Calcio
Il punto sul Campionato – 15 Gen
SERIE A – 19° Giornata
Giro di boa. Il campionato 2013/14 conclude il suo girone d’andata e lo fa senza particolari sorprese in termini di risultati: ogni squadra, fondamentalmente, conferma pregi e difetti, anche se qualche piccola eccezione c’è sempre.
Poteva esserlo la Juventus, ospite di un Cagliari che nella prima mezzora la mette in grande difficoltà confermandosi una squadra bella quadrata nonostante la cessione eccellente di Nainggolan, partito per Roma: i sardi passano in vantaggio subito, e anche se subiscono il pari per un gran colpo di testa di Llorente, tengono botta benissimo sfiorando addirittura il nuovo vantaggio e vedendoselo negato solo da un Buffon strepitoso. Ci vogliono l’ingresso di Marchisio al posto di uno spento Pirlo e la complicità dell’estremo difensore spagnolo Adàn per arrivare alla vittoria, l’undicesima consecutiva, ma certo non si può parlare di una Juve fortunata: no, la dimostrazione di forza, di intensità, da parte della squadra di Conte è l’ennesima di un campionato dove, tolto il primo mese e mezzo, la squadra ha sempre viaggiato fortissimo, annichilendo ogni avversario non tanto sul piano tecnico quanto su quello fisico. E oltre a celebrare i “soliti noti” Llorente, Tevez, Pogba, sarebbe il caso di considerare quanto aggiungano a questa squadra in termini di polmoni e diligenza tattica i due esterni Asamoah e Lichsteiner, spesso sottovalutati dalla critica. Per il Cagliari poco da dire, la squadra è buona per l’obbiettivo stagionale, che come ogni anno è una comoda salvezza che in molti sbaglierebbero a considerare un obbiettivo minore, e non sarà certo la partenza del pur ottimo Nainggolan a smontare il team di Lopez.
Al poker della Vecchia Signora risponde con un poker, rifilato al malcapitato Genoa, la Roma di Rudi Garcia, che ritrova i gol di Totti oltre che quelli ormai “consueti” di Florenzi e Benatia. E’ un partitone quello dei giallorossi, che sfogano sulla squadra di Gasperini la rabbia accumulata per la pesante sconfitta patita nello scontro diretto allo Juventus Stadium. Il gol di Florenzi è da antologia, seppur non così inconsueto per uno come lui: ne ricordo uno bello altrettanto quando giocava nel Crotone due stagioni fa. Florenzi è decisamente la risposta a chi sostiene che nel calcio italiano i giovani non vengono lanciati, unisce qualità e quantità, ha una leggerezza di corsa sublime che abbina ad un grande senso tattico e ad una ottima presenza in zona gol. Oltre a sottolineare le cose in cui ha sbagliato, sarebbe bene che la critica si ricordasse di Zeman anche in casi come questo: il boemo ha lanciato Florenzi tra i titolari, e lo stesso ha fatto l’anno prima a Pescara con Verratti. Certamente le qualità tecniche dei giocatori contano, ma non può essere un caso se con certi allenatori vengono esaltate. E Garcia è stato bravissimo in questo, visto che la sua Roma per intensità ricorda vagamente quella di Zeman pur se più concreta e meno estremista: una signora squadra, capace di rallentare e accellerare il ritmo con naturalezza. Per lo scudetto non c’è ancora storia, per me, ma certo i giallorossi non sono un bluff, ma strameritatamente la seconda forza del campionato.
E la terza forza, e anche questa non è una sorpresa, è il Napoli. Che continua a non rinforzare la difesa, che ancora non ufficializza un Gonalons che servirebbe come il pane ma che ha un reparto offensivo che per me è il migliore in Italia in termini di pura qualità. Pur continuando a mancare Hamsik – che non è che quando ci sia renda magnificamente come la scorsa stagione, anzi – gli azzurri possono contare su un Mertens che tutto è tranne che un incognita (e del resto bastava aver seguito un pizzico di Eredivisie per avere un idea sulle qualità del belga), un Insigne finalmente sbloccato in zona-gol ma mai davvero in crisi e anzi una delle più “certe certezze” del futuro del calcio italiano e infine un Higuain che se domenica è apparso in ombra rimane il più forte attaccante del campionato in termini complessivi. Considerando che le alternative, a parte l’oggetto misterioso Zapata, sono il prolifico Callejon e l’ottimo Pandev, si capisce come questa squadra, se rinforzata in difesa, potrebbe ambire al titolo senza alcun dubbio. Purtroppo così rimane una squadra a metà, prigioniera di alcuni limiti e di alcune scelte tecniche (Cannavaro) discutibili, ma comunque più forte di quasi tutti. La vittoria con il Verona è una signora vittoria, visto che arriva su un campo difficile in una partita che si poteva pronosticare perlomeno insidiosa per il team di Benitez: la squadra di Mandorlini però vede emergere tutta la differenza in termini di qualità ed esperienza rispetto ai campani, che dimostrano con decisione che per quel che riguarda il secondo posto la Roma non debba dormire sonni tranquilli.
