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Calcio

Il punto sul Campionato – 11 Feb

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SERIE A  23° Giornata

Ad uno spettatore imparziale può far piacere pensare che il campionato sia riaperto dopo l’ultimo turno, ed è per questo che giornali e TV tentano di far passare il mezzo passo falso della Juventus, che si fa recuperare due reti da un Verona inesauribile che forse – episodi arbitrali alla mano – avrebbe meritato di più come qualcosa su cui meditare.
Ed in effetti si potrebbe anche prendere per buono il fatto che la squadra di Conte patisce quel che già è successo nell’unica sconfitta stagionale, rimediata con la Fiorentina dopo un black-out che permise agli uomini di Montella di recuperare due reti di svantaggio e addirittura trovare la vittoria.
Si potrebbe, se non fosse per il fatto che la Juventus stavolta vacilla ma non crolla mentre la Roma non riesce a sfruttare l’occasione pareggiando un derby che magari avrebbe meritato di vincere, ma che ha rischiato persino di perdere.

“E’ la dura legge del gol”, direbbero gli 883.
Del gol subito ad opera di un eterno Luca Toni, che sfila i tre punti alla Juve proprio quando ormai sembrava che fossero in cassaforte.
Del gol sbagliato, come nel caso della squadra di Garcia, che vede Florenzi e Pjanic divorarsi due occasioni che, con meno precipitazione, sarebbero potuti valere ben più dei due punti persi, anche a livello psicologico.
Invece rimane tutto invariato, e anche se Conte giustamente si rammarica per l’occasione persa, il destino di questo campionato rimane ancora ben saldo nelle mani dei bianconeri.
Già, perché la Juventus si farà pure rimontare due reti e verrà graziata da due sospetti rigori per altrettanti falli di mano – in realtà più il primo di Vidal appare netto rispetto a quello di Lichsteiner, che sembra decisamente involontario – ma è anche vero che nei primi minuti mette alle corde e stende con un devastante uno-due una squadra, il Verona di Mandorlini, che in casa è un osso duro per chiunque. L’assenza di Barzagli può dire qualcosa, a riprova del fatto che esaurito questo ciclo Marotta e Paratici dovranno necessariamente rifondare in alcuni ruoli chiave: urge un difensore migliore di Ogbonna, ma anche un erede di Pirlo, cosa che ne Pogba ne Marchisio – ne tanto meno il “quasi bianconero” Guarin – sono.
Per ora però, dati alla mano, la Juventus rimane la squadra più forte e quella che tiene il destino del torneo in mano. Chiaro che altri passi falsi potrebbero riaprire il discorso, ma la grinta di Conte è una garanzia più che sufficiente al fatto che certi episodi difficilmente si ripeteranno.

E la Roma, poi, dovrebbe essere ancora più brava di quanto già non è e vincere quasi tutte le gare a disposizione: impresa non facile, visto che nel derby – pur con tutte le giustificazioni del caso – emergono i limiti di una squadra dal carattere forte ma a volte eccessivo dove manca un vero finalizzatore e dove si vive probabilmente di troppo facili entusiasmi, soprattutto considerando che l’estate scorsa nessuno avrebbe scommesso nemmeno su un piazzamento in Champions. Certo, i giallorossi hanno anche sfortuna, trovando nella stracittadina una Lazio di carattere ma chiusa come non mai, ma è questo tipo di gare, di sofferenze, che la truppa di Garcia deve imparare a fare sue.
Appare ormai noto a tanti che, senza gli spazi che lascia chi gioca in campo aperto, l’efficacia di Gervinho viene meno. Noto anche che Florenzi, sfiancandosi in due fasi, a volte non ha la necessaria lucidità in fase conclusiva. A questo si aggiunga il dualismo Totti-Destro – con il primo che, campionissimo, ha pur sempre l’età che ha ed il secondo che forse patisce un po l’essere la riserva dell’icona della squadra – ed ecco che qualche passo falso può capitare.

Non fallisce invece il Napoli, anche grazie ad un Milan che prima ne mette in evidenza tutti i limiti in fase difensiva grazie all’eurogol del debuttante Taarabt e poi si scioglie come neve al sole di fronte al magnifico reparto offensivo della squadra di Benitez. Quella contro i rossoneri è stata la dimostrazione di quel che è il Napoli post-Cavani, ovvero una squadra splendida quando ha la palla tra i piedi – a tratti la squadra migliore del torneo – quanto impacciata quando si tratta di difendersi: Maggio e Ghoulam sono due esterni che spingono molto, lasciando i due difensori centrali – non certo dei campionissimi – in balia degli attacchi avversari. La partita la risolve il fiuto del gol di Higuaìn e la verve di Insigne, davvero convincente, ma più di tutti la segna il ritorno a buoni livelli di Gokhan Inler, autentico campione quando in giornata di grazia: lo svizzero prima pareggia con una bordata da fuori delle sue, poi pennella un cross al bacio per “El Pipita”, che trasforma nella rete del sorpasso. Sicuramente Inler beneficia anche dell’arrivo di Jorginho, per me il miglior acquisto del mercato di Gennaio con buona pace di Osvaldo, Hernanes, Nainggolan e Matri.
Per il Milan è notte fonda, e purtroppo va detto che non è una sorpresa: Seedorf ha ottenuto buoni risultati, ma stento a ricordare una prestazione davvero convincente, a riprova del fatto che la rosa è quel che è e che se anche può lavorare meglio di Allegri (cosa di cui non sono molto convinto) il lavoro sarà duro e lungo, ed è presumibile che in estate diverse teste cadranno, prima tra tutte – credo – quella di “capitan” Mexes, davvero imbarazzante e impacciato.
Le lacrime di Balotelli rappresentano al meglio il momento e i limiti dei rossoneri, schiacciati da un passato glorioso che difficilmente tornerà presto: con tutti i suoi limiti, non può essere certo un ragazzo di 23 anni a tenere in piedi una squadra mal costruita e ricca di giocatori – Robinho, il già citato Mexes – che ormai sembrano a tutti gli effetti degli ex.

