Calcio
Il punto sulla Serie A: Il Benevento e i Maigoduti – 28 Nov
IL TOP
Benevento in poppa!
Ho 58 anni. Sono figlio di direttore sportivo. Il primo regalo lo ricevetti da tale Juan Alberto Schiaffino, uno dei protagonisti del “Maracanazo” uruguagio. A 18 anni misi piede per la prima volta nella redazione di un giornale, il Guerin Sportivo. Se questo fosse uno “speed date”, la mia dirimpettaia sarebbe già fuggita; essendo questo un portale a chiara vocazione pallonara, mi auguro che stiate ancora leggendo: il mio era solo il modo, magari prolisso, di presentarmi, di farvi capire che anche se non lo avessi voluto il calcio fa parte della mia vita da sempre. E proprio perché di calcio mi sono nutrito e ne ho visto tanto, vi assicuro che il Benevento è davvero il Top non solo della giornata, ma forse dell’intera storia calcistica italiana. C’erano una volta i Rokes (“Bisogna saper perdere”), c’era una volta Arrigo Sacchi (“In Italia manca la cultura della sconfitta”): preistoria. Oggi ci sono i simpatici beneventani, gente tosta che ha dimostrato di saper perdere in ogni modo e su ogni campo. La sconfitta subita ieri sera a Bergamo è la quattordicesima perla di una collana destinata ad arricchirsi giornata dopo giornata. E mentre i giallorossi si avviano a demolire ogni record a livello mondiale, nessuno – ai piani alti – pare essersi posto la fatidica domanda: “Che cazzo ci sta a fare il Benevento in Serie A?”. Noi, che invece ce lo siamo domandati, siamo in grado di fornirvi una risposta: il Benevento è in Serie A perché il calcio italiano, da un paio di decenni, si è prima prostituito al demone televisivo e poi a quello delle scommesse. Per incassare più soldi, da tivù e bookmakers, servono più partite? E allora noi allarghiamo il campionato a 20 squadre. Ecchissenefrega se diventa il torneo Eminflex, con più materassi che avversari: l’importante è incassare. Ecco, la matricola Benevento incarna alla perfezione il Nuovo Corso del nostro calcio, quello che ci ha regalato Tavecchio e la non partecipazione ai prossimi Mondiali. Ecco perché è il nostro Top: come lui, nessuno mai (speriamo…).
IL FLOP
L’esercito dei Maigoduti
Tipologia di tifoso in netta espansione, il Maigoduto non perde occasione per manifestare la propria insoddisfazione. E lo fa in maniera netta, autoritaria, alzando la voce, incurante di superare la soglia del ridicolo. Prospera in tutta Italia, sia chiaro, ma nel nostro piccolo vogliamo occuparci di quelli che gigioneggiano all’ombra delle Due Torri. Era agosto, me la spassavo con mia figlia a Riccione quando il cielo venne squassato dal disastro in Coppa Italia. Alcuni tifosi del Bologna, in albergo, mi avvicinarono per sapere di che morte doveva morire la loro squadra del cuore. Sui giornali, sui blog, su Facebook e nei bar, il popolo dei Maigoduti andò a predicare il proprio verbo: Saputo era un plumone, Fenucci un insipido burocrate che voleva il male del club, Bigon un nullatenente mentale che si faceva fregare anche al Mercato delle Erbe, figuriamoci all’Hotel Melià, Donadoni un grigio umarell senza arte né parte, Palacio un vecchio furbacchione che aveva trovato i polli per sgranocchiare l’ultimo ingaggio e così via. Poi venne il campionato, il Bologna inanellò qualche buon risultato e l’euforia contagiò tutti, tant’è vero che mi capitò di leggere un titolo sul Resto del Carlino (“Petkovic il nostro Ibra”) che fece venire l’orticaria a me e l’incazzatura agli Dei del Pallone. Seguì un periodo oscuro, come capita a tutti nella vita. Grazie a quattro sconfitte consecutive, l’esercito dei Maigoduti, quelli che “io l’avevo detto detto”, riprese fiato: non era possibile andare avanti con Donadoni, l’allenatore doveva essere licenziato prima che succedesse l’irreparabile. Che infatti è successo: prima la vittoria a Verona, poi il successo “con l’handicap” contro la Samp. Oggi i Maigoduti si nascondono a fatica tra la folla, ma noi di 1000 Cuori Rossoblu cogliamo l’occasione per ribadire il nostro concetto-guida: i conti si fanno a fine stagione e noi abbiamo fiducia in chi si occupa delle vicende rossoblù. Da quando a Casteldebole (neanche fosse la Normandia…) sono sbarcati gli Alleati, i conti sono sempre tornati: quelli economici (ricordate Guaraldi?) e quelli tecnici (idem). Il resto son cazzate, per le quali bisognerebbe chiedere scusa. Ma non lo faranno, i Maigoduti, in attesa di… maigodere un’altra volta.
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