La corsa-Champions pare quindi già decisa, con Juventus, Roma e Napoli almeno due passi davanti a tutti: la dimostrazione è la Fiorentina, che mantiene il quarto posto più per demeriti altrui che per meriti propri, pareggiando a Torino con un attacco spuntato figlio di una serie di infortuni davvero non preventivabili a inizio stagione. Giuseppe Rossi purtroppo è out da Livorno, e Mario Gomez in pratica in Viola non si è ancora visto: così la squadra può giocare bene quanto vuole, ma se negli ultimi sedici metri non c’è chi la butta dentro diventa difficile vincere, soprattutto contro un Torino ben organizzato e che alla qualità degli attaccanti abbina una quantità a centrocampo difficilmente superabile. E’ bello vedere i granata aver ritrovato lo “spirito Toro”, e sicuramente saranno una squadra difficile da superare per chiunque in casa loro. A maggior ragione, mi ripeto, per una squadra che vede assenti i suoi due uomini di maggior qualità, peraltro entrambi gli attaccanti, e che non ha alternative di spessore in panchina. L’arrivo di Matri dovrebbe ovviare a questo problema, e chi scrive è fermamente convinto che l’attaccante lodigiano ritroverà se stesso in maglia viola, per il bene della Nazionale (può sempre essere un alternativa, se in forma) e soprattutto dei toscani, che senza punte rischiavano di perdere punti su punti in una corsa al terzo posto che, per la qualità delle rivali, appare comunque difficilissima. Il quarto posto a Firenze non dovrebbe comunque essere visto come un fallimento, visto che le tre davanti hanno una mole di pubblico, storia e investimenti che salvo clamorosi flop non dovrebbero mai metterle dietro ai Viola in classifica. Ma sognare, in riva all’Arno, non costa niente…
A proposito di certezze non smentite, ecco che saltano ancora due panchine: cambiano guida tecnica il Livorno e il Milan, e con tutto il rispetto per i toscani la notizia pesante è quella dell’esonero dell’allenatore dei rossoneri. Entrambi i tecnici hanno certamente colpe non indifferenti: Nicola ha cercato di costruire una squadra combattiva ma molte vole è sembrato poco coraggioso nelle sue scelte tattiche, mentre Allegri non è riuscito praticamente mai a trovare una quadratura al Milan, vincendo – quando è successo – più per iniziative personali dei singoli che per un gioco convinto e convincente.
Attenzione però: in entrambi i casi le colpe della società appaiono più pesanti e determinanti. Il Livorno infatti, a livello di organico, è decisamente squadra troppo debole e fragile: magari può giocare una partita alla morte, come è accaduto con il Parma, ma basta che molli un momento a livello fisico e viene punito inesorabilmente. Il Milan invece presenta una rosa assemblata malissimo che ha contribuito alla confusione del tecnico: la difesa è di una fragilità assoluta, il centrocampo manca del giusto mix tra qualità e quantità, l’attacco vive delle lune di Balotelli e della grintà di Kakà, che ovviamente da solo non può bastare. Aggiungiamo, in casa rossonera, l’assoluta incertezza che regna in società, con un progetto giovani abortito sul nascere e con due AD che, a dispetto delle dichiarazioni di facciata, difficilmente potranno convivere per molto.
Il Livorno ha giocato una gara discreta contro un Parma che conferma quanto sia bravo Donadoni e che ha più qualità di quel che può sembrare scorrendo i nomi della rosa. Il gran bel gol di Palladino, oltre a dare ragione al tecnico che lo ha preferito ad un (per l’ennesima volta) oggetto misterioso come Cassano, significa che questo talentuoso e sfortunato attaccante potrebbe aver ritrovato se stesso, e il tempo per un finale di carriera a buoni livelli c’è ancora. Amauri ha poi steso i toscani nel finale, spadroneggiando contro una difesa povera come poche.
