Calcio
I Protagonisti del Mondiale (6^ puntata) – SVEZIA 1958
Prosegue la “Storia breve dei Mondiali”: quest’oggi l’edizione del 1958, quando la Storia dei Mondiali si incrocia per la prima volta con quella del Brasile.
Le precedenti puntate:
– URUGUAY 1930
– ITALIA 1934
– FRANCIA 1938
– BRASILE 1950
– SVIZZERA 1954
#IL MONDIALE
Il Brasile si impone per la prima volta ai Mondiali e lo fa in capo ad un torneo atipico, dove mancano avversarie davvero di spessore: è una vittoria comunque meritata, in quanto la squadra messa in campo dal CT Feola è fortissima tecnicamente e rivoluzionaria dal punto di vista tattico. I verde-oro infatti hanno adottato il modulo 4-2-4 utilizzato dall’Ungheria di Szebes 4 anni prima, che aveva regalato un grandissimo spettacolo fermandosi solo a pochi minuti dal trionfo.
Mancano due grandi protagoniste: l’Italia viene eliminata dall’Irlanda del Nord durante le qualificazioni, mentre l’Uruguay cade a discapito del Paraguay. Sono presenti tutte e 4 le Nazionali del Regno Unito (Irlanda del Nord, Scozia, Galles ed Inghilterra) ma il primo turno lo passano solo irlandesi e gallesi, meno accreditati. Delude anche l’Ungheria, che è stata falcidiata dall’esodo dei protagonisti del 1954, fuggiti all’estero durante la Rivoluzione del ’56. Delude anche l’Argentina, in forte crisi tecnica.
Esordio mondiale anche per l’URSS, che elimina l’Inghilterra ma viene a sua volta eliminata dai padroni di casa della Svezia, autentica rivelazione del torneo: i padroni di casa, trascinati dagli “italiani” Hamrin, Gren, Liedholm e Skoglund arrivano fino alla finale (superando in semifinale i campioni uscenti della Germania Ovest) dove passano in vantaggio, ma poi vengono seppelliti di gol da un Brasile decisamente più forte e determinato a non perdere l’ennesima occasione di far propria la Coppa Rimet. E’ il trionfo di un Brasile finalmente pratico oltre che bello, colmo di campioni guidati magistralmente da quello che per molti è il miglior allenatore brasiliano di sempre, Vicente Feola.
#GLI EROI
E’ il Mondiale che vede emergere la fulgida stella di Pelé, che ha appena 17 anni ma d’improvviso s’impone all’attenzione del mondo. Gioca in un attacco leggendario, composto oltre che da lui da Didì, Vava, Zagalo e Garrincha. La Svezia schiera campioni del calibro di Liedholm, Gren, Hamrin e Lennart “Naka” Skoglund, autentico fenomeno nelle giornate di grazia. L’Ungheria delude: della “Squadra d’Oro” finalista nel 1954 sono rimasti solo il portiere Grosics ed il centravanti Nandor Hidegkuti.
L’Inghilterra pure non lascia alcun segno, anche perché a febbraio ha perso nel disastro aereo di Monaco di Baviera quasi interamente la squadra del Manchester United (tra questi il prodigioso Duncan Edwards) ed è ancora sotto shock: si vede un giovanissimo Bobby Charlton, comparsa adesso ma futuro protagonista del torneo. E’ uno dei pochi sopravvissuti al disastro. La Jugoslavia che desta una discreta impressione vede in panchina il reduce dei Mondiali del 1930 Tirnanic e in campo schiera Boskov, il bomber Veselinovic e i fratelli Milos e Milorad Milutinovic, fratelli del più talentuoso Bora – il quale tuttavia molti anni dopo sarà anch’egli protagonista della Coppa del Mondo.
La Germania campione in carica ha perso qualche elemento ma vanta ancora assi come Fritz Walter e Helmut Rahn, autore di ben 5 reti. S’intravedono anche i giovani e talentuosi Seeler e Schnellinger, così come nell’Irlanda del Nord ha il suo momento di gloria Peter McParland, autore di 4 reti in 5 incontri. Pittoresca la presenza nell’Argentina di Angel Labruna, classe 1918: il 40enne è un ex-fuoriclasse, tra i migliori della storia ma ormai declinante, e infatti non spicca. Un fuoriclasse nel pieno della sua forza è invece il portiere sovietico Lev Jasin, per molti il miglior portiere della storia e autore di prestazioni straordinarie.
Infine la Francia, che raggiunge uno storico terzo posto grazie ai gol di Just Fontaine e Roger Piantoni, coppia gol dello Stade Reims, e alla classe di Raymond Kopa.
#L’EPISODIO
L’URSS che si accinge per la prima volta a partecipare ai Mondiali non ha un solo fuoriclasse in squadra, ma ben due: il portiere Lev Jascin, unico nel suo ruolo a vincere il “Pallone d’Oro” grazie ad un abilità tra i pali letteralmente leggendaria, e l’attaccante Eduard Streltsov, che a soli vent’anni è già considerato in patria la risposta ai grandi campioni occidentali.
Streltsov ha esordito in Nazionale appena maggiorenne, realizzando una tripletta a quella stessa Svezia che poi nel 1958 arriverà in finale: gioca nella Torpedo Mosca, ha un talento sconfinato (7° a vent’anni nella classifica del ‘Pallone d’Oro’ ed un carattere ribelle e anticonformista. E’ questo al regime sovietico a non andare giù. Quando rifiuta il trasferimento alla squadra dell’esercito, il CSKA, e addirittura ad una festa si lascia andare ad un giudizio poco lusinghiero sulla figlia di un importante funzionaria, scatta la censura governativa.
