Calcio
Il punto sul Campionato – 08 Ott
Se c’è una certezza che possiamo trarre da questa settima giornata è che la Roma c’è, e fa sul serio: 7 vittorie in 7 gare, tutte vinte con chiare dimostrazioni di forza e prendendo appena una rete devono voler dire qualcosa. Ovviamente società e squadra faranno le scaramantiche, e così pure diversi tifosi, ma dire dopo quel che si è visto che la Roma non può puntare allo Scudetto sarebbe un eresia.
Ne ha tutti i mezzi, e la vittoria ottenuta autorevolmente a Milano contro un Inter non così male in arnese come il risultato finale potrebbe far pensare fa risaltare lo splendido lavoro di Rudi Garcia, un personaggio che serviva al nostro calcio, dove i personaggi carismatici latitano: il francese è tecnico saggio e preparato, e sta traendo il meglio da una rosa che ai più era parsa indebolita rispetto alla scorsa stagione.
E invece, mentre Lamela e Osvaldo faticano a imporsi in Inghilterra, la Roma vola sulle ali di Gervinho e sul fosforo di Strootman, il tutto impreziosito dai due simboli della città: De Rossi, finalmente restituito ai livelli che gli competono, cuce gioco e spezza le velleità offensive dei rivali come ai bei tempi, mentre per Totti ci sono poche parole, anzi, ce ne è solo una: infinito. A 37 anni essere in queste condizioni fisiche è clamoroso, i due gol sono sembrati persino (per uno come lui) facili, e inoltre con una magia ha lanciato l’azione della terza rete. Se a giugno dovesse essere in questo stato di forma tutti i tifosi italiani, indipendentemente dalla fede calcistica, dovrebbero desiderarne la presenza ai Mondiali con la maglia azzurra. Totti è uno degli ultimi fuoriclasse assoluti, e può davvero trascinare la Roma fino a vette impensabili anche solo tre mesi fa, quando la rabbia dei tifosi faceva venire più di un dubbio sul come questa società avrebbe potuto riscattarsi. Lo ha fatto con l’ennesima scommessa, ma stavolta vincendola alla grande: scommettendo su un tecnico che, a differenza di Zeman e Luis Enrique, ha saputo trarre il meglio da quello che aveva a disposizione, rinunciando alle utopie ma sciorinando comunque un calcio piacevole ed estremamente efficace, un calcio che gli avversari dovranno imparare a conoscere per poterlo poi neutralizzare.
Cosa che non è riuscita all’Inter di Mazzarri, rivelatasi prevedibilmente troppo fragile alla prova del nove: nessuno vuole ridimensionare i nerazzurri, ma se la Roma pare poter lottare per il titolo per l’Inter si prospetta un campionato sì di crescita, ma decisamente più graduale.
Il centrocampo va ancora affinato, e gli esterni non sempre possono giocare al di sopra del proprio standard, così come Palacio e Icardi non possono sempre risolvere le cose in zona-gol. Dopo aver imparato a difendersi, questa Inter dovrebbe imparare ad attaccare, magari rispolverando definitivamente Milito dalla panchina: l’argentino è infatti l’unica certezza in attacco, e Mazzarri questo lo sa bene.
La Juventus intanto dimostra a tutti cosa vuol dire essere in crisi e come questa non sia mai passata dalle parti della truppa di Conte. Se una squadra in crisi ottiene 6 vittorie ed un pareggio in sette incontri di campionato, viene da pensare a cosa farà quando starà bene.
