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Il Metodo Vincente #11: Il Medioevo del Calcio

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La stagione 42/43 si aprì con un forte rafforzamento del Torino di Ferruccio Novo, che prelevò dal Venezia i giovani Ezio Loik e Valentino Mazzola nell’ottica di migliorare una squadra già arrivata seconda. Ma, a sorpresa, nelle prime giornate si fece luce il Livorno guidato da Ivo Fiorentini, allenatore appena “scartato” dall’Ambrosiana Inter. A contraddistinguere i labronici fu proprio quel metodo tanto caro ad Vittorio Pozzo ormai confinato nel ruolo di osservatore e giornalista, data l’impossibilità di operare sul campo con la Nazionale a causa della guerra, che non permetteva trasferte internazionali prive di rischio.

 

Così, a pochi metri dal porto di Livorno, già base strategica militare, ad impressionare furono in particolare due giocatori: Renato Raccis e Mario Zidarich. Il primo, in particolare, grazie alla sua leggiadria sul fronte offensivo, stupirà Pozzo. Segni particolari: sardo. E non è cosa da poco: nessuna squadra regionale, fino ad allora, era stata capace di approdare in Serie A. E, peraltro, era cosa rara vedere all’opera calciatori dell’isola all’epoca, sia perché i talenti non fiorivano in maniera copiosa, sia perché già da anni la Sardegna era costretta ad un isolamento vero e proprio, a causa delle difficoltà nello raggiungere la terraferma. Per poter giocare a calcio, fu istituito un campionato autonomo, nel quale si misuravano le massime realtà locali. Che, però, non vedrà mai una fine ufficiale: nel Febbraio del 1943 l’avvento del conflitto nell’isola costringe la Federazione alla sospensione delle attività, mai riprese. 

 

Medesimo destino ebbe il Palermo – Juventina, squadra iscritta al campionato di Serie B. Quando nel mese di Aprile ci si rese conto che raggiungere la Sicilia dalla penisola era sin troppo rischioso, i rosanero vennero esclusi dal campionato con riserva: un’eventuale ripartenza del campionato nel 1943/44 avrebbe garantito ai siculi di ripartire dal campionato cadetto.

 

Il resto, è storia. Lo sbarco alleato in Sicilia, nel Luglio dello stesso anno, porterà l’Italia ad una doppia guerra: quella Mondiale, tra i due fronti in lotta, e quella civile tra compatrioti, sostenitori del Fascismo da una parte, antifascisti dall’altra. A fine mese, con la caduta del regime, la nazione si schiererà definitivamente col fronte angloamericano, scatenando impulsive reazioni nell’esercito tedesco. Calcisticamente, è un disastro: Ridolfi viene destituito dalla carica di presidente federale e sostituito da un direttorio provvisorio, e il campionato di Serie A non può iniziare, costretto a fermarsi. E se al Sud, nel pieno del conflitto, non è nemmeno possibile abbozzare una partitella d’allenamento, nel Dicembre del 1943, intorno alla capitale, inizia il campionato romano di guerra, giocato da 10 squadre, e seguito dal Campionato Alta Italia, diviso su base regionale. “Il medioevo del calcio”, titoleranno i giornali dell’epoca. Al termine delle fasi locali, si proverà ad abbozzare una fase finale a 4 squadre, ma senza esito: la Lazio, rappresentante del Sud, è costretta a disertare, lasciando campo libero ai Vigili del Fuoco di La Spezia, Torino e Venezia. Saranno proprio i primi, a sorpresa, ad aggiudicarsi la contesa.

 

 

 

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