Nella notte viene prelevato dal KGB con l’accusa di tentata violenza carnale ai danni di una donna che il giovane nemmeno conosce: convinto dalle guardie a firmare una confessione che gli darebbe il via libera per partecipare ai Mondiali, viene invece spedito in un gulag siberiano, condannato ai lavori forzati in miniera.
Non partecipa quindi ai Mondiali di Svezia, dove l’URSS mostra una buona difesa ma un attacco privo di talento ed esce ai quarti di finale, eliminata da quella stessa Svezia a cui un paio di anni prima aveva inflitto un pesante 8 a 0 con Streltsov in campo.
Dopo sette anni nel gulag, in cui sopravvive solo grazie all’ammirazione che gli altri prigionieri hanno per la sua figura, Streltsov viene “perdonato” e torna a giocare, vincendo lo Scudetto con la Torpedo e tornando anche a vestire la maglia della Nazionale. Muore nel 1990 a causa di un cancro contratto probabilmente durante gli anni di miniera, e si dice che al suo funerale partecipi una donna sconosciuta in lacrime: sarebbe stata la donna usata dal governo per inventarsi l’accusa di stupro, evidentemente sofferente per il senso di colpa causato dall’aver privato il calcio russo di uno dei suoi più grandi campioni di sempre.
#IL PROTAGONISTA
Nato in Marocco, dove scoprì il calcio in tenera età e se ne appassionò, Just Fontaine legò il suo nome alla Francia, dove si trasferì ventenne per giocare nel Nizza. Attaccante completo, dimostrò subito un enorme confidenza con il gol, suo tratto caratteristico: 44 segnature in due stagioni al Nizza gli valsero la chiamata allo Stade de Reims, che doveva sostituire un certo Raymond Kopa appena ceduto al Real Madrid. Certamente Fontaine non patì il grande salto, ne gli ovvi paragoni con l’illustre predecessore: in sei stagioni segna la bellezza di 121 reti in 127 incontri, una media strepitosa che porta la squadra bianco-rossa a vincere tre titoli nazionali, una Coppa di Francia e ad arrivare in finale di Coppa dei Campioni, dove viene sconfitto proprio dal Real Madrid di Kopa. Il talentuoso franco-polacco, tornato a chiudere la carriera sempre nel Reims, nelle ultime stagioni giocherà proprio in coppia con Fontaine, che alla fine della sua carriera francese vanta l’impressionante score di 165 gol in 200 gare, a cui vanno aggiunti i 62 gol realizzati in appena 44 gare nel periodo in Marocco. In carriera ha vinto inoltre due volte la classifica marcatori in Francia ed una volta in Coppa dei Campioni.
Il capolavoro inarrivabile di Fontaine, quello per cui verrà per sempre ricordato, è però il Mondiale del 1958: partita nell’indifferenza di molti, la compagine francese si fa largo grazie ai suoi gol e a quelli del compagno di reparto – e di club – Piantoni. Il franco-marocchino segna 3 reti al Paraguay, 2 alla Jugoslavia ed uno alla Scozia nel girone eliminatorio, quindi una sua doppietta nel 4 – 0 all’Irlanda del Nord schiude ai ‘bleus’ le porte della semifinale: qui purtroppo la sua classe non vale, visto che i galletti incontrano il Brasile futuro campione che li surclassa per 5 a 2, con Fontaine che comunque si toglie la soddisfazione di segnare una rete.
Rimane la finale per il 3° posto, contro la temibile Germania Ovest campione in carica ed eliminata a sorpresa dalla Svezia: i tedeschi sono forti ma mentalmente ormai a casa, la gara è una girandola di reti ed emozioni e finisce 6 a 3 per la Francia, con Fontaine che realizza ben 4 reti, due all’inizio e due alla fine della gara. In totale sono quindi 13 reti in 6 gare, che gli valgono il titolo di capocannoniere anche dei Mondiali: manterrà questa media reti (in Nazionale saranno in tutto 30 in 21 incontri) impressionante fino al ritiro, giunto precocemente ad appena 29 anni per via di alcuni guai fisici che lo tormentano.
Just Fontaine fu un lampo di classe nel modesto calcio francese di quegli anni, bomber di razza e campione vero che fece per la prima volta sognare l’Esagono sia con la Nazionale che con la maglia dello Stade Reims. Non ebbe una carriera lunga e piena di successi, ma giocò sempre al massimo, sfruttando ogni occasione possibile per trasformare un pallone qualsiasi in un gol: l’essenza stessa del calcio, quindi, racchiusa in questo emigrante del calcio che dopo quasi trent’anni seppe calcisticamente riabilitare la figura dei ‘figli delle Colonie’ con la maglia della Francia, figura sporcata a suo tempo da Alexandre Villaplane. Just Fontaine fu il primo campione internazionale che la Francia abbia mai avuto, la scintilla iniziale per un movimento che negli anni a venire diventerà sempre più importante: forse, tra i tanti, è stato questo il suo gol più bello.
Fonti: “Storia dei Mondiali di Calcio” (Bocchio-Tosco, ed.Sestante)
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