Il Milan è franato contro un Berardi assolutamente stratosferico, l’ennesimo esempio di come la Juventus (proprietaria del 50% del giocatore) sappia vederci lungo quando si parla di giovani italiani di talento. Certo il giovanissimo bomber in nero-verde è stato aiutato da una difesa a dir poco scandalosa, non degna di una squadra come il Milan e che ha reso vano il doppio vantaggio iniziale, arrivato forse troppo presto e che ha certamente portato i rossoneri a considerare la gara già chiusa e archiviata. Nel finale è venuto fuori l’orgoglio di certi campioni, e oltre al gol del 3 a 4 di Montolivo sono arrivati i due legni colpiti da Honda (buon esordio, ma del resto si parla di un signor giocatore) e Pazzini, quasi a certificare che era destino che l’avventura di Allegri al Milan si concludesse così. Sinceramente non so quanto Seedorf potrà migliorare la situazione, ma una cosa è certa: l’olandese viene da un esperienza come calciatore che lo ha portato a lavorare con i migliori tecnici, a crescere nella miglior scuola-calcio del mondo (quella olandese dell’Ajax) ha carisma e conosce l’ambiente. Questo non sarà un Milan di qualità, ma senza alcun dubbio la rosa merita qualcosa di più dell’undicesimo posto attuale. Sarebbe anche il caso di non addossare sempre e comunque tutte le responsabilità a Balotelli, indisponente quanto si vuole ma finora andato a segno: se ci si aspettava che fosse un Ibrahimovic, e che prendesse da solo una squadra sulle spalle, l’errore è stato fatto a monte e non è certo attribuibile ad un giocatore che – comunque – ora come ora per questo Milan potrebbe essere quasi un lusso.
Come ho chiosato inizialmente, sorprese ce ne sono state ben poche, e anche il resto della giornata lo conferma: bene l’Atalanta, che supera un Catania disastroso in modo ben più netto di quanto dica il 2 a 1 sul campo e con errori così clamorosi da parte della terna arbitrale che se fossero successi su campi più importanti saremmo ancora tutti qui a parlarne. Bene la Sampdoria, che sconfigge un Udinese tra le più brutte mai viste e che fa pensare che quest’anno sia proprio andata male un po a tutti. Emblematiche le amnesie di Danilo in difesa e la pochezza di Di Natale in avanti, che prima o poi doveva pagare dazio all’età e che sembra farlo in questo 2014. Mihaijlovic sembra avere le idee chiare a livello tattico, e a questo abbina un carisma innato e innegabile: la sua Samp non farà forse chissà quale campionato, ma direi che il rischio retrocessione è assai lontano. Sorprendente non è nemmeno il pareggio tra l’Inter e il Chievo a San Siro: i nerazzurri confermano tutti i loro limiti, con il solo Nagatomo che pare capace di trovare la via della rete e con una difesa che, le rare volte che la squadra prova a spingersi in avanti, scricchiola paurosamente e a cui stavolta va bene che gli avversari non abbiano grande qualità di finalizzazione.
Il Chievo di Mister Corini sembra rinato, ed il merito va tutto al tecnico, peraltro già artefice della splendida salvezza raggiunta la scorsa stagione: chi conosceva il Corini calciatore sapeva che si parlava di un giocatore dalla rara intelligenza tattica, e la sua squadra appare in effetti trasformata. Viene da chiedersi perché non sia partito direttamente su quella panchina, perché senza nulla togliere a chi lo ha preceduto si sta parlando di uno dei tecnici giovani migliori in Italia, e se i clivensi fossero tornati da San Siro con i tre punti penso che tolto Mazzarri nessuno avrebbe avuto nulla da eccepire.
Per quel che riguarda il tecnico toscano rimango dell’idea che se presenti, le sue colpe siano minime rispetto al materiale tecnico (al netto degli infortuni) che gli è stato messo a disposizione: mi aspettavo un intervento più deciso sul mercato di gennaio da parte di Tohir, magari non dei top-player ma uomini utili alla causa. Va anche detto però che la scorsa stagione, a questo punto del campionato, l’Inter del tanto vituperato Stramaccioni stava messa meglio. Il finale poi fu orrendo, ma siamo così sicuri da pensare a un esito diverso per l’Inter 2013/14? Io fossi nel tycoon indonesiano non ne sarei così sicuro…
Chiusura sul Bologna, a cui Ballardini pare aver dato un gioco almeno in parte, pur se aiutato da una Lazio a dir poco rinunciataria, arrivata in Emilia per strappare un pareggio e ripartita con l’obbiettivo raggiunto. Certo è che se hai tutto quel possesso palla e tuttavia non ti rendi quasi mai pericoloso non è un bel segnale, e se ci aggiungiamo che quella volta e mezzo che i biancocelesti hanno messo il naso in avanti hanno rischiato di segnare…
Il Bologna non può vivere sulle giocate di Diamanti o sui numeri estemporanei di Kone, avrebbe bisogno di un attacco di qualità che manca in modo drammatico: dare la colpa a Bianchi, che non viene secondo me sfruttato per le sue qualità, sarebbe ingeneroso, ma è indubbio che qualcosa davanti vada fatto in sede di mercato, visto che nell’epoca dei tre punti non segnare mai porta ancora più guai di un tempo. Certo, se le mosse sul mercato devono essere la possibile cessione di Diamanti ai cinesi del Guangzhou di Lippi, allora forse è meglio restare così…
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