 

Non molla, appena dietro al Napoli, la Fiorentina di Montella, splendida realtà di questo calcio italiano che vive molto sull’improvvisazione e poco sulla programmazione mirata: si parla di una squadra che ha perso per infortunio il suo migliore acquisto – nonché potenzialmente uno dei migliori attaccanti del campionato – appena alla terza giornata e che ancora non lo ha recuperato. All’infortunio di Gomez si è aggiunto quello di un certo Giuseppe Rossi, tuttora capocannoniere del campionato nonostante da un mese sia fermo e probabilmente fermo per ancora un bel pezzo di torneo.
Soltanto questo dovrebbe rendere l’idea dell’impresa che stanno compiendo in riva all’Arno, con i viola che viaggiano ad appena 3 punti dal terzo posto che la scorsa stagione sfuggì per un soffio e che si tradurrebbe in una qualificazione alla Champions prossima ventura che, nel rapporto spese/risultati, nessuno meriterebbe forse più della società di Della Valle.
Con l’Atalanta arriva una vittoria di carattere, non una bella vittoria ma quel che contava erano i tre punti. Arrivano, contro una squadra che appena una settimana fa aveva stroncato proprio chi – il Napoli – i viola stanno inseguendo. E anche se l’Atalanta da trasferta non è paragonabile a quella che gioca tra le mura dell’ “Atleti Azzurri d’Italia”, fossi in Benitez lo interpreterei come un piccolo ma significativo campanello d’allarme.

Risorge l’Inter, che aggancia il Verona grazie alla rete del redivivo Samuel e solo grazie a quella. Vero è che la squadra, schierata finalmente con le due punte, qualche occasione la crea, ma vero è anche il ragionamento di chi – come me – sentenzia che ci sarebbe mancato altro che qualche occasione non la creava, in casa contro la penultima in classifica.
Il problema è che il gioco non convince per l’ennesima volta: chi chiedeva a Mazzarri di schierare insieme Milito e Palacio, per esempio, dovrebbe chiedersi in che condizioni fossero i due. Chi invoca il lancio di Icardi o rimpiange la cessione di Belfodil dovrebbe chiedersi cosa questi due facciano (o facessero) sul campo d’allenamento ogni settimana. E’ difficile pensare che un tecnico, qualsiasi tecnico, si faccia del male consapevolmente, e forse noi tutti – critici, tifosi, tecnici della domenica – dovremmo imparare a fidarci di chi l’allenatore lo fa di mestiere e  vede sul campo, tutti i giorni, i suoi atleti.
Buono l’esordio di Hernanes, che gioca tante palle e inevitabilmente tante ne sbaglia, cosa che si ripeterà finché non sarà inserito nei meccanismi della sua nuova squadra. Buona la prima mezzora di Guarin, che conferma di essere un gran giocatore quando ispirato e che bene hanno fatto i tifosi nerazzurri a mettersi di traverso impedendo il clamoroso scambio con la Juventus tra il colombiano e Vucinic, che sembra ormai sparito. Come sparito è Marco Branca, liquidato in questi giorni da Tohir: non solo errori nella sua avventura nerazzurra, come impietosamente ricorda il web in questi giorni. Anche delle buone intuizioni, ma in generale si può dire che il suo rendimento, soprattutto da quando Moratti ha stretto i cordoni della borsa, sia stato negativo, e quindi l’allontanamento un episodio inevitabile.
Due parole sul Sassuolo: il carattere c’è, la rivoluzione di Gennaio, che ha portato 12 uomini nuovi in rosa, forse non ha aiutato una squadra che tra giocatori e tecnico pare voler cominciare il suo campionato adesso. Non sarà facile salvarsi, anche se i buoni elementi non mancano e Malesani sa quel che fa. Purtroppo, però, il livello tecnico complessivo appare scadente per rimanere a questi livelli.

