Calcio
Francesco Totti, un vero fuoriclasse – 15 Ott
Ieri sera mi è stato fatto notare questo articolo di Giancarlo Padovan, ex-direttore di TuttoSport e noto giornalista e opinionista del quale, a essere sincero, a volte apprezzo anche le idee e i pareri. Tuttavia stavolta sono rimasto allibito, ho trovato questo pezzo totalmente forzato e gratuito ed è per questo che ho pensato di contattare l’amico giornalista Emanuele Giulianelli, romano e romanista, per chiedergli un parere. Da qui è nata l’idea di scrivere questo blog, per rendere omaggio a quello che il calcio DEVE riconoscere come un campione, per non perdere le basi di questo sport. Dunque perché per noi Totti è un fuoriclasse e Padovan sbaglia?
Totti ha spesso mascherato i limiti della propria squadra, ed è vero, ma non sarebbe un campione per questo motivo? Le “realtà più competitive” che Padovan richiede sono opinabili, prima di tutto perché si parla comunque di essere Re a Roma e nella Roma, romano e romanista, una cosa che è successa a pochi – ed erano tutti campioni, da Amadei a Di Bartolomei; secondo perché una realtà più grande non necessariamente indica un calciatore migliore: Batistuta, nei numerosi anni che ha giocato nella Fiorentina segnando valanghe di gol di pregevolissima fattura non era forse uno dei migliori centravanti al Mondo? Non era forse un campione? Pelé non ha forse giocato sempre in Brasile senza mai misurarsi nei campi europei?
(Sì, su Pelé si può dire che ha vinto 3 Mondiali – anzi, 2 e mezzo, visto che saltò quasi per intero quello del 1962 – ma è un’ovvia provocazione la mia: chiaro che se per Padovan un calciatore, per essere un campione, deve essere arrivato ai livelli di Pelé e Maradona allora esistono ben pochi campioni, tra passato, presente e futuro.)
Il vincere poco a livello di club e in campo internazionale è una dolce condanna per chi sceglie di essere la bandiera di una squadra come la Roma: immagino che Padovan ignori volutamente che vincere uno scudetto in giallorosso è come vincerne cinque con la Juventus per tutta una serie di ragioni storiche, politiche e ambientali che meglio di me dovrebbe conoscere. Torno a citare Batistuta, anche lui vincitore di niente di che in carriera…era forse meglio Karembeu, campione di tutto con il Real Madrid giocando dieci gare l’anno?
Quel pallone pesava come un macigno e in pochi si sarebbero presi una responsabilità così grande: immagino che se avesse sbagliato sarebbe stata solo colpa sua. Ma Totti realizzò. Quindi sì, direi che il suo contributo nella conquista del Mondiale lo ha dato, dispensando per il resto della competizione assist a pioggia.
Un campionato del Mondo è una competizione ristretta a un mese, dove conta moltissimo lo stato di forma e la fortuna: accanirsi su Totti per non essere stato particolarmente brillante mi sembra una vera e propria forzatura. E anche il passaggio “Italia sempre senza un uomo se lui era in campo” non mi pare rispettoso per Lippi che certo doveva vederci una qualche utilità nella presenza di Francesco. Bisogna pensare che volesse farsi del male? Dobbiamo credere che eravamo così forti, quella magica estate del 2006, da vincere un Mondiale giocando in dieci?
Altra cosa che Padovan finge di non sapere è che il calcio non è una gara di simpatia: poco conta quindi la considerazione “poi un fuoriclasse – se lo è veramente – non sputa agli avversari (Poulsen all’Europeo di Portogallo) e meno che mai prende a calci per pura frustrazione un avversario migliore di lui (Balotelli nella finale di Coppa Italia del 2010)” visto che certi episodi sono capitati anche a grandi campioni (qualcuno ha detto Zidane? Non era un campione, Zidane?) e che nulla incide la simpatia personale o l’attenersi a essere “modelli di vita” che spesso si pretende da chi in realtà è pagato per giocare bene a calcio.
Qui sono giunto alla conclusione che io e Padovan, probabilmente, seguiamo due sport diversi e per quanto ritenga di avere solo da imparare da chi fa della critica calcistica una professione, non posso non sottolineare alcune cose che ritengo evidenti.
La posizione in cui giostra Totti nella Roma di Garcia, per incominciare: pur giocando “punta centrale”, Francesco gioca per la squadra, per gli inserimenti dei compagni: è naturale non aspettarsi così tanti gol, soprattutto se consideriamo che la Roma di quest’anno è una vera cooperativa del gol dove tutti segnano un po’ ma nessuno a valanga. Gli infortuni saranno anche frequenti e dolorosi ma “il Fenomeno” Ronaldo non era addirittura più recidivo in questo? Eppure non era forse un campione assoluto? La sfortuna, la stanchezza, gli acciacchi derivanti (anche e soprattutto) dalle tante botte prese su ogni campo non possono essere motivi validi per determinare la bravura di un calciatore.
Credo. Spero.
Vero è che con il Napoli la Roma ha vinto senza di lui, ma falso è sottintendere che con lui in campo non sarebbe potuta andare ugualmente così: non è che Borriello ha fatto la differenza e oltretutto non è da una singola partita che si giudica l’importanza di un calciatore. L’assenza di Totti probabilmente peserà sulla Roma nelle prossime gare e se così non sarà, vorrà dire che Garcia avrà fatto un lavoro straordinario ma penso proprio che “Il Pupone”, quando tornerà, riprenderà il suo posto in squadra senza se e senza ma.
