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IL GRILLO PENSANTE – King Claudio e l’ordine naturale delle cose

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Claudio Ranieri non è più l’allenatore del Leicester. Non è volato verso lidi più prestigiosi e più remunerativi come il distaccato e calcolatore mondo del business (di cui il gioco del calcio è ormai parte integrante ed inscindibile) avrebbe suggerito; non lo ha fatto l’estate scorsa quando, divenuto Leggenda, sarebbe sembrata la scelta più ovvia, e non l’avrebbe fatto neppure ora nonostante la sua squadra navighi nelle acque burrascose che più le competono. Non l’avrebbe fatto probabilmente mai, da capitano di una nave che sentiva intimamente sua e che avrebbe sognato di governare finchè i mari solcati sarebbero stati abbastanza per ritirarsi a miglior vita.

La notizia del suo esonero è esplosa con la potenza di mille bombe nucleari: tutto il mondo del calcio si è ritrovato a interpretare l’imponderabile e, sebbene poche voci isolate tentino affannosamente di giustificare la notizia con il clichè della mancanza di riconoscenza nello sport moderno, raramente si sono visti gli interpreti principali che popolano il professionismo schierarsi così fermamente a difesa di un collega di un altro club. La pioggia di attestati di stima ed affetto nei confronti di Ranieri possono essere condensati nella manifestazione di Mourinho, anima mai banale che ha commentato il fattaccio sfoderando poche frasi colme di disapprovazione (per il Leicester) e di sincera ammirazione (per King Claudio): “Campione d’Inghilterra e allenatore dell’anno FIFA, licenziato. Questo è il nuovo calcio Claudio. Continua a sorridere amico, nessuno può cancellare la storia che hai scritto”.

La sua avventura a Leicester inizia a Luglio 2015, quando venne ingaggiato per mantenere la permanenza in Premier League ed accolto con notevole scetticismo a causa della fallimentare esperienza greca da cui proveniva; la rosa di cui può disporre è di livello mediocre, ma Claudio fa brillare tutte le stelle del suo firmamento di un bagliore accecante: il portiere Kasper Schmeichel (perennemente oscurato dall’ingombrante ombra passata del padre) diventa un muro impenetrabile, il capitano giamaicano Wes Morgan (con recenti problemi di obesità e depressione) si erge da leader assoluto, il francese di origini maliane Kante (proveniente da una sola annata da titolare in League 1) viene acquistato dal Caen per diventare l’inesauribile motorino del centrocampo, l’algerino Mahrez (anonimo e poco prolifico) viene premiato come il miglior giocatore della Premier League e l’attaccante Vardy (con un passato macchiato da problemi giudiziari) è un cecchino implacabile. Ranieri modella la sua Armata Brancaleone con una dedizione e una sagacia che non trovano spiegazioni nel solo ambito razionale; le favole sono tali in quanto abbracciano eventi fantastici e, nella cavalcata incontrastata del Leicester nel corso dei mesi, partita dopo partita, prende progressivamente corpo una trama fiabesca indimenticabile. D’altronde il romanaccio di Testaccio non è persona qualunque, ma appartiene ancora a quel manipolo sempre più esiguo di romantici che possono rendere possibile l’impossibile, che possono soverchiare i pronostici e l’asciutto significato dei numeri: ad inizio stagione i bookmakers quotavano la vittoria del Leicester in Premier League 5000:1, ovvero come un evento meno probabile della scoperta del Mostro di Loch Ness, dello sbarco degli Alieni, di Kim Kardashian eletta presidente degli Stati Uniti o di Bono degli U2 eletto Papa. Claudio Ranieri ha strappato dall’anonimato di 132 anni di storia i Foxes regalandogli il primo storico campionato inglese e la luce di ogni riflettore planetario, sbaragliando facoltosi titani rivelatisi impotenti contro la forza di un’alchimia misteriosa ed inarrestabile creatasi nelle Midlands Orientali.

Una vittoria epica come questa, nell’immaginario collettivo, testimonia la bellezza e la rivincita di valori dal sapore antico, di sentimenti che hanno ancora la prepotenza di riemergere dalla coltre di lucida razionalità che ha opacizzato nel corso degli anni lo spirito più emotivo dello sport.

I vertici societari del Leicester hanno spazzato via, in un giorno qualunque di Febbraio, tutto il significato più profondo costruito nell’arco di un’intera stagione, la quale a sua volta aveva impreziosito l’intera storia ultrasecolare del club. Mettere alla porta una persona straordinaria come Claudio Ranieri  ha impoverito tremendamente la squadra sotto tutti i punti di vista, non solo ribaltando tutte le simpatie che aveva poeticamente conquistato ma facendo precipitare il club nella mediocrità di una decisione adottabile da un qualunque altro staff (peraltro in una situazione difficile ma non certo disperata, ovvero nell’habitat standard di una compagine modestamente attrezzata come questa).

Così viene ristabilito l’ordine naturale delle cose: il Leicester ritorna l’anonima squadra nella quale passò un giorno un grande allenatore capace di farle vincere la Premier per la prima volta, il nome di Claudio Ranieri rimarrà scolpito nella leggenda come il mostro sacro italiano che riuscì a fagocitare tutte le corazzate d’Inghilterra con una piccola squadra di provincia.

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