Il resto della giornata vede le due squadre rivelazione dopo il Verona, e cioè Parma e Torino, fermarsi. Il Parma non va oltre uno scialbo 0 a 0 con un Catania ancora non domo e che piano piano sembra ritrovarsi: sicuramente servirebbe qualche risultato utile più consistente che desse morale, perché nel frattempo che gli etnei si ritrovano il campionato scorre, e potrebbe finire.
Il Genoa ottiene una vittoria corsara in trasferta sul campo di un Livorno che spreca un ottima occasione per risalire la classifica e continuare ad inseguire una salvezza che – per limiti tecnici e d’esperienza – sarebbe ad oggi un vero miracolo sportivo. Segna Antonelli, che dopo aver sfiorato il passaggio al Napoli è rimasto in rossoblù non facendo mai mancare il massimo impegno e confermandosi un grande professionista. Per il “figlio di Dustin” – così era noto il padre Roberto, ottimo centrocampista negli anni ’70/’80 – le porte di una grande squadra potrebbero schiudersi la prossima estate. Certo il Genoa ha anche avuto fortuna, ma del resto nel calcio si sa quanto questa componente – che permette a Portanova al 90° di salvare sulla linea il colpo di testa di Paulinho – abbia la sua importanza.
Vince anche la Sampdoria di Mihajlovic, senza alcun dubbio il tecnico del momento, non fosse altro che per il fatto che da quando è arrivato i blucerchiati sono diventati una buonissima squadra di metà classifica, mentre a novembre in molti temevano addirittura la retrocessione. La vittoria contro il Cagliari è figlia del carattere e di alcune decisioni dubbie da parte dell’arbitro, certo, ma dimostra che la Samp ha finalmente convinzione nei propri mezzi. Dei tanti giocatori che si potrebbe segnalare, voglio spendere una parola per Eder, giocatore sottovalutato dai più ma preziosissimo per la sua completezza.

Il tecnico del momento poteva essere, per me, Eugenio Corini: peccato che da quando ne ho lodato i meriti il suo Chievo sia incappato in una prestazione negativa dietro l’altra, culminata sabato con il 3 a 0 incassato da un Udinese finalmente risorta. Il risultato finale forse è troppo duro per i clivensi, in partita fino a un quarto d’ora dalla fine, ma alimenta l’impressione che la squadra sia decisamente troppo povera anche per questa “povera” Serie A. La salvezza è un impresa che i gialloblù realizzano ogni singola stagione da quando sono in massima serie, non va mai data per scontata e men che meno quest’anno.
Anche l’Udinese ogni anno realizza l’impresa di disputare un ottima stagione pur con tutte le – tecnicamente – dolorose cessioni che opera d’estate: quest’anno non tutto è andato come doveva andare, ma la permanenza in A, primo obbiettivo dichiarato dalla dirigenza ogni estate, non dovrebbe sfuggire. E nel momento in cui scrivo i friulani si giocano una finale di Coppa Italia che sarebbe comunque storica, pur se li vedrebbe inevitabilmente sfavoriti con chi la spunterà tra Roma e Napoli. Sbagliato comunque dare per bolliti Guidolin e Di Natale: uno dalla panchina e l’altro in campo sanno ancora essere determinanti, e le nuove leve crescono, primi tra tutti quegli ottimi esempi di dinamismo e piedi buoni che sono Badu e Mauricio Pereyra.

Chiusura, come di consueto, sul Bologna: la cessione di Diamanti, al contrario di quanto ipotizzavo – o forse speravo – nello scorso editoriale si è concretizzata. Una partenza che ha fatto felice la società, che incassa una cifra considerevole per un giocatore di quasi trent’anni, e per il diretto interessato: mettendo da parte i sentimenti da tifosi, è difficile non capire chi, a pochi anni dal termine della carriera, si trova a poter guadagnare cifre che in Italia non ha mai visto.
Certo il prestigio – della competizione che da la Serie A, della gloria che la maglia del Bologna comunque rappresenta – poteva contare, ma i calciatori sono prima di tutto professionisti ed è normale che non rinuncino a certe occasioni.
Male si è comportata la dirigenza, però, visto che la cessione poteva essere realizzata prima, a mercato ancora aperto, o dopo, a salvezza acquisita.
Eppure la squadra, rimaneggiata pure dall’assenza di Kone, ritrova se stessa e i suoi tifosi, che esemplari la spingono all’impresa di conquistare tre punti pesantissimi sul campo di un Torino che è – numeri alla mano – tra le migliori squadre del campionato. Continuando così la salvezza arriverà, certo è che certe imprese non devono rimanere exploit isolati, così come fu il pareggio con il Napoli, ma trovare continuità nelle partite successive.
La squadra, Diamanti o non Diamanti, ha i numeri e le capacità per salvarsi: un impresa che, come detto nel caso del Chievo, non è mai scontata e ogni stagione va sudata duramente sul campo.
E a chi si scandalizzasse per il paragone tra Bologna e Chievo non mi rimane che dire che, purtroppo, questa è la realtà dei fatti: la gloria passata, peraltro ormai molto lontana nel tempo, non può servire in questo calcio moderno e milionario.

 

 

 

Vi ricordiamo che Simone Cola ha un divertente ed interessante sito internet sul mondo del calcio che si chiama L’Uomo nel Pallone e che è raggiungibile a questo link: http://uomonelpallone.weebly.com/ (ma lo trovate anche sul “vecchio” blog http://uomonelpallone.wordpress.com/)

 


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