sul campo: nessuno pretenderebbe che Totti sia titolare inamovibile e che giochi tutte le gare, ma immagino che potrebbe essere una valida alternativa capace di sbloccare una partita difficile (magari con un rigore o una punizione, cose che no, non riescono a tutti) e se fosse vittima di un infortunio pazienza, può capitare anche ai migliori.
Ci bruceremmo un posto, forse, ma siamo sicuri che a livello assoluto non varrebbe la pena tentare il rischio? Infine mi piacerebbe sapere chi, per Padovan, sono quei “calciatori giovani e maturi saliti alla ribalta” che attualmente sono migliori di Totti e che potrebbero ambire ad avere un giorno una carriera lunga e importante come la sua. El Sharaawy? Gabbiadini? Lo stesso Balotelli? Ne siamo così sicuri?

A un Mondiale si portano i giocatori più forti del proprio movimento calcistico perché sono poche gare e conta vincerle, non esiste programmazione. Così la pensano milioni di persone, quelli che vorrebbero un ritorno in Nazionale di Totti non per “sentire rappresentata” l’Italia ma perché ancora si illudono che se nel calcio sai usare i piedi in maniera divina allora sì, sei un campione.
Mi dispiace che il signor Padovan abbia così tanta antipatia nei confronti di Totti da non giudicarlo serenamente come fa con altri temi che mi appassionano. Per quel che mi riguarda, la mia è solo un’opinione, peraltro di un tifoso super partes, in quanto non tifo Roma né ho più l’età per avere come idolo un calciatore. Dico solo quel che vedo e Totti di cose bellissime me ne ha fatte e me ne fa vedere tante. Nessuno dice che sia al livello dei più grandi di sempre ma definirlo un “non campione” mi sa tanto di chi vuole dare un parere controcorrente. Magari perché se ne parli.
Non sono il numero di reti realizzate, dove, come, contro chi, a definire un campione. E in un gioco di squadra non lo sono nemmeno i trofei vinti o il presunto merito dei compagni, si vince e si perde tutti insieme. Aggiungo, non sono nemmeno le vittorie a definire un campione: è il giocare a calcio, per anni e anni, prendendolo come un gioco, divertendosi come da bambini. È avere due piedi magici che ti fanno fare cose che i normali esseri umani faticano a pensare e che ti fanno rispettare e temere da ogni avversario e collega.

E poi: uno Scudetto, due Coppe Italia, due Supercoppe, una Scarpa d’Oro, tre volte miglior calciatore AIC, cinque volte (record) miglior calciatore italiano AIC, un Mondiale, un secondo posto ad un Europeo in cui fu comunque il miglior giocatore della competizione oltre che della finale…può bastare? Non sembra esattamente un curicculum da ultimo della classe. E dire che si trascina per il campo pare inesatto, considerato che appena la scorsa stagione, per media-voto, è stato il miglior giocatore di tutta la Serie A. Alla bella età di 36 anni.

Francesco Totti non solo è un fuoriclasse, ma è il simbolo di quello che un fuoriclasse deve essere. Sentenziare il contrario, alla luce di questi fatti, è pura eresia.
(Simone Cola)
 
 

 
 
L’amico Simone mi ha scelto per commentare insieme a lui il pezzo di Padovan su Totti: qualcuno si starà chiedendo perché proprio io? Per un fatto molto semplice credo: coerenza. Non sono mai sceso e salito dal carro di quelli che amano il Capitano (rigorosamente con la lettera maiuscola) della Roma a seconda delle sue prestazioni o, ancora peggio, a seconda della propria convenienza editoriale.
Ho un rapporto particolare con Giancarlo Padovan: l’ho apprezzato come giornalista, l’ho seguito per la sua conoscenza del calcio italiano, soprattutto per la competenza tattica visto che ha il patentino di allenatore. Fino al punto di chiedergli di scrivere un contributo per il libro che ho scritto insieme a Marco Osio sulla carriera del Sindaco di Parma, del genio della squadra di Scala arrivata alle vette d’Europa cavalcando dalla Serie B.
Chi non vive a Roma forse non sa che fino a pochi mesi fa Giancarlo Padovan era opinionista fisso su Rete Sport, la radio diretta da Daniele Lo Monaco che parla ogni giorno h24 della squadra giallorossa. Nonostante lo scetticismo iniziale della gran parte degli ascoltatori che ricordavano Padovan come direttore di Tuttosport e, quindi, lo bollavano come juventino (o comunque filo-nordista), il giornalista si è guadagnato la stima di molti tifosi giallorossi per la sua pacatezza, per il suo equilibrio e per aver preso forti posizioni in appoggio alla causa romanista. 
Al punto che tante persone si sono ricredute su di lui, arrivando a considerarlo simpatizzante della Roma.
Ed esaltava Totti. Nell’era del digitale le prove sono facili da trovare: basta ascoltare qualche podcast e si possono trovare molti esempi del Padovan “Tottiano”.
Cos’è successo quindi? Niente, se non quello che scriveva un cronista d’altri tempi, un certo Dante Alighieri di Firenze:

“E io, che riguardai, vidi una ’nsegna
che girando correva tanto ratta,
che d’ogne posa mi parea indegna;
e dietro le venìa sì lunga tratta
di gente, ch’i’ non averei creduto
che morte tanta n’avesse disfatta.”

Forse si è dato troppo peso alle parole di Padovan. Sono quelle di chi gira con il vento, o meglio con il pomello della radio che cambia, o come le pagine di un diverso giornale che frusciano. Giancarlo oggi non lavora più su Rete Sport, ma su un sito web che, grazie a queste dichiarazioni, ha collezionato una marea di visitatori: oggi è quello che conta purtroppo. E per ottenerli si è disposti a scrivere qualsiasi cosa, anche, come ha scritto Simone, un’eresia calcistica al grido di “bene o male purché se ne parli”, per paura di finire inghiottiti nel grande mare del web e dai flutti di inchiostro in una selva di penne e clic di tasti.

Tutto per emergere. Tutto per far ricordare al mondo che esisti e che scrivi.

Totti non ha bisogno di parole. Anche lui scrive, come Padovan, ma scrive la Storia.
Con la S maiuscola, come fanno i fuoriclasse.

(Emanuele Giuglianelli)

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