E’ certamente una Juve più umana e meno inattaccabile, e la rete presa da Muntari dopo pochi minuti probabilmente le scorse stagioni non sarebbe arrivata: ma è una Juve comunque incredibilmente di carattere, che sa rimontare e vincere con la forza ed il ritmo che le sono usuali, mettendo a nudo tutti i limiti di un Milan dove qualcuno continua incredibilmente a dare la colpa ad Allegri quando in realtà i problemi vengono da molto più lontano. Come una campagna acquisti che per ora ha prodotto un trequartista su cui c’è poca fiducia (Saponara), uno su cui forse ce ne è stata troppa (Kakà) e una punta che deve sbloccarsi (Matri), a fronte di una difesa che a definirla “da media classifica” pare pure di esser troppo generosi. Negli ultimi anni il Milan ha vissuto degli entusiasmi del suo presidente, e visto che ora motivi per avere entusiasmo Berlusconi ne ha pochi si vedono i risultati: è cieco non vedere le carenze di una squadra che non investe in un difensore serio da anni, che si impantana per pochi milioni su Honda e Ljaic per poi spenderne 12 su un Matri che è sicuramente un buon attaccante ma non tale da far dire a Galliani che “con lui ce la giochiamo con tutti in Italia e in Europa”. Vendere aria fritta per qualcuno è un arte, ma nel calcio ai tifosi servono i risultati, e mi pare evidente che anche con un altro tecnico al posto di Allegri i risultati si smuoverebbero di poco.
Questo Milan è tremendamente indietro, più nel gioco e negli uomini che in classifica, così come più che il punteggio (3 a 2, non un disastro) è stata nettamente evidente la differenza di valore in campo. E si obbietterà che c’erano molte assenze, ma purtroppo queste capitano nel calcio e non tutte sono da attribuire (qualcuno ha detto Balotelli?) alla sfortuna.
Colma di assenti anche la Fiorentina, che però strappa un buon punto ad una Lazio buona ma senza cattiveria negli ultimi sedici metri: sintomatico di una squadra, quella viola, matura e tutto sommato conscia dei propri limiti, mentre ai biancocelesti serve assolutamente Klose o son guai.
Diversi assenti anche nel Napoli, che però regola senza problemi il Livorno grazie a Pandev, Callejon e tutto il ben di Dio che c’è in panchina quest’anno. Triste vedere Cannavaro ancora in panchina e per tutti i 90 minuti, ma Benitez vince e questo lo ripara dalle critiche quando preferisce all’ormai ex-capitano addirittura Fernandez. Per i toscani una sconfitta prevedibile che non deve fare male, del resto si parla proprio di altri livelli. Tra le prime si inserisce, nemmeno troppo a sorpresa, il Verona del sorprendente Mandorlini: non me lo ricordavo così bravo il tecnico, lesto a dare fiducia ad un talento vero come Iturbe e a costruire una squadra solida e quadrata con qualche solista davvero niente male. Oltre al piccolo argentino, il cui talento ha pochi limiti, c’è un Jorginho splendido ed un Toni che la sua zampata la sa sempre dare.
Incredibile che ci abbiano creduto solo gli scaligeri.
Concludo con due parole sulla squadra asfaltata proprio dal Verona, che è il Bologna di tutti voi che leggete – o perlomeno, della maggior parte di voi. Urge cambiare qualcosa e urge farlo prima che la situazione sia troppo catastrofica: forse solamente il Sassuolo sta facendo vedere qualcosa di meno dei felsinei, con la scusante però di avere una squadra decisamente inferiore per valori tecnici ed esperienza. E’ difficile credere che una squadra come il Bologna, per quanto non partita certo per posizioni di prestigio, non sia capace di giocare mai un pallone, di fare solo una rete in 180 minuti prendendone addirittura 9. Passi per il 5 a 0 preso dalla Roma, anche se si poteva sicuramente contenere il passivo, ma il 4 a 1 subito dal Verona, e cioé una rivale diretta, rende ancora più evidenti le colpe di uomini-mercato (perché Bianchi e non Toni? Perché Iturbe è sfuggito dai radar?) e del tecnico Pioli, per poi arrivare a quelle dei giocatori. Quando si subisce un gol, nel calcio, si può reagire oppure mollare completamente: la seconda opzione è quella che percorrono i rossoblù, ed è un abitudine che va cambiata. In Serie A non ti perdona niente nessuno, e il persistere con certi atteggiamenti potrebbe voler dire guai davvero seri.
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