Il che vorrà dire che o Garcia si è letteralmente bevuto il cervello oppure che Totti è un valore aggiunto, non certo una zavorra.
Il Mondiale è un pugno di gare, dove la classe e il carisma contano quanto la corsa sul campo: nessuno pretenderebbe che Totti sia titolare inamovibile e che giochi tutte le gare, ma immagino che potrebbe essere una valida alternativa capace di sbloccare una partita difficile (magari con un rigore o una punizione, cose che no, non riescono a tutti) e se fosse vittima di un infortunio pazienza, può capitare anche ai migliori.
Ci bruceremmo un posto, forse, ma siamo sicuri che a livello assoluto non varrebbe la pena tentare il rischio? Infine mi piacerebbe sapere chi, per Padovan, sono quei “calciatori giovani e maturi saliti alla ribalta” che attualmente sono migliori di Totti e che potrebbero ambire ad avere un giorno una carriera lunga e importante come la sua. El Sharaawy? Gabbiadini? Lo stesso Balotelli? Ne siamo così sicuri?
A un Mondiale si portano i giocatori più forti del proprio movimento calcistico perché sono poche gare e conta vincerle, non esiste programmazione. Così la pensano milioni di persone, quelli che vorrebbero un ritorno in Nazionale di Totti non per “sentire rappresentata” l’Italia ma perché ancora si illudono che se nel calcio sai usare i piedi in maniera divina allora sì, sei un campione.
Mi dispiace che il signor Padovan abbia così tanta antipatia nei confronti di Totti da non giudicarlo serenamente come fa con altri temi che mi appassionano. Per quel che mi riguarda, la mia è solo un’opinione, peraltro di un tifoso super partes, in quanto non tifo Roma né ho più l’età per avere come idolo un calciatore. Dico solo quel che vedo e Totti di cose bellissime me ne ha fatte e me ne fa vedere tante. Nessuno dice che sia al livello dei più grandi di sempre ma definirlo un “non campione” mi sa tanto di chi vuole dare un parere controcorrente. Magari perché se ne parli.
Non sono il numero di reti realizzate, dove, come, contro chi, a definire un campione. E in un gioco di squadra non lo sono nemmeno i trofei vinti o il presunto merito dei compagni, si vince e si perde tutti insieme. Aggiungo, non sono nemmeno le vittorie a definire un campione: è il giocare a calcio, per anni e anni, prendendolo come un gioco, divertendosi come da bambini. È avere due piedi magici che ti fanno fare cose che i normali esseri umani faticano a pensare e che ti fanno rispettare e temere da ogni avversario e collega.
E poi: uno Scudetto, due Coppe Italia, due Supercoppe, una Scarpa d’Oro, tre volte miglior calciatore AIC, cinque volte (record) miglior calciatore italiano AIC, un Mondiale, un secondo posto ad un Europeo in cui fu comunque il miglior giocatore della competizione oltre che della finale…può bastare? Non sembra esattamente un curicculum da ultimo della classe. E dire che si trascina per il campo pare inesatto, considerato che appena la scorsa stagione, per media-voto, è stato il miglior giocatore di tutta la Serie A. Alla bella età di 36 anni.
Ho un rapporto particolare con Giancarlo Padovan: l’ho apprezzato come giornalista, l’ho seguito per la sua conoscenza del calcio italiano, soprattutto per la competenza tattica visto che ha il patentino di allenatore. Fino al punto di chiedergli di scrivere un contributo per il libro che ho scritto insieme a Marco Osio sulla carriera del Sindaco di Parma, del genio della squadra di Scala arrivata alle vette d’Europa cavalcando dalla Serie B.
Ed esaltava Totti. Nell’era del digitale le prove sono facili da trovare: basta ascoltare qualche podcast e si possono trovare molti esempi del Padovan “Tottiano”.
Cos’è successo quindi? Niente, se non quello che scriveva un cronista d’altri tempi, un certo Dante Alighieri di Firenze:
“E io, che riguardai, vidi una ’nsegna
che girando correva tanto ratta,
che d’ogne posa mi parea indegna;
e dietro le venìa sì lunga tratta
di gente, ch’i’ non averei creduto
che morte tanta n’avesse disfatta.”
Forse si è dato troppo peso alle parole di Padovan. Sono quelle di chi gira con il vento, o meglio con il pomello della radio che cambia, o come le pagine di un diverso giornale che frusciano. Giancarlo oggi non lavora più su Rete Sport, ma su un sito web che, grazie a queste dichiarazioni, ha collezionato una marea di visitatori: oggi è quello che conta purtroppo. E per ottenerli si è disposti a scrivere qualsiasi cosa, anche, come ha scritto Simone, un’eresia calcistica al grido di “bene o male purché se ne parli”, per paura di finire inghiottiti nel grande mare del web e dai flutti di inchiostro in una selva di penne e clic di tasti.
Tutto per emergere. Tutto per far ricordare al mondo che esisti e che scrivi.
Totti non ha bisogno di parole. Anche lui scrive, come Padovan, ma scrive la Storia.
Con la S maiuscola, come fanno i fuoriclasse.
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