Calcio
I tifosi sono realmente il dodicesimo uomo in campo?
Lo ha provato a capire l’Università di Trieste.
“Raramente il tifoso dice: “Oggi gioca la mia squadra”, ma “Oggi giochiamo”. E sa bene, questo giocatore numero dodici, che è lui a soffiare i venti del fervore che spingono il pallone quando dorme, e gli altri undici giocatori sanno bene che giocare senza tifosi è come ballare senza musica”.
La seguente citazione è di Eduardo Galeano, tra gli scrittori più stimati della letteratura latinoamericana. Oggi, in un periodo in cui calcio e tifoserie sembrano due universi paralleli, è il giorno giusto per porsi una domanda: i tifosi sono davvero il dodicesimo uomo in campo?
L’Università di Trieste ha avuto la brillante idea di studiare e analizzare il caso, in chiave sportiva, ovviamente. I fattori presi in considerazione sono stati due: il vantaggio casalingo e il metro di giudizio arbitrale. Il primo aspetto consiste nel fatto che le squadre ottengono più punti quando giocano in casa, mentre in trasferta faticano di più. Il secondo punto vuole dimostrare che gli arbitri sono più clementi con i padroni di casa. Tra questi due fattori, però, si intromette uno a sorpresa: la pressione del pubblico. In qualche stadio di meno, in altri di più, ma il pubblico presente allo stadio supporta la squadra di casa. Com’è giusto che sia. Prima del Covid-19 era complicato analizzare singolarmente il peso del pubblico, dato che incidevano ulteriori fattori; ora, con gli stadi a porte chiuse, il gioco è leggermente più semplice.
A tale “giuoco” hanno partecipato i prof.Michele Grassi, Tiziano Agostini e Mauro Murgia, e il dott.Fabrizio Sors, del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università degli Studi di Trieste. L’equipe, per analizzare il “fattore pubblico”, ha preso in considerazione le 841 gare giocate – a porte chiuse -, nella Serie A e B di Italia, Spagna, Inghilterra e Germania.
Ipotesi iniziale: se questi fenomeni sono in gran parte dovuti all’effetto del rumore della folla, l’assenza di spettatori dovrebbe ridurne la presenza. Per analizzare i due aspetti iniziali sono stati presi in considerazione diversi parametri.
Il primo fattore studiato è, dunque, il vantaggio casalingo, studiato da Richard Pollard e Miguel Gomez dal 1986 in poi. I due hanno calcolato questo aspetto come la percentuale di punti guadagnati in casa sul totale dei punti guadagnati. Un fattore preso in considerazione, oltre al risultato finale, è quello relativo al possesso palla: anche in questo caso dominava la squadra di casa. I fattori più importanti sono quelli già citati: il rumore della folla che incita i propri beniamini e fischia gli ospiti, e i giudizi arbitrali che vanno in direzione dei padroni di casa. A questi fattori centrali se ne aggiungono altri di contorno, come la fatica del viaggio per la squadra ospite e i differenti pensieri dei calciatori: quelli in casa si sentono psicologicamente più forti, mentre tra gli ospiti predomina l’insicurezza.
Il rumore della folla è stato studiato in due occasioni. Nel 2007, lo studioso van de Ven prese in considerazione 20 derby giocati a porte chiuse: il vantaggio casalingo è stato mantenuto, anche in assenza di spettatori. L’autore, inoltre, ha analizzato anche 64 derby giocati nello stesso stadio: da questo studio non è emerso alcun vantaggio dalla squadra di “casa”. Uno studio più recente (Ponzo e Scoppa), invece, ha analizzato 128 derby nello stesso stadio e ha scoperto che il vantaggio di casa era presente, attribuendone il merito alla folla. Questo fattore è però ancora in bilico, i risultati sono contrastanti e non è ancora chiaro quanto il rumore del pubblico possa incidere sul risultato finale.
Il secondo fattore preso in considerazione è il metro di giudizio arbitrale. Gli studiosi si sono soffermati sul numero di falli concessi, sui cartellini rossi e i calci di rigore. Inoltre, gli arbitri aggiungono i minuti di recupero a seconda che la squadra di casa sia in svantaggio o vantaggio. Qui ritorna in gioco la folla, perché alcuni studiosi attribuiscono tali giudizi arbitrali alla pressione del pubblico. Attenzione, la densità, non la dimensione: secondo lo studioso Goumas, è la densità a influenzare i pareri arbitrali.
