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Il Metodo Vincente #9: Il Generale in fuga

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Il Mondiale del 1938 segnò una netta linea di demarcazione tra la belle époque del calcio italiano ed un futuro a trame oscure. I segnali premonitori, con il già citato Anschluss, d’altronde, non erano stati positivi. Anzi, tutt’altro: ci si apprestava ad un’epoca cupa, che Pozzo ricordava malvolentieri. Proprio per questo, al solo pensiero di quegli anni così funesti, la mente del famigerato commissario tecnico tornò ad annebbiarsi, e contemporaneamente il bicchiere di bourbon si colmò nuovamente fino all’orlo.

 

L’intensificarsi degli accordi tra Mussolini ed Hitler, infatti, stava portando ad una battaglia che, anche per il mondo del calcio, si spostava man mano dal campo alla vita di tutti i giorni. La promulgazione delle leggi razziali fasciste, datate 25 Luglio 1938, fecero il resto.

Da quel momento in poi, nessuno sarebbe stato al sicuro. Ne sapeva qualcosa Egri Erbstein, pluridecorato allenatore ungherese che fu costretto ad abbandonare Lucca a causa dell’imperversare delle suddette normative che lo costrinsero, addirittura, a ritirare le figliolette dalla scuola pubblica, in direzione Torino, dove le garanzie protettive del presidente Ferruccio Novo, che garantì alla famiglia del tecnico un’esistenza dignitosa, fecero sì che la panchina granata trovasse una degna guida, oltre ad una ricongiunzione con Bruno Neri, già alle dipendenze di Erbstein in Toscana.

Ma come mai Egri è perseguitato? Dietro alla nazionalità ungherese, c’è un appellativo identificativo di quelli come lui. JUDEN. Ebreo.

 

A Bologna, se possibile, andò anche peggio. Arpad Weisz, accomunato dal medesimo destino di Erbstein, iniziò il campionato 38/39, per poi essere costretto alle dimissioni dopo appena cinque giornate, nonostante lo strenuo tentativo di Renato Dall’Ara di mantenerlo sulla panchina rossoblu. Ma contro il volere delle più alte cariche istituzionali, con le quali le possibilità di dialogo erano del tutto marginali, il destino dell’allenatore fu segnato: la Notte dei Cristalli, tra il 9 e il 10 Novembre del 1938, aprì uno squarcio che non sarà più sanato. Le SS, forze speciali della polizia di Hitler, disseminarono il panico, radendo al suolo numerose sinagoghe e deportando i primi ebrei verso i campi di concentramento di Dachau, Buchenwald e Sachsenhausen. L’unica possibilità di salvezza, per Weisz, aveva il nome di una fuga notturna, insieme alla moglie e ai figli, verso l’Olanda, passando per il valico di Bardonecchia e per la Francia, transitando da Parigi. Erbstein resisterà appena due mesi in più, e i buoni uffici di Novo gli consentiranno di tornare, al sicuro, in patria.

 

In Austria, nel frattempo, a Sindelar andava anche peggio. La ferita della sconfitta al mondiale, mai rimarginata, pesava come un macigno per i gerarchi nazisti, che cercarono di mutare l’affetto verso il giocatore in odio spregiudicato, veicolando la stampa a fomentare un clima ostile nei confronti di Cartavelina. Ma più il regime tentava di fare in modo che il popolo scaricasse il campione, più questo veniva idolatrato: le accuse di fantomatiche origini ebree, con tanto di fittizio albero genealogico ricostruito, cadono nel vuoto.

Eliminare fisicamente l’ex stella dell’attuale Ostmark è impensabile: la provincia si ribellerebbe, e ogni progetto di espansione finirebbe per naufragare. Far passare un omicidio per un incidente, meno: il 22 Gennaio del 1939, Matthias Sindelar e Carla Costagliola verranno trovati morti, nel loro appartamento di Vienna, a causa di un’intossicazione derivante da inalazione di monossido di carbonio, proveniente da una vecchia stufa malfunzionante, stando ai referti medici. I cadaveri non verranno mai ritrovati, non verrà eseguita alcuna autopsia e la polizia archivierà frettolosamente le indagini.

 

Affranto dal dolore, Pozzo tornò a sedersi sulla sedia. Fuori era notte, e le luci di Torino abbagliavano la sua stanza, una stanza troppo stretta per poter conservare tutti i ricordi negativi. Ciò a cui aveva appena ripensato, infatti, era solo l’inizio di una bruttissima pagina di storia.

 

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