Alcuni studi di laboratorio hanno alterato sperimentalmente il rumore della folla per analizzarne gli effetti sui pareri arbitrali. Gli arbitri, con la pressione dei tifosi, prendevano decisioni più favorevoli alla squadra di casa che alla squadra ospite di circa il 15%, rispetto ai direttori di gara che osservavano gli stessi video senza il rumore della folla. Da un lato, questi studi forniscono prove importanti, ma dall’altro mancano di validità ecologica. Uno studio “naturale” ha invece preso in considerazione le stesse 20 partite analizzate da van de Ben: sono emerse differenze significative del “bias arbitrale”.
Le partite considerate nel presente studio sono dunque tutte quelle della stagione regolare giocate a porte chiuse in questa annata, nella prima e seconda divisione delle prime quattro nazioni del ranking UEFA, ovvero Spagna, Inghilterra, Germania e Italia. In totale il campione è composto da 841 partite. Le statistiche prese in considerazione sono: risultato della partita, vantaggio casalingo, gol, possesso palla, tiri, calci d’angolo, pregiudizi arbitrali, falli, cartellini gialli e rossi, calci di rigore e tempi supplementari.
La variabile “risultato partita” è stata analizzata verificando la distribuzione dei risultati nella stagione 2019/2020 e confrontandola con gli esiti delle tre annate precedenti. Su tali risultati sono stati poi calcolati i vantaggi casalinghi per punti, sia nelle partite di questa stagione giocate a porte chiuse, sia nelle tre stagioni precedenti. Le altre variabili sono state calcolate in toto, mentre è stata poi costruita una media ponderata.
I risultati sono stati incredibili: le frequenze osservate per le vittorie in casa, i pareggi e le vittorie fuori casa erano differenti rispetto alle frequenze previste calcolate sulla base delle ultime tre stagioni complete con spettatori. In particolare, la frequenza osservata di vittorie in casa era più bassa e la frequenza osservata di vittorie in trasferta era più alta. Per le variabili relative al vantaggio della casa relative alle prestazioni, sono emerse difformità. Possesso palla e calci d’angolo non erano differenti tra le squadre di casa e quelle in trasferta. Per tutte le variabili di bias arbitrale, non ci sono state differenze significative tra le squadre di casa e quelle in trasferta.
L’ipotesi, dunque, è stata confermata da questa ricerca. Senza pubblico, il vantaggio di casa è stato annullato e il bias arbitrale è stato ridotto. Anche il vantaggio casalingo è sceso rispetto alle scorse stagioni: dal 59,82% al 54,68%, mentre gli errori arbitrali sono diminuiti a causa della mancata pressione del pubblico. Il risultato finale è quello che tutti si aspettavano: i tifosi influiscono notevolmente sull’esito della partita. Restano il dodicesimo uomo in campo, supportano e sopportano la squadra fino alla fine.
“Forse è qualcosa che non puoi capire se non ci sei dentro. Come fai a capire quando mancano tre minuti alla fine e stai 2-1 in una semifinale e ti guardi intorno e vedi tutte quelle facce, migliaia di facce stravolte, tirate per la paura, la speranza, la tensione, tutti completamente persi senza nient’altro nella testa… E poi il fischio dell’arbitro e tutti che impazziscono e in quei minuti che seguono tu sei al centro del mondo, e il fatto che per te è così importante, che il casino che hai fatto è stato un momento cruciale in tutto questo rende la cosa speciale, perché sei stato decisivo come e quanto i giocatori, e se tu non ci fossi stato a chi fregherebbe niente del calcio? E la cosa stupenda è che tutto questo si ripete continuamente, c’è sempre un’altra stagione. Se perdi la finale di coppa in maggio puoi sempre aspettare il terzo turno in gennaio, che male c’è in questo? Anzi, è piuttosto confortante, se ci pensi”.
Fonte: The sound of silence in association football: Home advantage and referee bias decrease in matches played without spectators (tandfonline.com)
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